La Corte di Cassazione, respingendo il ricorso proposto dal datore di lavoro condannato al pagamento delle differenze retributive ha ribadito il ruolo essenziale della formazione nel contratto di apprendistato ritenendo l'incompatibilità dello stesso con rapporti lavorativi aventi ad oggetto prestazioni elementari
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Con riferimento al contratto di apprendistato, Sez. L, n. 14754,Rv. 631604, est. Balestrieri, ha affermato, sulla base di una linea argomentativa già tracciata in passato, che il dato essenziale del predetto contratto è rappresentato dall’obbligo del datore di lavoro di garantire un effettivo addestramento professionale finalizzato all’acquisizione, da parte del tirocinante, di una qualificazione professionale; è pertanto escluso che possa ritenersi conforme a tale speciale figura contrattuale un rapporto avente ad oggetto lo svolgimento di attività assolutamente elementari o routinarie, non integrate da un effettivo apporto didattico e formativo di natura teorica e pratica, con accertamento rimesso al giudice di merito ed incensurabile in cassazione,se congruamente motivato.
Cassazione civile sez. lav. 30/06/2014 n 14754
Nel contratto di apprendistato, il dato essenziale è rappresentato dall'obbligo del datore di lavoro di garantire un effettivo addestramento professionale finalizzato all'acquisizione, da parte del tirocinante, di una qualificazione professionale, sicché il ruolo preminente che la formazione assume rispetto all'attività lavorativa esclude che possa ritenersi conforme a tale speciale figura contrattuale un rapporto avente ad oggetto lo svolgimento di attività assolutamente elementari o routinarie, non integrate da un effettivo apporto didattico e formativo di natura teorica e pratica, con accertamento rimesso al giudice di merito ed incensurabile in cassazione, se congruamente motivato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.-I ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione dell'art. 437 c.p.c.; della L. n. 25 del 1955 e L. n. 276 del 2003, oltre che dell'art. 28 del c.c.n.l. panificazione del 2.6.00 (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4), oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).
Lamentano che il ricorrente non aveva mai dedotto la violazione degli obblighi formativi e che la legge non era al riguardo chiara, posto che la Regione Piemonte, solo con L.R. n. 2 del 2007, aveva disciplinato in concreto gli obblighi formativi. In ogni caso anche la L. n. 25 del 1955, non stabiliva particolari modalità di fornitura dell'insegnamento, che nella specie, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di merito, era avvenuta con l'affiancamento del L. con un panificatore ( Z.P.), tanto che ne seguì l'assunzione come panificatore a tempo indeterminato, oltre che con la frequentazione di corsi provinciali negli anni 2005-06, mentre per l'anno successivo ve ne era stata l'impossibilità, come emergeva dalle relative Circolari del Ministero del lavoro, ritenute tardivamente prodotte dalla Corte di merito, ed invece, ad avviso dei ricorrenti, consumabili "on line".
2.- Il ricorso è in parte inammissibile e per il resto infondato.
Inammissibile laddove viene censurata l'interpretazione della domanda fornita dalla Corte di merito, senza la produzione, o integrale riproduzione in ricorso, del relativo atto difensivo.
Ed invero deve evidenziarsi che il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l'onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od erroneamente interpretato dal giudice di merito, indicandone inoltre (ai fini di cui all'art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) la sua esatta ubicazione all'interno dei fascicoli di causa (Cass. sez. un. 3 novembre 2011 n. 22726), al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell'atto (Cass. ord. 30 luglio 2010 n. 17915; Cass. ord. 16.3.12 n. 4220; Cass. 9.4.13 n. 8569).
Occorre infine rimarcare che l'interpretazione della domanda è compito del giudice di merito e implica valutazioni di fatto che la Corte di Cassazione - così come avviene per ogni operazione ermeneutica - ha il potere di controllare soltanto sotto il profilo della giuridica correttezza del relativo procedimento e della logicità del suo esito (Cass. sez. un. 25.2.11 n. 4617; Cass. 9 settembre 2008 n. 22893; Cass. 1 febbraio 2007 n. 2217; Cass. 22 febbraio 2005 n. 3538), nella specie non adeguatamente contestato.
Parimenti inammissibile risulta la censura in ordine al difetto di formazione, che la Corte di merito ha evinto dalle risultanze di causa e che i ricorrenti si limitano a contestare ritenendo sufficiente l'affiancamento del lavoratore da parte del socio Z..
Deve infatti considerarsi che il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5), non equivale alla revisione del "ragionamento decisorio", ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità; ne consegue che risulta del tutto estranea all'ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l'autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa. Del resto, il citato art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione operata dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. (Cass. 6 marzo 2006 n. 4766; Cass. 25 maggio 2006 n. 12445; Cass. 8 settembre 2006 n. 19274;
Cass. 19 dicembre 2006 n. 27168; Cass. 27 febbraio 2007 n. 4500;
Cass. 26 marzo 2010 n. 7394; Cass. 5 maggio 2010 n. 10833).
Questa Corte ha poi più volte ritenuto inammissibile il motivo di ricorso per cassazione con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio di motivazione, ai sensi dell'art. 360 cod. proc. civ., n. 5, qualora esso intenda far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, prospetti un preteso migliore e pù appagante coordinamento dei dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione citata. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione (Cass. 26 marzo 2010 n. 7394).
Infondato in quanto la Corte di merito ha accertato il difetto di formazione sulla scorta della legislazione vigente, ritenendo correttamente irrilevanti le Circolari ministeriali invocate ma non prodotte (a nulla rilevando, giusta i principi in materia di produzione documentale di cui al codice di rito, la loro reperibilità "on line"; trattasi comunque di atti interni della pubblica amministrazione che vincolano solo gli uffici dipendenti ad un determinato comportamento nello svolgimento dell'attività amministrativa, ma non possono far sorgere alcun diritto soggettivo a favore di privati, rè sono vincolanti per il giudice, Cass. n. 2123/73, Cass. n. 14619/00, Cass. n. 21461/07).
Deve infine osservarsi che nel contratto di apprendistato il dato essenziale è rappresentato dall'obbligo del datore di lavoro di garantire un effettivo addestramento professionale finalizzato all'acquisizione, da parte del tirocinante, di una qualificazione professionale. Il ruolo preminente che la formazione assume rispetto all'attività lavorativa - che non solo spiega una serie di interventi del legislatore nazionale diretti a renderne effettiva la realizzazione (v. L. n. 25 del 1955, art. 2, comma 2, introdotto dalla L. n. 424 del 1968, art. 16, comma 1, L. n. 196 del 1997, art. 2, lett. a e b, del D.L. n. 214 del 1999, convertito nella L. n. 263 del 1999, di modifica di alcune disposizioni della L. n. 25 del 1955) ma che è particolarmente sentito anche nel diritto comunitario (come si desume dall'art. 127 del trattato istitutivo della Comunità Europea dal Regolamento del Consiglio n. 2081/93 del 20 luglio 1993)- esclude che possa ritenersi conforme alla speciale figura contrattuale voluta dal legislatore (nazionale e comunitario) un rapporto avente ad oggetto lo svolgimento di attività assolutamente elementari o routinarie, non integrate da un effettivo apporto didattico e formativo di natura teorica e pratica (Cass. n. 6787/02), il cui accertamento è rimesso al giudice del merito ed è incensurabile in cassazione, se, come nella specie, congruamente motivato (Cass. n. 2015/12). Nella specie la Corte di merito ha accertato che la sola presenza del panificatore Z., di cui non era stata fornita alcuna prova circa lo svolgimento di una effettiva attività formativa in favore del lavoratore, dei suoi tempi e modi, fosse di per sè insufficiente ad integrare l'obbligo di legge, mentre risultava sostanzialmente ammessa, sia pur deducendone varie quanto generiche difficoltà, l'assenza di una congrua formazione extra aziendale.
3.- Il ricorso deve pertanto rigettarsi.