La costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, quali sono le organizzazioni sindacali legittimate a costituirle? la rappresentatività sulla base dell'art. 19 la Corte Costituzionale e le questioni aperte
A seguito del referendum indetto con D.P.R. 5 aprile 1995 e dell'abrogazione della lettera a) del comma 1 dell'art. 19 della l. n. 300 del 1970, in merito alla costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, tale norma prevede che Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito delle associazioni sindacali, che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva.
La norma in questione, in origine valorizzava, da una parte, l'obiettiva consistenza dell'organizzazione sindacale, seppure ancorandola ad un opinabile presupposto quale quello dell'aderenza alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale e, dall'altra, il concreto rilievo nelle dinamiche aziendali comprovato dalla sottoscrizione dei contratti collettivi applicati nell'impresa.
Rimossa, tuttavia, la possibilità, per le organizzazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative di costituire rappresentanze sindacali in azienda, la norma limita la possibilità di costituire RSA in favore delleo OO.SS. che abbiano sottoscritto i contratti collettivi, il che può condurre a situazioni paradossali quale quella di consentire la costituzione di RSA a sindacati scarsamente rappresentativi grazie ad un fatto, la sottoscrizione di contratti collettivi, che potrebbe anche non risultare l'indice di un'efffettiva rappresentatività.
La Corte Cost. ha affrontato e risolto taluni degli effetti paradossali sopra evidenziati, con le pronunce n. 244 del 1996 e n. 231 del 2013. Una recente ordinanza del Tribunale di Perugia ha evidenziato le possibili lacune ancora presenti nella norma più volte sottoposta all'attenzioen della Corte ritenendo, sulla base dell'attuale assetto della normativa, insussistente il diritto alla costituzione di RSA da parte di un'organizzazione sindacale munita di un'obiettiva rappresentatività in azienda ma non firmataria di alcun accordo negoziale applicato nell'impresa
Ordinanza del Tribunale di Perugia del 30 ottobre del 2017
4. Quanto al mancato riconoscimento, quale rappresentante aziendale della FILT CGIL, ai sensi dell’art. 19 della l. n. 300 del 1970, di XXXXXda parte della XXXXX occorre ricordare che l’art. 19 cit. prevede che rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito delle associazioni sindacali, che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva e che l’O.S. ricorrente non ha sottoscritto alcun accordo collettivo applicato dalla società resistente.
In relazione all’art. 19 della l. n. 300 del 1970, la Consulta è intervenuta a più riprese osservando, sotto un primo profilo, che “la rappresentatività del sindacato non deriva da un riconoscimento del datore di lavoro espresso in forma pattizia, bensì dalla capacità del sindacato di imporsi al datore di lavoro come controparte contrattuale”, con la conseguenza che non è sufficiente “la mera adesione formale a un contratto negoziato da altri sindacati, ma occorre una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto”, e che nemmeno è sufficiente “la stipulazione di un contratto qualsiasi, ma deve trattarsi di un contratto normativo che regoli in modo organico i rapporti di lavoro, almeno per un settore o un istituto importante della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale di un contratto nazionale o provinciale già applicato nella stessa unità produttiva” (sentenza n. 244 del 1996).
Con un successivo intervento, la Corte Costituzionale (sent. n. 231 del 2013) ha, poi, dichiarato “costituzionalmente illegittimo l'art. 19, comma 1, lett. b), l. 20 maggio 1970, n. 300, nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda.
Con la medesima pronuncia, la Corte Costituzionale ha precisato che la pronuncia “non affronta il più generale problema della mancata attuazione complessiva dell'art. 39 Cost., né individua - e non potrebbe farlo - un criterio selettivo della rappresentatività sindacale ai fini del riconoscimento della tutela privilegiata di cui al Titolo III dello Statuto dei lavoratori in azienda nel caso di mancanza di un contratto collettivo applicato nell'unità produttiva per carenza di attività negoziale ovvero per impossibilità di pervenire ad un accordo aziendale [e che] Ad una tale evenienza può astrattamente darsi risposta attraverso una molteplicità di soluzioni. Queste potrebbero consistere, tra l'altro, nella valorizzazione dell'indice di rappresentatività costituito dal numero degli iscritti, o ancora nella introduzione di un obbligo a trattare con le organizzazioni sindacali che superino una determinata soglia di sbarramento, o nell'attribuzione al requisito previsto dall'art. 19 dello Statuto dei lavoratori del carattere di rinvio generale al sistema contrattuale e non al singolo contratto collettivo applicato nell'unità produttiva vigente, oppure al riconoscimento del diritto di ciascun lavoratore ad eleggere rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro. Compete al legislatore l'opzione tra queste od altre soluzioni.
Ora, nel caso di specie, è pacifico che l’O.S. ricorrente non ha partecipato alle trattative che hanno condotto alla sottoscrizione del contratto collettivo ANPI applicato dalle società resistenti e che non vi sono accordi negoziali di secondo livello, cosicchè, neppure a fronte dell’intervento additivo del 2013 della Consulta, può dirsi integrato il diritto della FILT CGIL di costituire proprie rappresentanze aziendali presso le società convenute.
Va, peraltro, considerato che le trattative avviate dalla O.S. sindacale ricorrente e dal rappresentante delle società convenute in merito a temi di interesse collettivo come l’incentivazione alla produttività che avrebbero potuto trovare un positivo esito negoziale sono state interrotte a causa della mancata proroga dei contratti di Cappiello, Fiorella e Centrone il che, da una parte, appare il frutto di una libera e insindacabile scelta dell’O.S. e, dall’altra, appare il sintomo di un’attuale incapacità, da parte dell’O.S., di imporsi come controparte contrattuale al datore di lavoro e, quindi, del difetto di adeguata rappresentatività in azienda. In ogni caso, sotto il profilo giuridico, il caso di specie andrebbe collocato tra quelli non affrontati dalla sentenza n. 231 del 2013 ed in relazione ai quali la Corte ha rimesso alla discrezionalità del Legislatore la concreta disciplina.
In definitiva, anche il mancato riconoscimento della rappresentanza sindacale aziendale della Filt Cgil, essendo conseguente alla piana applicazione di quanto previsto dall’art. 19 della l. n. 300 del 1970 non può considerarsi condotta antisindacale.
In relazione all’art. 19 della l. n. 300 del 1970, la Consulta è intervenuta a più riprese osservando, sotto un primo profilo, che “la rappresentatività del sindacato non deriva da un riconoscimento del datore di lavoro espresso in forma pattizia, bensì dalla capacità del sindacato di imporsi al datore di lavoro come controparte contrattuale”, con la conseguenza che non è sufficiente “la mera adesione formale a un contratto negoziato da altri sindacati, ma occorre una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto”, e che nemmeno è sufficiente “la stipulazione di un contratto qualsiasi, ma deve trattarsi di un contratto normativo che regoli in modo organico i rapporti di lavoro, almeno per un settore o un istituto importante della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale di un contratto nazionale o provinciale già applicato nella stessa unità produttiva” (sentenza n. 244 del 1996).
Con un successivo intervento, la Corte Costituzionale (sent. n. 231 del 2013) ha, poi, dichiarato “costituzionalmente illegittimo l'art. 19, comma 1, lett. b), l. 20 maggio 1970, n. 300, nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda.
Con la medesima pronuncia, la Corte Costituzionale ha precisato che la pronuncia “non affronta il più generale problema della mancata attuazione complessiva dell'art. 39 Cost., né individua - e non potrebbe farlo - un criterio selettivo della rappresentatività sindacale ai fini del riconoscimento della tutela privilegiata di cui al Titolo III dello Statuto dei lavoratori in azienda nel caso di mancanza di un contratto collettivo applicato nell'unità produttiva per carenza di attività negoziale ovvero per impossibilità di pervenire ad un accordo aziendale [e che] Ad una tale evenienza può astrattamente darsi risposta attraverso una molteplicità di soluzioni. Queste potrebbero consistere, tra l'altro, nella valorizzazione dell'indice di rappresentatività costituito dal numero degli iscritti, o ancora nella introduzione di un obbligo a trattare con le organizzazioni sindacali che superino una determinata soglia di sbarramento, o nell'attribuzione al requisito previsto dall'art. 19 dello Statuto dei lavoratori del carattere di rinvio generale al sistema contrattuale e non al singolo contratto collettivo applicato nell'unità produttiva vigente, oppure al riconoscimento del diritto di ciascun lavoratore ad eleggere rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro. Compete al legislatore l'opzione tra queste od altre soluzioni.
Ora, nel caso di specie, è pacifico che l’O.S. ricorrente non ha partecipato alle trattative che hanno condotto alla sottoscrizione del contratto collettivo ANPI applicato dalle società resistenti e che non vi sono accordi negoziali di secondo livello, cosicchè, neppure a fronte dell’intervento additivo del 2013 della Consulta, può dirsi integrato il diritto della FILT CGIL di costituire proprie rappresentanze aziendali presso le società convenute.
Va, peraltro, considerato che le trattative avviate dalla O.S. sindacale ricorrente e dal rappresentante delle società convenute in merito a temi di interesse collettivo come l’incentivazione alla produttività che avrebbero potuto trovare un positivo esito negoziale sono state interrotte a causa della mancata proroga dei contratti di Cappiello, Fiorella e Centrone il che, da una parte, appare il frutto di una libera e insindacabile scelta dell’O.S. e, dall’altra, appare il sintomo di un’attuale incapacità, da parte dell’O.S., di imporsi come controparte contrattuale al datore di lavoro e, quindi, del difetto di adeguata rappresentatività in azienda. In ogni caso, sotto il profilo giuridico, il caso di specie andrebbe collocato tra quelli non affrontati dalla sentenza n. 231 del 2013 ed in relazione ai quali la Corte ha rimesso alla discrezionalità del Legislatore la concreta disciplina.
In definitiva, anche il mancato riconoscimento della rappresentanza sindacale aziendale della Filt Cgil, essendo conseguente alla piana applicazione di quanto previsto dall’art. 19 della l. n. 300 del 1970 non può considerarsi condotta antisindacale.