Detenzione stupefacenti

Rif: Guida al diritto 8/10

Con la sentenza n 65 del 3 dicembre 2009 la Corte precisa che il delitto di detenzione di stupefacenti è unico in caso di detenzione di una pluralità di sostanze stupefacenti. A seguito delle modifiche introdotte nel Dpr 9 ottobre 1990 n 309 e con la parificazione delle sostanze stupefacenti vietate (tutte ricomprese nell'attuale tabella I), è venuta meno la distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere, sulla scorta della cui distinzione, nella precedente versione dell'art. 73 del Dpr n 309/1990, erano contemplate due distine fattispecie delittuose di detenzione. Ne conseguiva, in caso di contestuale detenzione di droghe pesanti e leggere, la realizzazione di due delitti in rapporto di continuazione. L'eliminazione della distinzione e la riconduzione delle sostanze stupefacenti all'interno di un'unica tabella ha determinato la fuzione dei due titoli di reati e la realizzazione di una fattispecie delittuosa unica in caso di contestuale detenzione di una molteplicità di sostanze tra quelle ricomprese nell'unica tabella.

Cassazione Penale  Sez. VI del 03 dicembre 2009  n. 65

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 80, comma 1, lett. g), d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, è sufficiente che i contatti finalizzati alla vendita dello stupefacente siano iniziati davanti all'ingresso di un Sert, essendo poi irrilevante che lo scambio sia avvenuto in una via diversa da quella corrispondente all'ingresso della struttura.

A seguito della riforma dell'art. 14 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, a opera della l. 21 febbraio 2006 n. 49, che ha introdotto un'unica tabella delle sostanze stupefacenti, la contestuale detenzione di sostanze stupefacenti diverse integra un unico reato.


                 
Il reato di detenzione illegale di sostanze stupefacenti, come noto, punisce non già il fatto della detenzione in sè ma solo la detenzione finalizzata allo spaccio. Al riguardo, la Suprema Corte, con  la sentenza n 45916 del 1 dicembre 2009, ha ribadito un principio, già in precedenza affermato, secondo cui il superamento delle soglie individuate ex art 73, comma 1-bis, lettera a del dpr n 309/1990 non determina una presunzione legale di detenzione finalizzata allo spaccio ma solo un indizio da corroborare con le ulteriore evidenze processuali al fine di confermare o escludere la sussistenza del fatto delittuoso.

Cassazione Penale  Sez. IV del 15 ottobre 2009  n. 45916
In tema di stupefacenti, non è sufficiente che vengano superati i limiti indicati dal d.m. richiamato dall'art. 73, comma 1 bis, d.P.R. n. 309/90 perché possa affermarsi la penale responsabilità per l'illecita detenzione, ma è necessario - quando ovviamente il dato ponderale non sia tale da giustificare inequivocabilmente la destinazione - che il giudice prenda in considerazione, oltre a questo superamento, le modalità di presentazione, il peso lordo complessivo, il confezionamento eventualmente frazionato, le altre circostanze dell'azione che possano essere ritenute significative della destinazione ad uso non esclusivamente personale.

Il comma 1 bis, lett. a), dell'art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, inserito a seguito delle modifiche introdotte nella disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti con il d.l. 30 dicembre 2005 n. 272, conv., con modificazioni, dalla l. 21 febbraio 2006 n. 49, non immuta il sistema precedente quanto alla configurazione della detenzione per uso di terzi come "elemento costitutivo" del reato e non prevede, quindi, una "presunzione assoluta" di detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente che superi i limiti quantitativi nella medesima norma indicati. La norma si limita, infatti, a indicare alcuni "elementi sintomatici" dai quali può trarsi la conclusione che la sostanza non era destinata a uso esclusivamente personale. Tra questi elementi sintomatici, che non costituiscono gli elementi costitutivi del reato, ma piuttosto criteri di valutazione (singolarmente introdotti in una norma sostanziale) ai fini della prova della detenzione per uso non esclusivamente personale, viene in considerazione anzitutto proprio quello quantitativo sotto il profilo del superamento della soglia quantitativa di principio attivo indicata nel decreto del Ministro della salute (si veda decreto del Ministro della salute dell'11 aprile 2006). Proprio dal fatto che si tratta di elementi sintomatici utilizzabili a fini di prova della destinazione illecita discende, con riferimento al parametro quantitativo, che non è sufficiente che vengano superati i limiti stabiliti nel decreto ministeriale perché possa affermarsi la penale responsabilità per l'illecita detenzione, ma sarà necessario - quando ovviamente il dato ponderale non sia tale da giustificare inequivocabilmente la destinazione - che il giudice prenda in considerazione, oltre a questo superamento, le modalità di presentazione, il peso lordo complessivo, il confezionamento eventualmente frazionato, le altre circostanze dell'azione che possano essere ritenute significative della destinazione a uso non esclusivamente personale (da queste premesse, la Corte ha annullato con rinvio la decisione di condanna che aveva ritenuto di poter ritenere dimostrata la commissione dell'illecito di cui all'art. 73, comma 1 bis, d.P.R. n. 309 del 1990 in base al solo superamento del quantitativo di principio attivo previsto nel decreto del Ministro della salute, indipendentemente dall'accertamento della destinazione della sostanza sequestrata).

Non è sufficiente che vengano superati i limiti previsti dall'art. art. 73, comma 1-bis, lett. a) inserito dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, art. 4-bis, comma 1, convertito con modificazioni nella l. 21 febbraio 2006, n. 49, perché possa affermarsi la penale responsabilità per l'illecita detenzione, ma sarà necessario quando ovviamente il dato ponderale non sia tale da giustificare inequivocabilmente la destinazione che il giudice prenda in considerazione, oltre a questo superamento, le modalità di presentazione, il peso lordo complessivo, il confezionamento eventualmente frazionato, le altre circostanze dell'azione che possano essere ritenute significative della destinazione ad uso non esclusivamente personale.


Cassazione Penale  Sez. VI del 03 dicembre 2009  n. 65

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. DE ROBERTO  Giovanni     -  Presidente   -                    
Dott. GRAMENDOLA  Francesco P. -  Consigliere  -                    
Dott. CORTESE     Arturo       -  Consigliere  -                    
Dott. ROTUNDO     Vincenzo     -  Consigliere  -                    
Dott. MATERA      Lina         -  Consigliere  -                    
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:
Z.G.;

avverso la sentenza 23 marzo 2008 della Corte di appello di Roma;
Visti gli atti, la sentenza denunciata ed il ricorso;
Udita  in pubblica udienza la relazione fatta dal Presidente  Dr.  De  Roberto;
Udite  le  conclusioni  del  Pubblico Ministero,  nella  persona  del  Sostituto  Procuratore  Generale,  Dott.  Cedrangolo  Oscar,  che  ha  concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso
Udito il difensore, avvocatessa Arianna Agnese.

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza 23 marzo 2008 la Corte di appello di Roma confermava la decisione 26 giugno 2007 del locale Tribunale che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di Z.G. in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1, 3 e 4, e art. 80, per avere illecitamente detenuto, a fine di cessione a terzi, eroina per complessivi grammi 1,162 (corrispondenti a 46 dosi medie, suddivisa in 12 involucri), nonchè grammi 0,027 di hashish, fatto aggravato per essere stato commesso in prossimità del SERT di (OMISSIS), località ove offriva in vendita lo stupefacente detenuto, e dalla recidiva, specifica, reiterata ed infraquinquennale, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti e ritenuta la continuazione.
2. Ricorre per Cassazione lo Z. articolando quattro ordini di motivi.
Denuncia, in primo luogo, l'uso personale di parte delle sostanze e la ritenuta continuazione derivante dall'avere l'imputato detenuto stupefacente di diversa qualità.
Lamenta, poi, violazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, per avere la Corte erroneamente ritenuto che la cessione fosse stata consumata in prossimità del SERT, solo perchè era stato affermato che il ricorrente era stato notato conversare in prossimità di tale luogo.
Si duole, ancora, della omessa motivazione in ordine al diniego della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, considerato l'esiguo quantitativo della sostanza detenuta e l'avvenuta tipizzazione di tale diminuente, in forza della "novella" del 2006.
Lamenta, infine, l'applicazione della recidiva.
3. Il ricorso, a parte la censura incentrata sulla ritenuta continuazione che deve essere condivisa, è, per i restanti motivi, da qualificare inammissibile.
Circa l'addotto consumo personale, la decisione impugnata ha rigorosamente argomentato in ordine sia al quantitativo sia al possesso in casa di sostanza da taglio e di una bilancino di precisione; sia, inoltre, con riferimento alla circostanza che il ricorrente fu visto mentre consegnava ad un giovane, subito dileguatosi, un involucro in cambio di Euro 20,00 rinvenuti all'atto dell'intervento degli operanti.
Inammissibile è pure l'addebito relativo alla circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 1, lett. g.
Correttamente, il giudice a quo, con giudizio di fatto incensurabile in questa sede, ha ritenuto del tutto irrilevante che lo scambio sia avvenuto in una via diversa da quella corrispondente all'ingresso del SERT, in quanto i contatti finalizzati alla vendita erano iniziati proprio davanti al detto ingresso (arg. da Sez. 6, 3 giugno 2003, Di Comun).
Il motivo concernente la recidiva, nel quale resta assorbito anche la censura concernente l'invocata attenuante speciale, va confinato nel catalogo delle cause di inammissibilità previste dall'art. 606 c.p.p., comma 3, attesa l'ampia e coerente motivazione della sentenza impugnata tanto alla concreta applicazione della recidiva tanto al conseguente effetto preclusivo.
4. Va, invece accolta la doglianza concernente la ritenuta continuazione.
Ed infatti, a seguito della riforma del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 14 ad opera della L. 21 febbraio 2006, n. 49, che ha introdotto un'unica tabella di sostanze stupefacenti, la contestuale detenzione di sostanze stupefacenti diverse integra un unico reato (Sez. 6, 20 dicembre 2007, Tawali).
La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata senza rinvio limitatamente all'aumento per la continuazione di giorni venti di reclusione ed Euro 667,00 di multa, aumento che viene qui eliminato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'aumento per la continuazione di giorni venti di reclusione ed Euro 667,00 di multa, amento che elimina. Rigetta, nel resto, il ricorso.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 7 gennaio 2010
 
 
Cassazione Penale Sez. IV del  1° dicembre 2009 n 45916
                   
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. MARZANO    Francesco    -  Presidente   -                     
Dott. BRUSCO     Carlo G -  rel. Consigliere  -                     
Dott. FOTI       Giacomo      -  Consigliere  -                     
Dott. IZZO       Fausto       -  Consigliere  -                     
Dott. PICCIALLI  Patrizia     -  Consigliere  -                     
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:
1) P.M. N. IL (OMISSIS);
avverso  la  sentenza  n.  3080/2006 CORTE  APPELLO  di  GENOVA,  del  11/06/2008;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 15/10/2009 la  relazione  fatta  dal  Consigliere Dott. CARLO GIUSEPPE BRUSCO;
Udito  il  Procuratore Generale in persona del Dott. Lo Voi Francesco  per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. Tiepidino Pier Paolo il quale ha concluso per  l'accoglimento del ricorso.
La Corte:

OSSERVA

1) Il Tribunale di la Spezia, con sentenza 25 gennaio 2006, ha, all'esito del giudizio abbreviato, condannato alla pena ritenuta di giustizia P.M. per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, (detenzione di gr. 54,6 di cocaina) con la concessione dell'attenuante di cui al medesimo art. 73, comma 5 (fatto di lieve entità).
Su appello dell'imputato (che chiedeva l'assoluzione non essendo stata dimostrata la destinazione ad uso di terzi della sostanza sequestrata) e del procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Genova (che lamentava l'erronea concessione dell'attenuante già indicata) la medesima Corte, con sentenza 11 giugno 2008, ha respinto l'appello dell'imputato e, in accoglimento del ricorso del procuratore generale, ha escluso l'ipotesi attenuata rideterminando in misura superiore la pena inflitta dal primo giudice.
La Corte ha ritenuto che il solo superamento del quantitativo di principio attivo previsto nel D.M. Salute indicato nel citato art. 73, comma 1 bis, comporti la punibilità della condotta indipendentemente dall'accertamento della destinazione ad uso personale della sostanza sequestrata posto che le più recenti innovazioni legislative non consentono più la formazione della "scorta".
2) Contro la sentenza indicata ha proposto ricorso l'imputato il quale, a fondamento dell'impugnazione, ha dedotto la violazione di legge e la mancanza di motivazione.
Erroneamente, secondo il ricorrente, i giudici dell'appello avrebbero ritenuto che la destinazione ad uso di terzi della sostanza sequestrata potesse essere desunta dal solo superamento dei limiti indicati nel decreto ministeriale.
Conseguente a questo errore di diritto sarebbe poi l'omissione dei giudici di appello che non avrebbero motivato sulla destinazione ad uso di terzi della sostanza sequestrata.
2) Il ricorso è fondato. In buona sostanza il giudice dell'appello ha ricollegato la destinazione della sostanza al mero dato ponderale individuando una presunzione - non è ben chiaro se assoluta o relativa - di destinazione della sostanza sequestrata ad uso non esclusivamente personale nel caso di superamento dei limiti massimi indicati nel D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis, lett. A).
Superamento che, nel caso in esame, risulta essere stato provato a mezzo di perizia secondo quanto risulta dalla sentenza di primo grado.
L'interpretazione della norma indicata da parte della Corte di merito non è peraltro da ritenere corretta.
Premesso che la nuova normativa non immuta il sistema precedente quanto alla configurazione della detenzione per uso di terzi come elemento costitutivo del reato (in questo senso, anteriormente alla modifica dell'art. 73 in esame, v. Cass., sez. 4^, 4 giugno 2004 n. 36755, Vidonis, rv 229685; sez. 6^, 29 aprile 2003 n. 26709, Pezzella, rv 226276) va osservato che il ricordato art. 73, comma 1 bis, lett. A) - inserito dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, art. 4 bis, comma 1, convertito con modificazioni nella L. 21 febbraio 2006, n. 49 - non prevede una presunzione assoluta di detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente che superi i limiti nella medesima norma indicata. La norma si limita infatti a indicare alcuni elementi sintomatici dai quali può trarsi la conclusione che la sostanza non era destinata ad uso esclusivamente personale.
Tra questi elementi sintomatici viene in considerazione anzitutto quello quantitativo sotto due profili: il principio attivo contenuto nella sostanza e il peso lordo complessivo della medesima. Sotto il primo profilo va anzitutto rilevato che il superamento dei limiti massimi indicati dal Ministero della salute non è però sufficiente a far ritenere esistente la destinazione ad uso non esclusivamente personale come è reso evidente dalla formulazione usata dalla norma che sanziona chi illecitamente detiene sostanze stupefacenti che "per quantità, in particolare se superiori ai limiti massimi indicati ...
ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo, ovvero per altre circostanze dell'azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale".
Insomma la norma, con una singolare formulazione (perchè introduce in una norma sostanziale criteri di valutazione della prova), ha sostanzialmente ripetuto i criteri che la giurisprudenza utilizzava per individuare i criteri sintomatici della destinazione allo spaccio delle sostanze stupefacenti.
Ma ciò che rileva, per la soluzione del caso in esame, è che il fatto tipico della detenzione penalmente sanzionata non è il superamento della soglia ma la detenzione per uso non esclusivamente personale e quelli indicati, compreso il superamento dei limiti, costituiscono elementi sintomatici dei quali il giudice deve tener conto ma non gli elementi costitutivi del reato.
Non ignora la Corte che esistono isolati commenti (ed opinioni espresse nel corso del dibattito parlamentare) che contestano questa ricostruzione - ritenendo che integri l'ipotesi di reato il mero superamento dei limiti massimi indicati nel decreto interministeriale - ma osserva anzitutto che questa ricostruzione è incompatibile con il dato letterale (l'espressione "in particolare se superiore ai limiti" esprime un'opzione di favore, non di certezza, per un indice sintomatico).
In secondo luogo la conferma dell'interpretazione che si ritiene corretta è fondata su un argomento dirimente: se fosse sufficiente il superamento della "soglia" di principio attivo per far ritenere realizzato il fatto tipico costituente reato non si comprenderebbe la ragione giustificatrice del riferimento anche al peso complessivo lordo della sostanza stupefacente. E diverrebbe superfluo anche il riferimento al confezionamento frazionato o alle altre circostanze dell'azione. Se il reato si consuma con il superamento della soglia a che cosa serve individuare gli altri indici sintomatici? Del resto l'orientamento della giurisprudenza di legittimità dopo la ricordata innovazione legislativa è univoca nel senso indicato: v.
Cass., Sez. 4^, 21 maggio 2008, n. 22643, Frazzitta, rv 240855; Sez. 6^, 29 gennaio 2008, n. 17899, Corrucci, rv 239933; Sez. 4^, 17 dicembre 2007, n. 16373, Magliaro, rv 239962).
Il sistema innovato - quanto alla destinazione ad uso di terzi della sostanza - è dunque ben diverso da quello antecedente al referendum abrogativo cui ha dato attuazione il D.P.R. 5 giugno 1993, n. 171 perchè, nel sistema precedente, il fatto tipico si realizzava col mero superamento, in principio attivo, della dose media giornaliera indicata nei decreti ministeriali (del resto in questo senso era il disegno di legge governativo poi immesso, nel corso della conversione, nel decreto legge convertito).
Può invece ritenersi, questo sistema, sostanzialmente analogo su questo punto - a parte la già segnalata ed impropria trasposizione dei criteri di valutazione della prova dal campo processuale alla norma sostanziale e le diverse valutazioni che possono oggi trarsi in tema di cd. "consumo di gruppo" - a quello anteriore all'entrata in vigore della L. n. 49 del 2006 di conversione del D.L. n. 272 del 2005 (che, come è noto, riguardando soltanto il finanziamento delle olimpiadi invernali, non tratta della disciplina degli stupefacenti).
Non è dunque sufficiente che vengano superati i limiti più volte ricordati perchè possa affermarsi la penale responsabilità per l'illecita detenzione ma sarà necessario - quando ovviamente il dato ponderale non sia tale da giustificare inequivocabilmente la destinazione - che il giudice prenda in considerazione, oltre a questo superamento, le modalità di presentazione, il peso lordo complessivo, il confezionamento eventuale frazionato, le altre circostanze dell'azione che possano essere ritenute significative della destinazione ad uso none esclusivamente personale.
4) Consegue alle considerazioni svolte l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
La Corte di Appello di Genova si è infatti limitata a prendere in considerazione l'elemento ponderale di principio attivo che costituisce solo uno degli elementi sintomatici della destinazione ad uso non esclusivamente personale; ha implicitamente individuato una inesistente presunzione assoluta nel superamento dei limiti massimi di cui alla lett. A), comma 1 bis, già ricordato; non ha preso in considerazione gli altri indici sintomatici che pur la norma innovata prevede.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, sezione 4^ penale, annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Genova.
Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2009
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