La legge n. 54 del 8 febbraio 2006, ha introdotto, nell'ambito dell'ordinamento italiano e, in particolare, nell'ambito del diritto di famiglia, l'istituto dell'affido condiviso. Si può, in via preliminare e sintetica, sottolineare come l'obiettivo del legislatore sia stato quello di realizzare, attraverso la generale previsione dell'affido condiviso dei figli in caso di separazione, la corresponsabilizzazione dei genitori nei compiti e nelle funzioni educative anche dopo la scissione della coppia coniugale.
L'art. 155 c.c., nel testo introdotto dalla L. n. 54/2006, prevede, infatti, al secondo comma, che il Giudice valuti prioritariamente la possibilità di dar corso all'affido condiviso, determinando tempi e modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore, nonchè fissando la misura ed il modo della rispettiva contribuzione al mantenimento, alla cura, all'istruzione ed all'educazione dei figli dei figli. Solo ove il Giudice, avuto riguardo all'interesse materiale e morale della prole, ravvisi l'inopportunità dell'affido condiviso procederà all'affidamento esclusivo ad uno dei genitori. La legge, dunque, prevede l’affido condiviso e la potestà di entrambi come modalità "normali" attraverso le quali realizzare le corresponsabilità educative attribuendo, però, al giudice il potere di imprimere correzioni al regime di affidamento laddove la situazione specifica lo richieda.
La nozione d'affido condiviso differisce da quella dell'affidamento congiunto, introdotta per il divorzio con la legge n. 74 del 1987 ed estesa alla separazione dalla prassi e dalla giurisprudenza, in quanto si fonda sull'esercizio da parte di ciascun genitore singolarmente della potestà, con la condivisione dei relativi obiettivi e non già su un, pressocchè impossibile in regime di separazione, esercizio congiunto della potestà nei confronti dei figli.
In linea con l'introduzione, in via generale, dell'affido condiviso, il primo comma dell'art. 155 c.c. esprime il principio cardine della riforma secondo cui, anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Quale necessario corollario dell'affido condiviso, il terzo comma del nuovo art. 155 c.c. prevede che la potestà continua ad essere esercitata da entrambi i genitori anche dopo la separazione ed anche laddove il Giudice o le parti avessero optato per il regime dell'affidamento esclusivo. La previsione della co - titolarità della potestà nei confronti dei figli anche successivamente alla separazione rappresenta una fondamentale novità rispetto al passato allorchè la potestà veniva esercitata dal genitore affidatario sotto il controllo del genitore non affidatario. Così come, per quel che concerne l'affido condiviso, il Legislatore ha ritenuto di consentire al Giudice, valutato il caso concreto, di disporre l'affidamento esclusivo ad uno soltanto dei genitori, così, in materia di esercizio della potestà da parte di entrambi i genitori, viene previsto che il Giudice possa, limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. Il Giudice ha anche il potere di intervenire, in caso di disaccordo dei genitori, sulle questioni di maggiore importanza (relativamente all'educazione, all'istruzione ed alla salute dei figli). La riforma prevede, infatti, che la soluzione delle controversie tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà, siano risolte dal “giudice del procedimento in corso” su ricorso di uno dei genitori (art. 709 ter c.p.c.). L'art. 709 ter c.p.c. conferisce, peraltro, al Giudice del procedimento penetranti poteri sanzionatori da esercitarsi all'esito di una fase sommaria del processo. Il Giudice può, infatti, in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore: ammonire il genitore inadempiente, disporre il risarcimento danni a carico di uno dei genitori nei confronti del minore, disporre il risarcimento danni, a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro, condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanziona amministrativa.
Al principio generale dell'affido condiviso e dell'esercizio condiviso della potestà, s'affianca la previsione, contenuta nell'ultimo comma dell'art. 155 c.c., secondo cui salvo accordi diversi liberamente sottoscritti “ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito” . L'art. 155 c.c. prevede, altresì, che il Giudice possa disporre, in favore di uno dei due coniugi, la corresponsione di un assegno perequativo volto a garantire alla prole il mantenimento dello stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Mette conto rilevare che, nella determinazione dell'ammontare dell'assegno, il Giudice sia chiamato a prendere in considerazione: "la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore". L’accudimento dei figli diventa, dunque, mansione da retribuire.
Posto il principio di cui all'art. 155 c.c. dell'affido condiviso come opzione primaria, la L. n. 54/2006 ha, tuttavia, previsto, con l'introduzione dell'art. 155 bis, che ciascuno dei genitori possa sempre richiedere l’affidamento esclusivo del figlio quando l’affidamento ad entrambi si presenta nel corso della sua attuazione contrastante con gli interessi del minore. Ove l'istanza d'affidamento esclusivo risulti manifestamente infondata il Giudice ne terrà, però, conto nell'adozione dei provvedimenti nell'interesse della prole ed il genitore istante potrà essere tenuto a rispondere di responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
L’assegnazione della casa familiare viene disposta tenuto conto, in via principale, dell'interesse dei figli minori. Dell’assegnazione il giudice deve tener conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerando l’eventuale titolo di proprietà.
Con riferimento all'assunzione delle prove, la riforma in materia d'affido condiviso, ha previsto che il giudice – anche in sede presidenziale - disponga di poteri anche d’ufficio di assunzione di mezzi di prova prima di adottare “provvedimenti di cui all’art. 155” (per esempio una CTU psicologica, accertamenti sui redditi degli obbligati).
E', poi, di particolare rilevanza notare come la riforma in materia di affido condiviso dei figli in sede di separazione e divorzio stabilisca, all’art. 155 c.c. sexies, che prima dell’emanazione dei provvedimenti anche presidenziali “il giudice dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”. Si tratta di un obbligo che il Giudice, verosimilmente, assolverà con l'ausilio di terzi cui potrà delegare l'ascolto del minore (per esempio da un consulente o operatori dei servizi sociali).