apprendistato e licenziamento

Il recesso nel rapporto di apprendistato, il licenziamento nel corso del rapporto ed al termine di esso, quali conseguenze in ipotesi di illegittimità del recesso e/o del contratto di apprendistato?
 
In relazione al contratto di apprendistato, si pongono alcune questioni applicative piuttosto frequenti che attengono: a) alle conseguenze del licenziamento intimato nel corso del rapporto contrattuale di apprendistato nelle due diverse ipotesi in cui si ritenga che il contratto di apprendistato sia stato correttamente stipulato ed eseguito e nell'ipotesi in cui, invece, il contratto di apprendistato risulti viziato nel suo momento genetico (sostanzialmente per profili formali) o nel suo momento attuativo; b) agli effetti, sul contratto di apprendistato, dei vizi formali e sostanziali per i quali il lavoratore chieda l'accertamento dell'esistenza di un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In relazione a tali profili problematici si pongono, quali corollari, le questioni del rito applicabile, se il rito ordinario o quello di cui ai commi 47 e ss dell'art. 1 della l. n. 92 del 2012.
Con riferimento al contratto di apprendistato, nel suo fisiologico sviluppo, vi è un'opinione secondo la quale gli effetti del licenziamento illegittimo non possano essere quelli di cui all'art. 6 della l. n. 604/66 e di cui all'art. 18 della l. n. 300 del 1970 ma solo il risarcimento commisurato alle retribuzioni sino al termine del periodo minimo garantito di apprendistato (cfr. la sentenza del Tribunale di venezia). Secondo altra opinione, invece, posta la natura di contratto a tempo indeterminato del contratto di apprendistato e considerando che il termine si riferisce solo al momento formativo e ritenuta l'eccezionalità della previsione del recesso ad nutum al termine del periodo di apprendistato, per il resto, in caso di recesso ante tempus, debbono applicarsi tutte le norme generali che si riferiscono ai licenziamenti e, quindi, anche quelle riguardanti gli effetti risarcitori.
Altra questione, di carattere generale, è quella degli effetti dei vizi formali e sostanziali del contratto di apprendistato e quindi quella delle condizioni che debbono ricorrere affinchè un contratto di apprendistato possa essere ritenuto nullo o inadempiuto e perchè, in sua vece, possa ritenersi esistente un ordinario contratto di lavoro subordinato. A tale riguardo, la Corte di Appello di Trieste, ha tracciato alcune significative coordinate interpretative sotto il profilo civilistico. 

FAQ
 
Esistono precedenti in tema di applicazione del rito Fornero nell’ipotesi di apprendistato professionalizzante cessato per scadenza del termine? il lavoratore contesta l’esistenza della formazione e su tale base in via incidentale chiede l’accertamento della natura ordinariamente subordinata del rapporto; deduce che la comunicazione di prossima scadenza del termina equivale nella sostanza ad un licenziamento.
 
per il caso di contratto di apprendistato, stipulato nel 2007 (quindi nella vigenza del d.lgs. n. 276) e prima della espressa definizione dello stesso quale contratto a tempo indeterminato (d.lgs. n. 167/2011), deve ritenersi valida la giurisprudenza di Cass. secondo cui il contratto è a termine e, quindi, in ipotesi di licenziamento ante tempus non si può applicare la tutela reale, ma spetta il risarcimento del danno in misura pari alle mensilità fino alla prevista scadenza?

Ordinanza Tribunale di Bari 30.4.2013
 
Ciò premesso in linea generale, si osserva che con la presente controversia, introdotta il 22.11.2012, il ricorrente formula in primo luogo una domanda di impugnativa del licenziamento intimato il 7.8.2012, sicché si ritiene che rientri appieno nell’ambito applicativo dell’art. 18 L. n. 300/1970 nuova formulazione. Non vale a paralizzare tale conclusione la deduzione di parte resistente in ordine all’inapplicabilità del cd. rito Fornero, dal momento che alla base del rapporto di lavoro de quo vi è un contratto di apprendistato che, in quanto a tempo determinato, precluderebbe l’applicazione dell’art. 18 S.L.. 
Di contro, si osserva che l’apprendistato, anche tenendo conto della normativa ratione temporis applicabile al momento della stipula (cfr. contratto del 16.6.2010), non può essere considerato un rapporto a termine, appartenendo bensì,  sebbene con vari connotati di specialità (che riguardano anche il regime del recesso: v. infra), alla categoria dei rapporti a tempo indeterminato. 
Tale assunto, da sempre prevalente in dottrina, i cui riferimenti si omettono ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., (sulla giurisprudenza, v. infra), è stato altresì avallato dal legislatore, che all’art. 1, comma 1, D. Lgs. n. 167/2011, cd. Testo Unico sull’apprendistato (entrato in vigore nel corso del rapporto di lavoro per cui è causa, cfr. contratto di apprendistato all. sub doc. n. 1 fascicolo Master) oggi sancisce che “L’apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e alla occupazione dei giovani” e, all’art. 2, lett. l, prevede (come già aveva fatto, con riguardo all’apprendistato professionalizzante e pur senza la precisazione finale sul regime sanzionatorio applicabile,  l’art. 49, comma 4, lett. e, D. Lgs n. 276/2003) il “divieto per le parti di recedere dal contratto durante il periodo di formazione in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. In caso di licenziamento  privo di giustificazione trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente”. 
Del resto, ancor prima di tali riconoscimenti legislativi, l’applicazione all’apprendista, in costanza di rapporto di apprendistato, della disciplina limitativa dei licenziamenti individuali - che vale, logicamente, per rapporti a tempo indeterminato - era stata sancita da Corte cost. 28 novembre 1973, n. 169, che aveva dichiarato illegittimo l’art. 10 della legge n. 604/1966, nella parte in cui escludeva l’applicazione di tale legge nei confronti degli apprendisti, durante il rapporto di apprendistato. 
Ed è stato proprio a seguito di tale pronuncia che, nella giurisprudenza di legittimità e di merito, si è andato progressivamente consolidando l’orientamento secondo cui il recesso del datore di lavoro dal contratto di apprendistato prima della scadenza può avvenire esclusivamente nei casi previsti in generale per il rapporto di lavoro subordinato e nei limiti stabiliti dalla legge n. 604 del 1966 e dall’art. 18 legge n. 300 del 1970. Sul versante di legittimità si pensi alla pronunzia della Suprema Corte n. 4864/1982, secondo cui “al rapporto di apprendistato - che costituisce una specie del rapporto di lavoro subordinato - in quanto la sua causa, se è caratterizzata anche dallo scambio fra attività lavorativa e addestramento professionale, consiste pur sempre nell'effettuazione di una prestazione lavorativa a favore dell'imprenditore, che la retribuisce - sono applicabili, in quanto non incompatibili e salve specifiche previsioni legislative contrarie tutte le norme sul lavoro subordinato, comprese le disposizioni della l. 15 luglio 1966 n. 604 in materia di licenziamenti individuali”; su quello del merito, si può ricordare la sentenza dell’allora Pretura di Milano del 27 luglio 1978 alla stregua della quale “al rapporto di apprendistato si applica la disciplina limitativa dei licenziamenti individuali, di cui alla legge 1966/604 ed all'art. 18 legge 300/1970”, ovvero quella della Pretura di Vercelli del 22 giugno 1981 secondo cui “dall'applicabilità del rapporto di apprendistato ("species") al rapporto di lavoro subordinato ordinario ("genus") se ne deduce l'applicabilità delle guarentigie sancite dalla l. 15 luglio 1966 n. 604 e dalla l. 20 maggio 1970 n. 300 con la conseguenza che, sia nel corso del rapporto di apprendistato, sia al suo termine, l'apprendista non può essere licenziato (nelle aziende dimensionalmente riconducibili all'art. 35 della legge n. 300) se non ricorra una giusta causa od un giustificato motivo ai sensi della legge n. 604 del 1966; pertanto l'apprendista illegittimamente licenziato ha diritto alla tutela reintegrativa ex art. 18 l. 20 maggio 1970 n. 300”. 
Tale ricostruzione non è contraddetta, bensì è ulteriormente avvalorata, dalla peculiarità del regime del recesso al termine del contratto di apprendistato, che è tuttora assoggettato (come ribadito dall’art. 2, comma 1, lettera m, D. Lgs. n. 167/2011, e prima di esso dall’art. 49, comma 4, lettera c, D. Lgs. n. 276/2003, e, risalendo ancora, dall’art. 19, L. n. 25/1955) all’art. 2118 c.c.. Anche qui, si manifesta una differenza essenziale con l’assetto del contratto a termine: quest’ultimo, infatti, si estingue automaticamente con lo spirare naturale del termine, mentre per far cessare, alla scadenza, il rapporto di apprendistato si rende necessario l’invio di una comunicazione formale di recesso, in mancanza della quale il rapporto si consolida come rapporto ordinario a tempo indeterminato. 
In virtù dei suindicati principi, considerato anche che la parte resistente non ha contestato alcunché in merito al requisito dimensionale, la domanda di accertamento dell’illegittimità del licenziamento per giusta causa ante tempus dal contratto di apprendistato de quo deve ritenersi ascrivibile all’ambito applicativo dell’art. 18 L. n. 300/1970 nuova formulazione  e quindi, ai sensi del combinato disposto tra i commi 47 e 67 dell’art. 1, l. n. 92/2012, deve essere trattata con le forme e con le modalità del nuovo rito prescritte dall’art. 1, comma 48, l. 92/2012. Quanto poi alle altre domande formulate (cfr. conclusioni del ricorso) dal ricorrente, va detto che anch’esse rientrano nel nuovo rito in quanto, secondo la prospettazione attorea, trattasi di domande “fondate sugli stessi fatti costitutivi” del licenziamento (si veda il comma 47 dell’articolo 1, l. n. 92/2012). 
 


Tribunale di Venezia sent. 24.7.2013
 
5. Quanto alle conseguenze della illegittimità del licenziamento questo Giudice ha ripetutamente affermato che  il contratto di apprendistato professionalizzate di cui all'art. 49 d.lvo 276/03 è  un contratto di lavoro speciale, caratterizzato dallo scambio tra prestazione di lavoro e formazione/addestramento oltre a retribuzione (<<l'attività formativa ... è compresa nella causa negoziale>> vd. tra le altre Cass. 2015/12), tendenzialmente a tempo indeterminato con la previsione di una durata minima garantita ( il periodo di apprendistato, appunto) nel corso della quale infatti il lavoratore può essere licenziato solo per giusta causa o giustificato motivo e all'esito del quale il datore di lavoro ha la facoltà di recedere, quindi di licenziare il lavoratore ad nutum.
Il d.lvo 368/2001 esclude i contratti di apprendistato dal campo di applicazione del citato decreto e mentre nel contratto di lavoro a tempo determinato l'art. 5 consente che il lavoratore  possa continuare a prestare la propria attività lavorativa pur dopo la scadenza del termine originariamente apposto o successivamente prorogato senza che vi sia conversione in contratto a tempo indeterminato, nel contratto di apprendistato il recesso non tempestivo determina la prosecuzione del rapporto a tempo indeterminato.
Conseguentemente nel caso in cui alla scadenza dell'apprendistato il datore di lavoro receda – tempestivamente - dal contratto ma sia accertata la nullità/non genuinità del contratto di apprendistato per carenza di formazione, il recesso deve essere qualificato come un vero e proprio licenziamento non sorretto né da giusta causa né da giustificato motivo con le conseguenze di cui all'art. 8 l. 604/66 o 18 l. 300/70 a seconda delle dimensioni dell'azienda.
Deve invece escludersi che il contratto di apprendistato, di cui sia dedotta la non genuinità/nullità,  debba essere qualificato come contratto a termine con termine nullo con la conseguente applicazione della disciplina di cui all'art. 32 l. 183/2010.
Come si è già osservato con l’ordinanza che ha disposto il mutamento del rito  dunque  il contratto di apprendistato – così come disciplinato dagli artt. 47 segg. d.lvo 276/03 -   è un contratto di lavoro <<virtualmente>> a tempo indeterminato con la previsione al suo interno di un periodo di formazione avente durata limitata che può essere qualificato come di durata minima garantita coincidente con il percorso formativo. Seppur è   possibile per tutta la durata del vincolo il licenziamento per giusta causa o giustificato motivo – a l quale si applica la normale disciplina in tema di forma e del garanzia  di cui all’art. 7 l. 300/70 -  al termine del percorso formativo il datore di lavoro ha facoltà di <<recedere dal rapporto di lavoro …ai sensi di quanto disposto dall’art. 2118 cod. civ.>> . Pertanto, certamente nella vigenza del periodo di durata minima garantita, non può trovare applicazione l’art. 18 l. 300/70 incompatibile con la previsione di una durata, all’esito del quale il datore di lavoro può recedere ad nutum.
Pertanto  nella vigenza dell’apprendistato -  qualora non ne sia contestata la nullità/illegittimità/genuinità -  il contratto di lavoro debba essere considerato come avente un termine di durata (seppur trattasi di durata minima garantita) con la conseguenza che intervenuto l’illegittimo recesso ante tempus da tale contratto il lavoratore avrà diritto al risarcimento del danno dal licenziamento – ed anzi nel caso in esame dall’illegittima ed arbitraria sospensione cautelare del 9/11/2011 – sino alla data di scadenza del contratto di apprendistato  e cioè dal 9/11/2011 al  4/4/2014.

Restano ora da giudicare le conseguenze dell’illegittimità del recesso nel contratto di apprendistato.Il giudice non condivide la tesi di parte ricorrente secondo la quale dovrebbe applicarsi al contratto di apprendistato la disciplina prevista per il recesso per giusta causa nei contratti a tempo determinato. 
Corte cost. 28 novembre 1973, n. 169( in Foro it., 1974, I, 16),infatti, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 10 legge 604 del 1966 laddove non prevede che le norme sul licenziamento individuale dei lavoratori si applichino anche al contratto di apprendistato.In applicazione della sopra citata dichiarazione di incostituzionalità, il datore di lavoro può liberamente recedere dal contratto al termine del periodo di apprendistato, mentre non può farlo nel corso del rapporto in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo .
Tale principio è stato avallato anche dalla corte di cassazione della sentenza Sez. L, Sentenza n. 9630 del 21/07/2000  :
 
Tribunale di Lodi sent. 8 marzo 2011

Il recesso dal rapporto di apprendistato può avvenire o per giusta causa o per giustificato motivo ex art. 3 della legge n.604 del 1966, consistente in un notevole inadempimento del lavoratore ai suoi obblighi contrattuali (cosiddetto giustificato motivo soggettivo) oppure in ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa (cosiddetto giustificato motivo oggettivo).
La modifica al contratto di apprendistato introdotta dalla legge Biagi non ha sostanzialmente apportato novità in ordine al  recesso del datore di lavoro((v. gli artt. 48, comma 3°, lett. c) e d) e 49, comma 4°, lett. c) ed e) della legge  Biagi che sostanzialmente ripropone l'art 19 della legge n. 25/1955, con lievissimi scostamenti ritenuti non significativi ai fini che qui rilevano) e deve dunque affermarsi che anche nella fattispecie oggetto di causa, in presenza di un contratto di apprendistato professionalizzante, deve ritenersi che in presenza di un licenziamento per giusta causa illegittimo debbano applicarsi le norme previste per il licenziamento individuale dall’articolo 8 della legge 604 del 1966.
La resistente è dunque condannata a riammettere al lavoro il ricorrente entro tre giorni o in via alternativa a risarcirgli il danno versandogli  un’indennità pari a 2,5 mensilità, tenuto conto della durata del rapporto di lavoro e delle modeste dimensioni della impresa resistente. 
 
 

CORTE DI aPPELLO DI tRIESTE 10.12.2015
 
Con ricorso ex art.1 comma 48 della legge 92/2012 depositato il 23/9/2014 il sig.... esponeva di aver lavorato presso la sede operativa di Gemona della.......in forza di un contratto di lavoro somministrato stipulato con......... per il periodo dal 13/5/2011 al 30/6/2011; e di essere poi stato assunto direttamente da........... l'1/7/2011 con un contratto di apprendistato professionalizzante della durata di tre anni.
Riguardo a quest'ultimo contratto il ricorrente deduceva che il piano formativo individuale non era mai stato realizzato, nè a lui consegnato; che la società datrice di lavoro non avevano mai nominato il tutor aziendale e non gli aveva mai impartito alcuna formazione teorico-pratica, nè all'interno dell'azienda nè all'esterno; che durante il periodo di apprendistato egli si era limitato a svolgere le mede-sime mansioni già espletate, in totale autonomia, in qualità di lavoratore somministrato e cioè quelle di raccoglitore in pedana/autista, in sostituzione di personale as-sente; che peraltro le mansioni di raccoglitore, da lui svolte in prevalenza, non richiedevano alcuna specifica istruzione; che i suddetti vizi formali e sostanziali ren-devano nullo il contratto di apprendistato, da qualificarsi come ordinario contratto di lavoro a tempo indeterminato; che De Vizia Transfer, con lettera del 30/6/2014, gli aveva comunicato la volontà di recedere dal contratto; che tale recesso era ille-gittimo, essendo qualificabile come licenziamento privo di giusta causa o giustifica-to motivo; che inoltre il recesso dal rapporto di apprendistato era avvenuto tardiva-mente, dovendosi scomputare il periodo della somministrazione ai sensi dell'art.14 del C.C.N.L. del 5/4/2008; e che in seguito la società aveva assunto due lavoratori per svolgere le stesse mansioni a lui affidate; 
Si costituiva in giudizio la società convenuta eccependo, in via preliminare, la litispendenza fra l'azione esercitata dal sig....... e la domanda da lui proposta nel procedimento iscritto al n.593/13 R.L., essendo identici petitum e causa petendi dei due giudizi e quindi l'inammissibilità del ricorso; e ancora l'inapplicabilità o l'in-ammissibilità nel caso di specie del c.d. rito Fornero.
Nel merito.......deduceva che al contratto di apprendistato era allegato il piano formativo individuale........., con l'indicazione del tutor aziendale; che il piano era stato consegnato al lavoratore; che il sig......era stato adibito, e formato, alle mansioni di autista e, prevalentemente, di addetto alla raccolta, tenuto conto delle attitudini da lui dimostrate; che al sig.....era stata impartita la prevista formazione, sia mediante la frequenza di corsi, lezioni e incontri formativi, sia on the job e cioè mediante l'affiancamento e la supervisione, anche a distanza, da parte del tutor aziendale; che la formazione era stata accompagnata da esami e da una verifica finale...Deduceva ancora la società convenuta che nessuna norma di legge, statale o regionale, nè la contrattazione collettiva comminava, all'epoca, la nullità del contratto di apprendistato privo, all'atto della stipula, del piano formativo o della individuazione del tutor, o comunque svolto in violazione della normativa in materia di formazione...Con sentenza pronunciata il 18/6/2015 il Tribunale di Udine respingeva l'opposizione. Contro questa decisione ha proposto reclamo De Vizia Transfer per i motivi che verranno qui di seguito analiticamente esaminati.
1. Con il primo motivo di reclamo la........lamenta che il Tribunale di Udine non abbia accolto le sue eccezioni preliminari di inammissibilità del ricorso per violazione del principio del ne bis in idem e di inapplicabilità del c.d. rito Fornero alla fattispecie concreta dedotta in giudi-zio.
1.1. Esaminando per prima, in ordine logico, la seconda questione sollevata dalla società reclamante, si deve ricordare innanzitutto che alla scelta del rito è applicabile la stessa regola valida in materia di competenza e cioè quella secondo cui tale scelta va fatta «in base al contenuto della domanda giudiziale, salvo che nei casi in cui la prospettazione ivi contenuta appaia "prima facie" artificiosa e finalizzata soltanto a sottrarre la cognizione della causa al giudice predeterminato per legge» (così in massima Cassazione Sez. L, ordinanza n. 11415 del 17/05/2007).
Nel caso in esame il sig...... agito in giudizio facendo valere la sussistenza fra le parti di un ordinario rapporto di lavoro a tempo indeterminato, per effetto della nullità (sotto vari profili) di quello di apprendistato, e chiedendo, sulla base del presupposto che per questo motivo il recesso di......... configura un licenziamento, l'applicazione dell'art.18 St.Lav.: la controversia - per come è stata prospettata dal ricorrente (in modo serio e tutt'altro che artificioso) - riguarda perciò l'impugnazione di un licenziamento soggetto (in ipotesi) alla disciplina dell'art.18 St.Lav., previa corretta qualificazione del rapporto di lavoro dedotto in giudizio. Non sembra pertanto esservi dubbio sul fatto che la controversia rientri fra quelle previste dall'art.1 comma 47 della legge 92/2012 e sia quindi (obbligatoriamente) soggetta al c.d. rito Fornero. Afferma la società reclamante che il caso oggetto di controversia è analogo a quello del recesso del datore di lavoro dal contratto (di lavoro subordinato o di collaborazione a progetto) a tempo determinato, il quale, anche nel caso in cui il termine sia nullo, non configura, secondo la costante giurisprudenza in materia, un licenziamento ma una semplice disdetta, cui non si applica pertanto l'art.18 St.Lav. Sul punto si deve osservare innanzitutto che il contratto di apprendistato non dà origine a un rapporto di lavoro a termine, ma a tempo indeterminato (come risulta dall'art.49 comma 4 lettera c del d.lgs.276/2003, e già in precedenza dall'art.19 della legge 25/1955, oltre che dall'art.10 comma 1 lettera c del d.lgs. 368/2001); ciò che è a termine è piuttosto il periodo di formazione, alla cui scadenza il datore di lavoro può (eccezionalmente, e cioè in deroga alla regola generale dell'art.1 della legge 604/66) recedere ad nutum: e il recesso (motivato o meno) dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato è appunto - e non può che essere, atteso il regime di tipicità vigente in materia (Cass. Sez. L, sentenza n. 7899 del 17/04/2015) - un licenziamento, come tale soggetto alla disciplina sanzionatoria dell'art.18 St.Lav.
In secondo luogo si deve rilevare che la nullità dedotta dal sig.... non riguarda una singola clausola (come sarebbe quella contenente il termine) ma il contratto di apprendistato in sè, al quale si sostituisce un ordinario contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato: e anche sotto questo profilo non si può che ribadire l'applicabilità al caso in esame dell'art.18 St. Lav.
....Con il terzo motivo di reclamo....censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto fittizio il rapporto di apprendistato e afferma, a sostegno della sua tesi, di aver dimostrato (nei limiti in cui ciò le era imposto, alla luce del principio di circolarità degli oneri di allegazione e prova) la redazione del piano formativo, la nomina del tutor aziendale e lo svolgimento dell'attività formativa....sUl fatto materiale che........abbia predisposto un piano forma-tivo e individuato il tutor aziendale nella persona del sig.....non sembra esservi più controversia; le questioni di cui si discute sono altre e cioè se sia ammissibile e valido un piano formativo redatto dopo la stipula del contratto di apprendistato, se quello predisposto dalla società reclamante fosse conforme alle norme vigenti in materia e coerente con la fattispecie concreta, se il tutor abbia correttamente espletato la sua funzione, se il sig......abbia ricevuto tutta la formazione prevista e necessaria.
3.2. Riguardo al primo punto si deve osservare che l'art.49 comma 4 lettera a) del d.lgs 276/2003 (vigente all'epoca dei fatti di causa) prevedeva che il contratto di apprendistato professionalizzante fosse concluso in forma scritta e contenesse "indicazione...del piano formativo individuale"; e il successivo comma 5 affidava alle Regioni solo ed esclusivamente la disciplina dei "pro-fili formativi" del rapporto.
3.2.1. Ciò significa che il piano formativo individuale doveva essere predisposto in forma scritta ed essere contestuale al contratto di lavoro (e quindi inserito nel, o allegato al, contratto stesso); e ancora che la legge regionale non pote-va derogare alla disciplina dettata dal d.lgs 276/2003 quanto alla forma e al contenuto del contratto (trattandosi di aspetti che evidentemente esulano dalla mera regolazione dei "profili formativi"); limite questo che, del resto, la normativa regionale ha rispettato: gli artt.61 e 62 della l.r. 18/2005 non contenevano infatti alcuna prescrizione in materia e l'art.5 comma 2 del re-golamento di attuazione emanato con Decreto del Presidente della Regione n.0415 del 26/11/2005 stabiliva espressamente che "il Piano formativo indi-viduale è parte integrante del contratto di apprendistato" (confermando così che il documento non poteva che essere predisposto unitamente - e inserito o allegato - al contratto, come peraltro era evidenziato nell'intestazione della Parte Prima dell'apposito modulo approvato con il suddetto Decreto Presi-denziale, nella quale dovevano essere indicati, già al momento della stipula del contratto, almeno i dati conoscitivi essenziali di questo piano e cioè i compiti e le mansioni affidate al lavoratore e le conoscenze e competenze da sviluppare nel corso del rapporto, salva la successiva specificazione contenuta nella Parte Seconda, dedicata appunto allo svolgimento del "percorso formativo", questa sì compilabile entro i 60 giorni successivi alla assunzio-ne).
3.2.2. In concreto quest'onere formale non è stato certamente rispettato.... Afferma.........che le carenze sopra evidenziate configurano delle mere irregolarità, non essendo sanzionate da alcuna norma con la nullità del contratto.
La tesi della società reclamante non tiene però conto delle norme generali dettate dall'art. 1418 comma 1 c.c., secondo cui "il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative", e dall'art.1350 n.13 c.c., in forza del quale "devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nulli-tà...gli altri atti specialmente indicati dalla legge".
Nel caso dell'apprendistato l'art.49 del d.lgs. 276/2003 imponeva, come già detto, che il piano formativo individuale fosse scritto e contestuale al con-tratto, e non pare esservi dubbio (nè la società reclamante ha mai contestato) che tale norma fosse imperativa: in questo senso depongono, oltre che la tendenziale imperatività della disciplina del rapporto di lavoro, il fatto che la norma in esame non concedeva, quanto alla forma e al contenuto del con-tratto, alcuna facoltà di deroga ad altre fonti (legge regionale o contratto col-lettivo), e la ratio della disposizione (che era evidentemente quella di impor-re dei precisi vincoli e oneri formali allo scopo di prevenire possibili abusi del contratto di apprendistato, e cioè il suo utilizzo come strumento per ma-scherare un normale rapporto di lavoro, eludendo così i conseguenti obblighi retributivi e assicurativi e i limiti in materia di licenziamento).
3.3. Sotto il profilo contenutistico si deve poi osservare che il piano formativo di cui si discute - al di là del fatto di essere o no corrispondente, nella forma, alle prescrizioni della normativa nazionale, regionale e collettiva - manifesta un certo grado di incoerenza, sia rispetto al sistema di classificazione del personale regolato dal C.C.N.L. (non modificato o derogato dalla normativa regionale), sia rispetto al concreto svolgimento del rapporto oggetto di cau-sa.
...I vizi formali sopra esaminati - al di là della loro autonoma rilevanza come motivi di nullità (soprattutto quello di cui si è trattato nel punto 3.2.) - as-sumono anche il valore di sintomi di un difetto sostanziale del contratto de quo consistente nella carenza originaria, e poi nella mancata attuazione, del-la causa propria dell'apprendistato professionalizzante (da individuare, ex art.49 del d.lgs. 276/2003, ne "il conseguimento di una qualificazione attra-verso una formazione sul lavoro e la acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali") e cioè del fatto che il sig.... non aveva alcun bisogno di, e non ha in concreto ricevuto, alcuna specifica "formazione sul lavoro" riguardo alle mansioni cui è stato adibito ("addetto alla raccolta rifiuti").
3.4.3. E' quindi provato, in conclusione, che.........non ha organizzato in alcun modo la "formazione non formale"...4.2. Quanto alla mancanza (originaria) della causa tipica, il fenomeno è ricondu-cibile alla previsione del combinato disposto degli artt.1418 comma 2 e 1325 n.2 c.c. (ed eventualmente anche dell'art.1344 c.c.): la sua conseguenza è pertanto la nullità del contratto di apprendistato e la conversione di questo, ex art.1424 c.c., in un ordinario contratto di lavoro subordinato (o comunque la sostituzione del primo, nullo e pertanto inefficace, con il secondo, risul-tante dalla volontà manifestata dalle parti per fatti concludenti e cioè lo scambio di una prestazione lavorativa subordinata con una retribuzione, che è appunto la causa tipica ricavabile dall'art.2094 c.c.).
4.3. Se poi si volesse ritenere che, nel caso in esame, vi è stato solo un inadempi-mento di De Vizia Transfer ai suoi obblighi contrattuali, questo dovrebbe essere certamente qualificato come grave - dato che una parte della forma-zione, e cioè quella "non formale", è stata del tutto omessa (o comunque manca la prova della sua esistenza) - e quindi ne deriverebbe la trasforma-zione del contratto di apprendistato in un ordinario contratto di lavoro (secondo il meccanismo individuato dalla Corte di Cassazione per l'analogo caso del contratto di formazione e lavoro: così, di recente, Sez. 6 - L, ordi-nanza n. 3344 del 19/02/2015).
...Da tutto ciò consegue che il recesso di.... - qualunque sia, fra quelle sopra esposte, la soluzione da privilegiare (nullità del contratto per vizi formali, nullità del difetto originario o sopravvenuto di causa, tardività del recesso rispetto alla scadenza del periodo di apprendistato) - va in ogni caso qualificato come licenziamento soggetto, in mancanza di contestazioni sulla sussistenza del requisito numerico, all'art.18 St.Lav.
...Riguardo al primo argomento è sufficiente osservare che....non ha allegato alcun motivo di recesso (diverso dalla sua pretesa, e però inesistente, facoltà di sciogliere ad nutum il rapporto di apprendistato in corso....: è perciò inevitabile concludere che si è trattato di un licenziamento fondato su un fatto (non importa se oggettivo o soggettivo) manifestamente (anzi radicalmente) insussistente, e pertanto sanzionabile, ai sensi dell'art.18 della legge n.300/70, nel testo introdotto dalla legge n. 92/2012, con la reintegra e il pagamento di un'indennità risarcitoria, per cui la decisione del Giudice di primo grado va pienamente condivisa.
8. Il reclamo proposto da..................... va quindi integralmente respinto.
 
Tribunale di Catanzaro sent. 10.5.2011
 
2. Entrambe le doglianze sono fondate, perché sia l’entità della retribuzione accordatagli, sia il recesso ad nutum del datore di lavoro trovano giustificazione in un contratto di apprendistato che, come correttamente denuncia il lavoratore, è nullo per difetto di forma.
2.1. Essendo stato concluso il 20.10.2004, il contratto di lavoro tra le parti è, infatti, soggetto alla disciplina introdotta dal d.lgs. n. 276 del 2003, atteso che i provvedimenti regionali attuativi, cui rinvia la normativa nazionale, non riguardano la disciplina del rapporto di lavoro, dovendo limitarsi alla “regolamentazione dei profili formativi dell’apprendistato” (v. gli artt. 48 c. 4, 49 c. 5, 50 c. 3).
Tra le disposizioni legislative applicabili, quella dettata dall’art. 48 comma 3, prescrive che il contenuto contrattuale deve avere forma scritta, riguardo all’indicazione della prestazione rimessa all’apprendista, al piano formativo individuale e alla qualifica conseguibile.
2.2. Ebbene, nel caso di specie, siccome lamenta il ricorrente, il contratto di apprendistato non reca alcuna indicazione del piano formativo individuale e della qualifica conseguibile, sicché è nullo. 
Poiché la garanzia relativa alla forma non può che essere interpretata in senso rigoroso, come strumento di dissuasione degli abusi di tale figura di contratto di lavoro, ne consegue che la ravvisata nullità impedisce di ascrivere il rapporto intercorso tra le parti al paradigma dell’apprendistato ed impone di applicargli gli istituti ordinari del rapporto di lavoro subordinato. 
3. La nullità del contratto si riflette anche sul recesso datoriale, che è privo di causa, perché adottato sul presupposto della scadenza di un rapporto di apprendistato che, in realtà, tra le parti non si era validamente  costituito. 
3.1. Le conseguenze della declaratoria di nullità del recesso vanno contenute nei limiti della domanda del ricorrente, che ha rivendicato, a titolo di risarcimento del danno, una somma pari all’indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro, siccome prevista dall’art. 18 dello statuto dei lavoratori, la cui applicabilità nella fattispecie è incontroversa.
 
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