La presunzione di onerosità della prestazione di lavoro e le ipotesi di lavoro gratuito elaborate dalla giurisprudenza e previste dal legislatore, l’impresa sociale e il volontariato
Nell’ordinamento giuslavoristico emerge una regole generale che è quella dell’onerosità della prestazione di lavoro, sia che essa formi l’oggetto di un rapporto di natura autonoma, sia che essa formi l’oggetto di un rapporto di natura subordinata. Tale regola generale però è temperata da eccezioni.
In particolare:
a) il lavoro prestato nell’ambito della famiglia, laddove, salvo che trovi applicazione la normativa in materia di impresa familiare, vige la presunzione (semplice) di gratuità dell’apporto lavorativo (presunzione, questa, che assiste anche le collaborazioni prestate dal convivente more uxorio – cfr. cass. n. 1833 del 2009).
b) Il volontariato
Ai sensi dell’art. 2 l. n. 266 del 1991 (c.d. Legge quadro volontariato) per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale spontaneo e gratuito, tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Al volontario possono essere soltanto rimborsate dall’organizzazione di apparteneneza le spese effettivamente sostenute per l’attività prestata, entro limiti preventivamente stabilite dall’organizzazione stessa. La qualità di volontario è, infatti, incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l’organizzazione di cui fa parte.
Discende da tali rigorose previsioni limitative che, in presenza di una collaborazione, pur qualificata come volontaria, che risulti, in punto di fatto, retribuita o caratterizzata da rimborsi spese eccedenti i limiti normativamente imposti, essa esulerà dal perimetro applicativo di cui all’art. 2 cit. per essere ricondotto nell’ambito più generale della prestazione di lavoro onerosa.
c) l’impresa sociale.
Essa è stata disciplinata inizialmente dal d.lgs. n. 155 del 24 marzo del 2006 ed ora dal d.lgs. n. 112 del 3.7.2017 ed esercita in via stabile e principale almeno una una o piu' attivita' d'impresa di interesse generale per il perseguimento di finalita' civiche, solidaristiche e di utilita' sociale nei settori indicati dal legislatore del 2006 e del 2017( ad esempio assistenza sociale e sanitaria, educazione ed istruzione, valorizzazione del patrimonio culturale); attività di impresa al fine dell’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati o disabili.
L’impresa sociale può servirsi, nell’esercizio della propria attività di volontari nei limiti del 50% dei lavoratori a qualunque titolo impiegati. Anche per i volontari che prestano la propria attività lavorativa all’interno dell’impresa sociale trova applicazione il divieto di retribuzione così come previsto dall’art. 2 della legge 11 agosto 1991 n. 266.
Nell’impresa sociale,e' vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominati, a fondatori, soci o associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di qualsiasi altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto.
Nell’impresa sociale devono essere approvati regolamenti aziendali o statuti che prevedano adeguate forme di coinvolgimento dei lavoratori e degli utenti e di altri soggetti direttamente interessati alle loro attivita', intendendosi, per coinvolgimento, un meccanismo di consultazione o di partecipazione mediante il quale lavoratori, utenti e altri soggetti direttamente interessati alle attivita' siano posti in grado di esercitare un'influenza.
Tra i punti critici che connotano i rapporti di lavoro gratuiti all’interno di tale tipologia di organizzazione, vi è quello degli effetti di violazioni che attengano in generale alla forma dell’impresa (come ad esempio la mancata previsione o la mancata attuazione del coinvolgimento dei lavoratori o la distribuzione di utili) sui singoli rapporti gratuiti prestati dai lavoratori all’interno dell’impresa sociale, oltre a quello, già evidenziato nell’esaminare la figura generale del volontariato, relativo ai rimborsi spese eccessivi.