L'art. 2 del D.P.R. n. 1124/65 prevede che l'assicurazione gestita dall'INAIL comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un'inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un'inabilità temporanea assoluta che importi l'astensione dal lavoro per più di tre giorni.
In merito alla nozione di causa violenta che costituisce un presupposto necessario per ottenere la tutela assicurativa dell'Istituto la giurisprudenza di legittimità si è più volte pronunciata chiarendo che la causa violenta comprende qualsiasi fattore presente nell'ambiente di lavoro in maniera esclusiva o in misura significativamente diversa che nell'ambiente esterno, il quale, agendo in maniera concentrata o lenta, provochi (nel primo caso) un infortunio sul lavoro o (nel secondo) una malattia professionale. E' stato altresì precisato che tale causa violenta, richiesta dal D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, per l'indennizzabilità dell'infortunio, può riscontrarsi anche in relazione allo sforzo messo in atto nel compiere un normale atto lavorativo, purchè lo sforzo stesso, ancorchè non eccezionale ed abnorme, si riveli diretto a vincere una resistenza peculiare del lavoro medesimo e del relativo ambiente, dovendosi avere riguardo alle caratteristiche dell'attività lavorativa svolta e alla loro eventuale connessione con le conseguenze dannose dell'infortunio (cfr. Cass. 30 dicembre 2010 n. 27831).
Sulla scorta di tale orientamento della giurisprudenza di legittimità si riporta, qui di seguito, una recente pronuncia del Tribunale di Perugia.
Tribunale di Perugia, sentenza del 17 settembre 2014
...Il ricorso non è fondato.
La giurisprudenza consolidata della S.C. (cfr., per tutte, Cass. 26 maggio 2006 n. 12559), in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, ha precisato la nozione legale di causa violenta lavorativa la quale comprende qualsiasi fattore presente nell'ambiente di lavoro in maniera esclusiva o in misura significativamente diversa che nell'ambiente esterno, il quale, agendo in maniera concentrata o lenta, provochi (nel primo caso) un infortunio sul lavoro o (nel secondo) una malattia professionale. E' stato altresì precisato che tale causa violenta, richiesta dal D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 2, per l'indennizzabilità dell'infortunio, può riscontrarsi anche in relazione allo sforzo messo in atto nel compiere un normale atto lavorativo, purchè lo sforzo stesso, ancorchè non eccezionale ed abnorme, si riveli diretto a vincere una resistenza peculiare del lavoro medesimo e del relativo ambiente, dovendosi avere riguardo alle caratteristiche dell'attività lavorativa svolta e alla loro eventuale connessione con le conseguenze dannose dell'infortunio (cfr. Cass. 30 dicembre 2010 n. 27831).
Ora, nel caso di specie, è evidente che il fatto che ha determinato l’infortunio non dipende da fattori “presenti nell’ambiente di lavoro in maniera esclusiva o in misura significativamente diversa che nell’ambiente esterno” né si è verificato in quanto il lavoratore era intento a “vincere una resistenza peculiare del lavoro medesimo e del relativo ambiente”.
Il ricorrente ha, infatti, dedotto che, mentre eseguiva lavori a lui commissionati, ha compiuto una violenta manovra nel tentativo di riprendere un suo manufatto che stava cadendo dal bancone di lavoro.
Tale dinamica evidenzia che l’infortunio si è verificato nel corso di una manovra repentina ma comune e non specificamente riferibile all’attività di lavoro del Guarducci.
A ben vedere, infatti, si è trattato di un infortunio che si sarebbe potuto verificare in qualsivoglia situazione e non soltanto nell’ambiente del lavoro che, in sostanza, ha costituito soltanto l’occasionale contesto nel quale si è verificato un infortunio del tutto accidentale.
Il ricorso va quindi respinto.