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Il delitto preterintenzionale è previsto dall'art. 43 cp che tale definisce il reato che si verifica: "...quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso piu' grave di quello voluto dall'agente".
La sola fattispecie espressa di delitto preterintenzionale presente nel codice penale è quella di cui all'art. 584 cp che punisce l'omicidio preterintenzionale che si verifica come conseguenza di atti diretti a commetetre i reati di percosse o lesioni di cui agli artt. 581 e 582 cp. La legge speciale ha, poi, previsto un'ulteriore fattispecie espressa di delitto preterintenzionale e, cioè, l'aborto preterintenzionale (si veda, al riguardo, la legge 22 maggio 1974 n. 194).
Viene comunemente ricondotta alla fattispecie del delitto preterintenzionale la figura di cui all'art. 586 cp che prevede l'evento della morte o quello delle lesioni personali come conseguenza di altro delitto doloso nonchè, secondo parte della dottrina, tutta la gamma dei cc.dd. delitti aggravati dall'evento.
Sotto il profilo della struttura, il delitto preterintenzionale si caratterizza per la mancanza di volontà del risultato offensivo più grave prodotto e la volontà dell'evento minore (della medesima specie di quello effettivamente verificatosi). L'evento più grave, si precisa, non deve essere neppure preveduto come possibile in quanto, in tale ipotesi, si verificherebbe un'imputazione a titolo di dolo eventuale e non già a titolo di preterintenzione.
Con riferimento al risultato offensivo minore ed in relazione all'omicidio preterintenzionale, si è discusso in dottrina se il coefficiente psicologico richiesto dalla norma sia quello del dolo diretto o se sia sufficiente il dolo eventuale. La tesi più accreditata è quella che esclude la sufficienza del dolo eventuale del reato minore ad integrare il presupposto psicologico richiesto per l'attribuzione, a titolo di preterintenzione, dell'omicidio.
Per altro verso, si è osservato, che, ai fini dell'integrazione della fattispecie dell'omicidio preterintenzionale, gli atti diretti a percuotere o ledere non debbono aver effettivamente prodotto il risultato offensivo minore potendosi essere fermati alla soglia del tentativo punibile o, secondo altra tesi, non essendo neppure necessario tale livello minimo , tali atti potrebbero consistere anche soltanto in un atteggiamento aggressivo ed intimidatorio non integrante il tentativo punibile.
Come chiarito, ulteriore ipotesi comunemente ricondotta alla figura del delitto preterintenzionale, è quella di cui all'art. 586 cp che prevede che: "quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell'articolo 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate".
La fattispecie di cui all'art. 586 cp si differenzia da quella di cui all'art. 584 cp, innanzitutto, in quanto il risultato offensivo maggiore non voluto non è solo quello della morte ma anche quello delle lesioni personali. Inoltre, il presupposto oggettivo e soggettivo per l'attribuzione dell'evento offensivo maggiore è la volontà di un delitto doloso che, nel caso in cui l'evento offensivo maggiore sia la morte, non dovrà essere quello delle percosse o delle lesioni in quanto, in tal caso, si rienterebbe nell'alveo dell'omicidio preterintenzionale.
Deve anche sottolinearsi che, nella fattispecie di cui all'art. 586 cp, non deve neppure esservi coincidenza tra il soggetto passivo del delitto voluto e quello del risultato offensivo effettivamente realizzato. L'art. 586 cp realizza, in sostanza, un'ipotesi specifica dell'aberratio delicti contempata e disciplinata dall'art. 83 cp. La risposta sanzionatoria è quella prevista per l'omicidio e le lesioni colpose dagli artt. 589 e 590 cp con pene aumentate.
Con riferimento al delitto preterintenzionale, il profilo più problematico è quello dell'individuazione del criterio d'attribuzione della responsabilità per il risultato offensivo maggiore sotto il profilo psicologico.
Per una prima impostazione, il risultato offensivo maggiore sarebbe posto a carico dell'agento sul mero piano della causalità materiale, senza alcuna indagine in ordine al coefficiente psicologico effettivo (salvo indagare se sussista un'accettazione del rischio dell'evento lesivo maggiore con la conseguente imputazione a titolo di dolo eventuale per il fatto di reato più grave). E' chiaro che si tratta dell'impostazione teorica che pone i maggiori problemi di compatibilità con i principi costituzionali di responsabilità personale colpevole e del finalismo rieducativo della pena di cui all'art. 27 cost.
Per una seconda impostazione, il criterio d'attribuzione della responsabilità sotto il profilo psicologico per l'evento offensivo maggiore, sarebbe quello della colpa ma la colpa sarebbe presunta ed insita nella violazione della norma penale. In tale chiave, il delitto preterintenzionale finirebbe per rientrare tra quelle fattispecie che la dottrina individua come forme di responsabilità oggettiva occulta nel senso che, con riferimento ad esse, non viene effettuata alcuna indagine in ordine al coefficiente psicologico effettivo dell'autore.
Secondo altra parte della dottrina, infine, la preterintenzione sarebbe una forma di responsabilità soggettiva sui generis, il che si desumerebbe, peraltro, proprio dalla collocazione separata nell'ambito dell'art. 43 cp. Tale forma d'attribuzione psicologica del fatto sarebbe caratterizzata dal dolo con riferimento al fatto di reato minore e dalla colpa con riferimento al fatto di reato più grave.
Secondo una parte della dottrina, rientrerebbero nell'alveo dei delitti preterintenzionali anche i cc.dd. reati aggravati dall'evento, quei reati caratterizzati dal fatto che sussiste un evento ulteriore che determina l'aggravamento della sanzione penale.
Con riferimento a tali reati occorre, peraltro, distinguere i casi, come quello della calunnia, nei quali il coefficiente psicologico relativo a detto evento è del tutto ininfluente ai fini delle relative conseguenze penali dai casi nei quali l'eventuale volontà di tale evento determina il mutamento del titolo del reato (si pensi al delitto di maltrattamenti in famiglia aggravato dell'evento delle lesioni o della morte laddove l'eventuale volontà dell'evento delle lesioni o di quello della morte determina il mutamento del titolo dell'imputazione penale).
Secondo la dottrina tradizionale il delitto aggravato dall'evento realizzerebbe un caso di delitto circostanziato; ciò consentirebbe, in considerazione della modifica sulla disciplina a delle aggravanti introdotta dalla L. n. 19 del 1990 e della loro riconduzione nell'ambito dell'imputazione colpevole, di superare i dubbi che si pongono in merito alla compatibilità con l'art. 27 della cost di questa categoria di delitti.
La considerazione dei delitti aggravati dall'evento come ipotesi di delitto circostanziato confligge con la conseguente assoggettabilità dell'aggravante stessa a bilanciamento con le circostanze attenuanti anche con riferimento a quelle generiche e con la conseguente possibilità di elidere integralmente la risposta sanzionatoria con riferimento ad eventi particolarmente gravi come la morte.
Altra parte della dottrina ravvede nei delitti aggravati dall'evento un caso di responsabilità oggettiva in quanto l'evento ulteriore viene posto a carico dell'autore del reato senza alcuna indagine relativamente al coefficiente psicologico effettivo.
Altra parte della dottrina ritiene, invece, che tale evento ulteriore possa essere posto a carico dell'agente solo laddove sia prevedibile od evitabile e, quindi, gli sia iputabile a titolo di colpa.