Il lavoro parasubordinato e la parasubordinazione

La qualificazione e la disciplina della parasubordinazione nelle norme dell'ordinamento   

Per lavoro parasubordinato si intende un genere di rapporto lavorativo caratterizzato da alcuni tratti similari al rapporto di lavoro subordinato da cui si distingue, però, per la mancanza, in senso proprio, dell’elemento decisivo di quest’ultima fattispecie costituito dal vincolo della subordinazione e dal (conseguente) assoggettamento del lavoratore al potere disciplinare e gerarchico del datore di lavoro.

A differenza del lavoro autonomo e del lavoro subordinato, non si rinvengono nel codice civile norme che definiscono la parasubordinazione e/o il lavoro parasubordinato. 

Piuttosto, sia nel codice civile sia in altre fonti dell’ordinamento, vi sono norme che hanno inteso disciplinare le collaborazioni coordinate e continuative, che, a loro volta, sono state sinteticamente ricondotte nell’alveo della parasubordinazione, estendendo, per lo più, l’applicazione di norme che regolano i rapporti di lavoro subordinato.

Così l’art. 2 della legge n. 741 del 1959 ha delegato il Governo alla fissazione di minimi di trattamento conformi alla contrattazione collettiva anche relativamente a “rapporti di collaborazione che si concretino in prestazione d’opera continuativa e coordinata”.

L’art. 409 n. 3 c.p.c. ha previsto l’applicazione del rito del lavoro ai “rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa e coordinata prevalentemente personale anche se non a carattere subordinato”.

In virtù di tale previsione, poi, ai rapporti di lavoro parasubordinato si applicano l’art. 429 c.p.c., comma 3 in base al quale sui crediti del collaboratore maturano interessi e rivalutazione monetaria cumulativamente  e l’art. 2113 c.c. che prevede una peculiare disciplina delle rinunce e delle transazioni ed un regime agevolato di impugnazione delle medesime.

L’art. 50, comma 1, lett. c-bis del TUIR assimila, poi, ai redditi di lavoro dipendente i redditi derivanti da “rapporti di collaborazione aventi per oggetto prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita”.

L’art. 2 della l. n. 335 del 1995 ha, poi, esteso alle collaborazioni coordinate e continuative la tutela previdenziale per invalidità, vecchiaia e superstiti con l’istituzione della gestione Separata, prevedendo, inizialmente, una contribuzione obbligatoria del 10% del reddito derivante da tale attività, della quale 2/3 a carico del committente e 1/3 gravante sul lavoratore.

I caratteri dei rapporti di collaborazione sussumibili nell’ampia categoria della parasubordinazione sono, come visto:

a) la continuità della prestazione intesa come non occasionalità della medesima, essendo, detto requisito, integrato anche in presenza di un unico contratto di durata apprezzabile;

b) la coordinazione, ossia l’inserimento della prestazione del collaboratore sotto il profilo spazio temporale nell’ambito dell’organizzazione del committente;

c) la personalità, ossia la prevalenza del lavoro personale del prestatore rispetto all’opera svolta da eventuali ulteriori collaboratori e all’utilizzazione di altri mezzi produttivi.

 

 

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