Le collaborazioni coordinate ed etero organizzate, tra subordinazione e autonomia, le novità introdotte dal decreto legislativo n 81 del 2015
Il decreto legislativo n. 81 del 2015, in attuazione della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183, reca la «disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni».
Con specifico riguardo alle una volta note come collaorazioni coordinate e continuative, l'art. 2 del decreto legislativo in questione ha previsto che a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalita' di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
Secondo un primo orientamento emerso in dottrina, la nuova norma inquadrerebbe le collaborazioni coordinate e continuative nell'ambito del lavoro autonomo, argomentando in primo luogo dal dato letterale (il legislatore infatti parla di "collaborazione" e di "committente") e, in secondo luogo, da una considerazione di ordine logico in quanto l'estensione a tali rapporti della disciplina del rapporto subordinato sarebbe inutile se tali rapporti fossero già subordinati.
Secondo altra posizione dottrinale, invece, il Legislatore avrebbe inteso ricondurre tali collaborazioni nell'alveo della subordinazione, giacchè, altrimenti, sarebbe stata irragionevole la scelta del Legislatore di estendere ad esse la disciplina della subordinazione.
In altri termini, si è affermato che l'articolo 2 avrebbe, in definitiva, positivizzato la qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato in presenza di alcuni degli indici elaborati dalla giurisprudenza come rilevatori di tale tipo contrattuale.
In una posizione intermedia si pone invece chi ritiene che la norma non abbia alcun intento qualificatorio del tipo ma esclusivamente l'obiettivo di estendere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle, una volta note come collaborazioni coordinate e continuative, ove caratterizzate anche dalla eteroroganizzazione.
In effetti, passando all'esegesi della norma, il Legislatore si limita ad estendere la disciplina del lavoro subordinato alle collaborazioni caratterizzate da: a) la natura esclusivamente personale della prestazione, b) la continuità; c) l'etero-organizzazione e il coordinamento la disciplina del lavoro subordinato.
Parrebbe, dunque, che l'intento del Legislatore sia stato solo quello di disciplinare le una volta note come collaborazioni coordinate continuative caratterizzate anche dall'eteroorganizzazione e non quello di qualificare il relativo tipo contrattuale.
In ogni caso, perchè la norma possa operare è necessario che le collaborazioni presentino tutti i caratteri sopra delineati ed individuati dalla norma.
In primo luogo, come detto, la disposizione richiede che l'attività sia svolta con apporto esclusivamente personale e assenza (o irrilevanza) di mezzi impiegati. Ciò significa che la disposizione non può operare laddove il collaboratore si avvalga a sua volta di ausiliari, neppure se l'apporto di questi fosse marginale rispetto a quello della sua attività personale, né di una propria autonoma organizzazione. E' stato, conseguentemente, rilevato che dovrebbe escludersi che possa rientrare nella fattispecie in esame il titolare di un'impresa anche piccola, il quale non può obbligarsi ad un comportamento esclusivamente personale. Infatti, nello svolgimento della sua attività economica e nell'esecuzione della prestazione dedotta nel contratto, l'imprenditore per definizione impiega beni e mezzi organizzati, anche se la sua attività, nel caso della piccola impresa, è prevalentemente incentrata sul lavoro personale proprio e dei familiari (art. 2083 c.c.).
In secondo luogo, la norma richiede la continuità della prestazione, dovendosi peertanto escludere le prestazioni ad esecuzione istantanea o la cui reiterazione sia meramente occasionale. Si è anche affermato che esulerebbero dal campo di applicazione della norma i contratti aventi ad oggetto un singolo opus, la cui esecuzione richieda un certo periodo di tempo solo accidentalmente subito dalle parti, nel senso che non è proporzionale all'utilità di queste.
Quanto, infine, all'etero-organizzazione e al coordinamento, si tratta dell'elemento di maggiore discontinuità rispetto alle ex co.co.co. giacchè la disposizione prevede l'organizzazione da parte del committente delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. E' necessario, dunque, non soltanto che l'apporto del collaboratore sia coordinato con l'organizzazione del committente ma anche che il potere d'intervento del committente riguardi le modalità di esecuzione della prestazione, con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, il che sta significare che tale potere organizzativo deve riguardare anche altro rispetto alle semplici modalità spazio-temporali dell'attività lavorativa, come ad esempio l'oggetto stesso della prestazione.
Resta il problema di distinguere le collaborazioni organizzate dal committente dalle altre forme di collaborazione continuativa e coordinata, distinzione non sempre agevole essendo la coordinazione assai prossima, se non coincidente, con la etero-organizzazione.
Quanto agli effetti della equiparazione, l'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015 dispone che, a fronte di una prestazione di lavoro organizzata nei sensi suindicati, «si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato». Secondo un'opinione, prevalente in dottrina, le norme del rapporto subordinato si applicano nella loro interezza, non potendosi attribuire al giudice il potere di discernere quali norme tipiche della subordinazione debbano trovare applicazione e quali no. Si è, però, osservato, non del tutto in linea con tale opinione che al collaboratore organizzato devono essere riconosciuti tutti i diritti del lavoratore subordinato, indipendentemente dal loro contenuto economico e normativo ma che il committente non potrebbe esercitare il potere direttivo di cui è munito solo il datore di lavoro nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato e che il collaboratore eteroorganizzato non può essere computato nell'organico dei lavoratori dipendenti a fini amministrativi o previdenziali.
A ben vedere, le diverse posizioni risultano conseguenti al primario problema, già esaminato, della qualificazione del rapporto di lavoro.
Il comma 2 dell'art. 2 del d.lgs. n. 81 del 2015 ha previsto l'esclusione dell'applicazione della disciplina di cui al comma 1 ad una serie di ipotesi e segnatamente:
a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali e' necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali;
c) alle attivita' prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle societa' e dai partecipanti a collegi e commissioni;
d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e societa' sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
d-bis) alle collaborazioni prestate nell'ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, nonche' delle societa' sportive dilettantistiche lucrative Si tratta di categorie disomogenee, non facilmente comprensibili, che richiamano alcune delle esclusioni già previste dalla disciplina del lavoro a progetto (art. 61, comma 3, d.lgs. n. 276 del 2003).
Particolarmente significativa risulta la prima categoria, che ricorda il caso degli operatori dei call center in modalità out bound, ma ha senz'altro un'estensione più ampia. La norma attribuisce ai contratti collettivi nazionali la possibilità di qualificare, nel senso di selezionare e tipizzare, rapporti che, a prescindere dalla loro riconducibilità alle caratteristiche enunciate dall'art. 2, comma 1, sono sottratti alla disciplina del lavoro subordinato. Ciò a condizione che sussistano «particolari esigenze produttive e organizzative del settore» e che la disciplina specifica riguardi tanto le condizioni economiche quanto quelle normative.