Art. 1 dello Statuto dei Lavoratori sulla libertà di opinione, la giurisprudenza più significativa anche in relazione alle organizzazioni di tendenza
Art. 1 legge 300 del 1970
Libertà di opinione.
I lavoratori, senza distinzione di opinioni politiche, sindacali e di fede religiosa, hanno diritto, nei luoghi dove prestano la loro opera, di manifestare liberamente il proprio pensiero, nel rispetto dei principi della Costituzione e delle norme della presente legge.
Corte appello Brescia 13 marzo 2003
È illegittimo, in quanto privo di giusta causa o di giustificato motivo, il licenziamento di un fattorino che, durante l'orario di lavoro e senza alcuna autorizzazione, aveva lasciato alcuni opuscoli pubblicati dai Testimoni di Geova su un ripiano, in mezzo ad altre riviste, nella sala d'aspetto di una casa di cura gestita da una congregazione religiosa cattolica. La condotta del fattorino, infatti, non pare di per sè di particolare gravità considerato che essa non ha inciso in alcun modo sul corretto svolgimento delle mansioni, nè ha realizzato alcun interesse del lavoratore in contrasto con quello del datore di lavoro, nè si è trattato di un comportamento eticamente o socialmente riprovevole per le modalità, per l'oggetto o per le finalità.
Cassazione civile sez. lav. 22 ottobre 1998 n. 10511
Le opinioni espresse dal lavoratore dipendente, anche se vivacemente critiche nei confronti del proprio datore di lavoro, specie nell'esercizio dei diritti sindacali, non possono costituire giusta causa di licenziamento, in quanto espressione di diritti costituzionalmente garantiti o, quanto meno, di una libertà di critica. Peraltro, qualora il comportamento si traduca in un atto illecito, quale l'ingiuria o la diffamazione, o comunque in una condotta manifestamente riprovevole può riscontrarsi, sotto il profilo sia soggettivo che oggettivo, quella gravità necessaria e sufficiente a compromettere in modo irreparabile il vincolo fiduciario, così da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del rapporto. (Nel caso di specie la S.C. ha ritenuto incensurabile la decisione del giudice di merito in ordine alla sussistenza della giusta causa di licenziamento, con riferimento alla diffusione ad organi di stampa di notizie lesive dell'onore e della reputazione del datore di lavoro risultate prive di fondamento).
Cassazione civile sez. lav. 16 giugno 1994 n. 5832
In tema di organizzazioni di tendenza, il licenziamento ideologico perché collegato all'esercizio, da parte del prestatore di lavoro, di diritto costituzionalmente garantiti (quali la libertà di opinione, di religione e, nel campo scolastico, di insegnamento e di ricerca), è lecito nei ristretti limiti in cui esso sia funzionale all'esercizio di altri diritti garantiti costituzionalmente, quali la libertà dei partiti politici e dei sindacati, la libertà religiosa e la libertà della scuola, e nelle sole ipotesi in cui l'adesione ideologica costituisca requisito della prestazione lavorativa. In particolare, con riferimento a scuole gestite da enti ecclesiastici, la cui istituzione non contrasta con l'art. 33 cost., l'esigenza di tutela della tendenza confessionale della scuola si pone soltanto in relazione a quegli insegnamenti che tale tendenza caratterizzano: non può pertanto ritenersi legittimo il licenziamento intimato, da un istituto di istruzione religiosa di confessione cattolica, ad un proprio insegnante, laico, di educazione fisica, per avere questi contratto, dopo l'assunzione in servizio, matrimonio civile e non religioso, in quanto la materia insegnata prescinde del tutto dall'orientamento ideoreligioso del docente ed è indifferente rispetto alla tendenza della scuola.