La legge n.54/2006 è intervenuta in modo incisivo sulla materia relativa ai rapporti tra figli e genitori nell'ambito delle cause di separazione e divorzio, introducendo il c.d. affido condiviso, unitamente all'esercizio condiviso della potestà, quali modalità prioritarie del rapporto con la prole successivamente alla separazione.
Il legislatore è anche intervenuto sulle norme processuali relative a separazione e divorzio, introducendo, tra l'altro, la mediazione familiare quale scelta alternativa opzionale all'interno del procedimento di separazione giudiziale.
In tale prospettiva, verosimilmente, la mediazione familiare appare uno strumento finalizzato a stemperare la conflittualità della separazione giudiziale, volto a trasformare la stessa in una separazione consensuale.
In realtà la norma di cui all'art. 155 sexies dice poco o nulla della mediazione familiare, stabilendo esclusivamente che il giudice, prima di adottare i provvedimenti di cui all'art. 155 c.c. possa, sentite le parti ed ottenuto il loro consenso, consentire un tentativo di mediazione che i coniugi tenteranno con l'aiuto di esperti ("...Qualora ne ravvisi l’opportunità, il giudice, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 155 per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli").
La mediazione familiare, prima dell'intervento del Legislatore del 2006 e dell'introduzione dell'art. 155 sexies c.c. sopra richiamato, aveva già fatto la sua apparizione nell'ordinamento italiano con la L. n. 285/1997 che, all'art. 4.1, riconosceva i servizi di mediazione familiare e di consulenza per le famiglie e per i minori come servizi di sostegno e di superamento delle difficoltà relazionali e con la 1. n. 154/2001 in cui si prevedeva che il giudice potesse disporre l’intervento dei Servizi Sociali o di un centro di mediazione familiare.
Se, dunque, esistono norme che prevedono la mediazione familiare (senza contare le direttive, le convenzioni e le raccomandazioni europee che la incentivano) non esiste, per contro, alcuna legge in Italia che regolamenti il profilo professionale del mediatore familiare e che, soprattutto, disciplini la formazione del mediatore stabilendo competenze e aree di intervento, le caratteristiche dell’intervento ed i necessari profili deontologici.
Tornando all'art. 155 sexies, occorre ricordare che la mediazione familiare rappresenta pur sempre un'opzione rimessa alle parti delle quali il Giudice deve ottenere il consenso mentre, negli originari progetti di legge, si prevedeva la obbligatorietà della fase della mediazione familiare nell’ambito dei processi di separazione.
Come già sottolineato l'art. 155 sexies c.c. è assolutamente scarno di indicazioni in merito alle modalità della mediazione familiare, non prevede, infatti, alcun controllo di professionalità dei mediatori, non esplicitando neppure se sia il Giudice a dover individuare l'esperto cui i coniugi dovranno rivolgersi o se siano i coniugi stessi a doverne scegliere uno di loro fiducia.
Nulla dice l'art. 155 sexies c.c. su tempi e modi della mediazione familiare anche in rapporto ai processi di separazione e divorzio nell'ambito dei quali si è inserita.
Tra i dubbi di carattere processuale lasciati dalla mediazione familiare, così come regolata dall'art. 155 sexies c.c., vi è quello relativo all'individuazione del giudice concretamente chiamato ad invitare le parti ad un percorso di mediazione (il Presidente, il Giudice istruttore, il Collegio?). Ove, poi, il percorso di mediazione familiare si inserisca nell'ambito della fase presidenziale, non appare chiaro se il Presidente debba prima adottare i provvedimenti più urgenti e, successivamente, rimettere le parti davanti al mediatore.
Ciò che sembra di poter desumere dalla lettera dell'art. 155 sexies è che la mediazione familiare finirà per abbracciare anche i profili più strettamente economici dell'accordo di separazione non rinvenendosi, infatti, alcuna limitazione dell'ambito d'intervento nelle intenzioni del legislatore.