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La retroattività della norma di favore è prescritta dall'art. 2 cp e non da norma di rango costituzionale.
Teoricamente, dunque, la legge penale di favore potrebbe essere costruita dal legislatore in guisa non retroattiva, salvo il rispetto del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.
Un'ipotesi di applicazione non retroattiva della legge di favore è costituito dalla legge n. 251 del 2005 che, nell'apportare modifiche alla disciplina della prescrizione del reato con disposizioni di maggiore favore rispetto al passato, ha specificatamente regolamentato il periodo transitorio onde evitare un'indiscriminata applicazione della nuova disciplina ai processi in corso; ciò che, in difetto di specifica previsione di legge, avrebbe dovuto avvenire sulla base delle disposizioni di cui all'art. 2 cp.
Tale disciplina transitoria prevedeva che la norma s'applicasse esclusivamente ai reati che si trovassero, in primo grado, in una specifica fase processuale e, cioè, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento e non a quelli che già si trovavano in fase avanzata.
La Consulta, con sentenza n. 393 del 2006, si è occupata della legittimità costituzionale della linea di demarcazione tracciata dal Legislatore, sotto il profilo del rispetto del canone di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.
La Consulta, con un intervento di tipo manipolativo, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma transitoria nella parte in cui escludeva l'applicabilità della nuova disciplina ai "processi gia' pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento...". Per effetto della richiamata pronuncia, dunque, la linea di demarcazione è stata spostata, con riferimento ai processi pendenti, più in là dell'apertura del dibattimento, sino a ricmprendere tutti i procedimenti di primo grado, sì da escludere solo i processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione.
Il dibattito si è, così, spostato verso il significato da attribuirsi al procedimento aperto in appello che segna il momento a partire dal quale risulta, per effetto della pronuncia della Consulta, applicabile la nuova disciplina dei termini prescrizionali così come prevista dall'art. 6 della legge n. 251 del 2005.
In tema di retroattività delle norme di favore, deve sottolinearsi come, con riferimento all'applicazione della norma processuale, non viga tale principio, nè d'altra parte quello costituzionale dell'irretroattività delle norme penali di sfavore. Opera, invece, il diverso principio del tempus regit actum. Si applica, cioè, la norma vigente al momento del verificarsi il fatto processuale. Il problema principale, in tali casi, è quello di verificare se sia compiuto o meno il fatto processuale cui la nuova norma fa riferimento.