L'origine dell'equo indennizzo per causa di servizio nel pubblico impiego e la sua abrogazione disposta dall'art. 6 comma 1, d.l. 6 dicembre 2011 n. 201
Fra le disposizioni urgenti, da ultimo dettate dal legislatore al fine di contenere la spesa pubblica, un ruolo particolare deve essere riconosciuto all'art. 6 comma 1, d.l. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito dalla l. 22 dicembre 2011 n. 214 ed avente ad oggetto «« disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblicii». Da esso sono stati ««abrogati gli istitutii» dell'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio, del rimborso delle spese di degenza per causa di servizio, dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata. La formula adottata è anomala in quanto, anzichè abrogare la normativa disciplinante l'istituto ha riferito direttamente l'abrogazione all'istituto.
L'equo indennizzo fu istituito dall'art. 68, d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 in favore dei soli dipendenti civili di ruolo dello Stato che avessero perduto l'integrità fisio-psichica in conseguenza di un'infermità contratta per ««causa di servizio»; il fine perseguito era eliminare la disparità di trattamento dagli stessi sofferta rispetto ai lavoratori operanti nel settore privato, che da tempo fruivano della tutela offerta dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Con l'introduzione dell'equo indennizzoesso, il legislatore intese essenzialmente assicurare al pubblico dipendente una prestazione economica per i casi d'inabilità permanente ««parziale» che, proprio in quanto tali, non comportano la risoluzione del rapporto d'impiego e la concessione della pensione privilegiata ordinaria.
Fonte esclusiva del diritto all'equo indennizzo è, solo la lesione dell'integrità fisio-psichica del dipendente, di cui sia stata accertata la connessione con l'attività lavorativa espletata o con l'ambiente in cui essa viene svolta, indipendentemente da qualsiasi possibile qualificazione giuridica del fatto che l'ha causata.
La concessione dell'equo indennizzo, in ragione della funzione ad esso assegnata, è condizionata alla ricorrenza di condizioni di carattere sia soggettivo (essere cioè dipendente dello Stato, civile o militare, ovvero di enti pubblici) che oggettivo (la perdita, totale o parziale, dell'integrità psicofisica conseguente ad una infermità contratta per causa di servizio).
Per quanto attiene alla prima condizione non è quindi sufficiente che il pubblico dipendente abbia subito una ««malattia» nell'esercizio e a causa delle sue mansioni ovvero dell'ambiente in cui prestava la propria attività lavorativa, ma occorre anche che da detta malattia siano residuati ««postumi invalidanti di carattere permanentee».
Malattia e invalidità permanente devono cioè essere legate da un rapporto di causa ad effetto, nel senso che la prima deve aver determinato l'insorgenza della seconda. Peraltro, agli effetti indennitari, non è sufficiente che il pubblico dipendente abbia contratto una qualsiasi forma invalidante, come invece previsto dalla normativa infortunistica di cui si è detto, ma è necessario che si tratti di invalidità ascrivibile ad una delle categorie di menomazione elencate nelle Tab. A e B annesse al d.P.R. 30 dicembre 1981 n. 834.
La seconda condizione richiesta, di carattere oggettivo, è che la perdita, totale o parziale, dell'integrità psicofisica sia conseguente ad una infermità contratta per ««causa di servizio», e non ««in occasione di lavoro», come invece richiesto dalla normativa antinfortunistica.
In generale si ritiene che, perché sussista la ««causa di servizio», è necessario che fra i ««fatti di servizio» (di cui all'art. 64, d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, e cioè l'attività lavorativa svolta e/o l'ambiente in cui essa è stata prestata) e le ««infermità o lesioni soffertee» dal pubblico dipendente intercorra un nesso di causalità o, quanto meno, di concausalità efficiente e determinante.
Di qui la conseguenza che non è sufficiente l'avvenuto accertamento di un nesso cronologico (infermità contratta o lesione subita durante il servizio) né tanto meno topografico (nell'ambiente di lavoro), ma è necessario che fra la natura e le modalità di svolgimento dell'attività lavorativa e la patologia riscontrata a carico del pubblico dipendente sia ravvisabile e documentabile un nesso eziologico, nel senso che le prime devono essere state causa o concausa della seconda. Non è quindi sufficiente l'esistenza di una qualsiasi correlazione fra malattia invalidante e servizio svolto, ma occorre che gli eventi collegati al servizio abbiano esercitato un'incidenza necessaria e preponderante per cui, senza la prestazione del servizio, l'infermità non sarebbe insorta o non si sarebbe aggravata.
Ai sensi dell'art. 1 comma 119, l. 23 dicembre 1996 n. 662 e della Tab. 1 ad essa allegata, l'importo dell'equo indennizzo da corrispondere al pubblico dipendente divenuto permanentemente invalido per causa di servizio deve essere calcolato sulla base di due elementi: a) la categoria di menomazione, alla quale è ascrivibile l'invalidità di cui è portatore il dipendente; b) l'importo dello stipendio tabellare iniziale in godimento.
L'art. 6, una volta che il suo contenuto dispositivo sia stato esattamente definito, pone problemi di legittimità costituzionale di non poco momento. In effetti con esso è stata soppressa, per i dipendenti pubblici, la tutela contro i rischi del lavoro finora assicurata dall'equo indennizzo, che nel lontano 1957 era stato istituito al dichiarato scopo di eliminare ogni disparità di trattamento rispetto ai dipendenti civili ai quali la tutela antinfortunistica era da tempo assicurata.
Ma l'incostituzionalità dell'art. 6 è ancora più palese nella parte in cui conserva la causa di servizio, l'equo indennizzo e la pensione privilegiata al ««personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblicoo», per esso dovendosi intendere quello rientrante nei ruoli delle Forze armate (Esercito, Marina, Aeronautica), dell'Arma dei Carabinieri, delle Forze di polizia ad ordinamento civile (Polizia di Stato, Corpo forestale dello Stato e Polizia penitenziaria) e militare (Guardia di finanza), dei vigili del fuoco e soccorso pubblico.