Responsabilità per danni da fumo


Il caso affrontato dalla sentenza riguardava una domanda di risarcimento del danno da fumo incardinata per l'ingannevolezza del messaggio contenuto sui pacchetti di sigaretta dove figurava la dicitura ultralight.
Il giudice del merito aveva accolto la domanda di risarcimento del danno da fumo sul rilievo che l'attività di produzione e commercializzazione di sigarette era pericolosa ed inquadrabile nel paradigma codicistico dell'art. 2050. La Suprema Corte condivide l'inquadramento della vicenda operato dal giudice del merito rilevando che l'attività pericolosa è non soltanto quella qualificata come tale dal legislatore ma anche quella la cui pericolosità origina dal modo di svolgimento dell'attività e dalla tipologia dei mezzi utilizzati. Nel caso del fumo, argomenta la Corte, è proprio il modo ordinario di consumazione delle sigarette che produce il rischio del danno del quale l'azienda produttrice deve rispondere con il criterio di imputazione di cui all'art. 2050 e, cioè, ogni qual volta non dimostri di aver fatto tutto quanto possibile per evitare il danno.


Cassazione Civile Sez. III del 17 dicembre 2009 n. 26516
La produzione e la vendita di tabacchi lavorati integrano un'attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 c.c., poiché i tabacchi, avendo quale unica destinazione il consumo mediante il fumo, contengono in sé, per la loro composizione bio-chimica e per la valutazione data dall'ordinamento, una potenziale carica di nocività per la salute. Tuttavia, qualora il danneggiato abbia proposto domanda risarcitoria a noma dell'art. 2043 c.c. nei confronti del produttore-venditore di tabacco, viola il principio posto all'art. 112 c.p.c. ed incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che sostituisca a questa domanda quella nuova e diversa di cui all'art. 2050 c.c., integrante un'ipotesi di responsabilità oggettiva

In materia di responsabilità civile, il consumatore che, lamentando di aver subito un danno per effetto di una pubblicità ingannevole (nella specie, relativa ad una marca di sigarette con la dicitura Light ed Extra Light), agisca per il risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2043 c.c., non assolve in modo adeguato all'onere della prova esistente a suo carico limitandosi a dimostrare il solo carattere ingannevole della pubblicità, ma è tenuto a provare l'esistenza del danno, il nesso di causalità, nonché (almeno) la colpa di chi ha diffuso la pubblicità, la quale si concreta nella prevedibilità che dalla diffusione di quel messaggio sarebbero derivate le lamentate conseguenze dannose.


Cassazione Civile Sez. III del 17 dicembre 2009 n.26516

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