Le tutele dell'art. 2126 c.c. in caso di contratto di lavoro nullo o annullabile gli effetti della prestazione di fatto specie con riferimento alla Pubblica Amministrazione
L’art. 2126 c.c. stabilisce il principio secondo cui la nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetti per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto e della causa. Anche in tale ultima ipotesi, poi, il lavoratore ha diritto alla retribuzione se il lavoro è stato prestato in violazione di norme poste a sua tutela.
L’art. 2126 c.c. garantisce, dunque, la conservazione degli effetti di un contratto invalido per il periodo durante il quale esso ha avuto esecuzione. Nell’ipotesi in cui il contratto risulti invalido per illiceità dell’oggetto e della causa e qualora il lavoratore non possa avvalersi dell’ulteriore garanzia retributiva di cui al comma 2 dell’art. 2126 in quanto la nullità non derivi dalla violazione di norme poste (anche) a sua tutela potrà avvalersi, se ne ricorrono i presupposti, della generale azione di arricchimento senza causa.
L’art. 2126 c.c. trova un suo campo elettivo di applicazione nell’ambito dei rapporti con la PP.AA. tenuto conto del frequente ricorso, da parte dell’amministrazione pubblica, a reiterati contratti rientranti nell’ampia categoria dei contratti flessibili, per esigenze derivanti da scoperture d’organico. Prevedendo, tuttavia, l’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, il divieto di ricorrere a tali forme contrattuali per esigenze stabili dell’amministrazione, non è infrequente, nella prassi, che i contratti conclusi dalla P.A. siano affetti da vizi che attengono alla causa e all’oggetto.
Al riguardo, con la recente sentenza della Corte di Cassazione n. 991 del 20.1.2016, la Corte ha precisato che l’art. 2126 c.c. ha applicazione generale e riguarda tutte le ipotesi di lavoro alle dipendenze di una pubblica amministrazione, salvo il caso in cui l’attività svolta risulti illecita perché in contrasto con norme imperative attinenti all’ordine pubblico e poste a tutela di diritti fondamentali della persona.
Del resto, anche l'orientamento espresso dalla giurisprudenza amministrativa in materia di svolgimento di prestazioni lavorative in condizioni irregolari è analogo, visto che tale giurisprudenza, ad esempio nell'ipotesi di svolgimento di mansioni superiori per sostituzione in un posto vacante e disponibile, a partire dalla decisione dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 16 maggio 1991, ha costantemente affermato che, anche nel caso in cui tale evenienza si sia verificata in violazione di un divieto legislativo, la suddetta violazione che rende illegittimo il comportamento dell'Amministrazione non si riflette in un giudizio di illiceità della prestazione lavorativa la quale, pertanto, deve essere retribuita (vedi, fra le numerose pronunzie in tal senso: Cons. Stato, sez. 5^, 24 luglio 1993 n. 793; fra le numerose pronunzie in tal senso, Cons. Stato, sez. 5^, 30 giugno 1995 n. 964)