L'art 2 del cp e le leggi eccezionali, i decreti non convertiti e l'incostituzionalità

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Articolo della Dott.ssa Sara Ronconi

sul portale di Brugaletta. I principi di irretroattività della legge penale e di retroattività della norma di favore, con particolare riferimento al sindacato di legittimità costituzionale sulle norme di favore.

 
Con riferimento alla questione della successione delle leggi penali ed all'applicazione delle norme di cui all'art. 2 cp, problemi particolari si pongono con riferimento alle leggi eccezionali e temporanee, con riferimento ai decreti legge non convertiti o convertiti con modificazioni e in relazione alla dichiarazione di incostituzionalità delle leggi.
 
Con riferimento alle leggi eccezionali e temporanee, il quinto comma dell'art. 2 dispone che i commi 2 e 3 (oggi 2 e 4) non trovano applicazione. La logica dell'esclusione dei principi dell'applicazione retroattiva della norma favorevole al reo e dell'inapplicabilità dei principi dell'abolitio criminis, si rinviene nella natura stessa delle leggi eccezionali e temporanee che sono destinate a regolamentare in guisa specifica determinate situazioni entro i confini di uno specifico arco temporale.
 
In tale prospettiva non si giustificherebbe l'applicazione retroattiva della norma favorevole successiva alle leggi eccezionali o temporanee con riferimento a condotte poste in essere durante la vigenza di queste. Ed infatti siffatta applicazione retroattiva priverebbe d'efficacia deterrente le incriminazioni contenute nelle leggi eccezionali stante la ragionevole aspettativa, da parte del reo, di vedersi applicata la disciplina più favorevole scaduto il termine d'efficacia della legge temporanea o venuta meno la situazione eccezionale presupposta.

D'altronde, risulterebbe priva di logica anche la simmetrica applicazione retroattiva della legge eccezionale o temporanea favorevole a situazioni verificatesi prima della sua entrata in vigore in quanto la mitigazione del trattamento sanzionatorio trova la sua giustificazione proprio nella specifica situazione di fatto che ha condotto all'approvazione della legge eccezionale o temporanea.
 
Con riferimento ai decreti legge non convertiti o convertiti con modificazioni, l'art. 2 del cp stabiliva espressamente l'applicabilità di tutte le norme ivi contenute relative alla successione delle leggi penali nel tempo. Tale previsione poneva un contrasto insanabile con l'art. 77 della Cost. a mente del quale il decreto legge non convertito (o la parte di esso non convertita in legge), viene privato d'effetti ex tunc cessando di esistere dal mondo giuridico. In tale prospettiva appare evidente che, con riferimento al decreto legge non convertito, non sia configurabile una problematica di successione di leggi penali nel tempo in quanto il decreto non convertito è : "tamquam non esset".
 
E', dunque, intervenuta la Corte Cost., con sentenza n. 51 del 1985, che ha dichiarato l'incostituzionalità del comma 5 dell'art. 2 (ora comma 6) per violazione del terzo comma dell'art. 77 Cost. E', d'altronde, evidente che risulterebbe, per altro verso, contrario a Costituzione, sotto il profilo della violazione dell'art. 25, in ipotesi di decreto legge contenente disposizione più favorevole al reo, sottoporre alla disciplina penale più aspra derogata o abrogata dal decreto legge non convertito fatti commessi durante la vigenza del decreto legge medesimo.
Occorre, dunque, distinguere le seguenti ipotesi:
 
ove il decreto legge non convertito contenga disposizione più favorevole al reo, esso continuerà a trovare applicazione ai fatti commessi sotto la sua provvisoria vigenza e non verrà applicato ai fatti commessi prima e dopo;
 
ove il decreto legge non convertito contenga disposizioni sfavorevoli per il reo esso non troverà mai applicazione.
 
Analoghe conclusioni possono essere estese alla dichiarazione d'incostituzionalità di leggi penali. In tale ipotesi, stante l'efficacia ex tunc della dichiarazione d'incostituzionalità e la conseguente rimozione dal mondo giuridico della norma dichiarata incostituzionale, è evidente che, ove la legge contenga disposizioni sfavorevoli al reo, esse non potranno più trovare applicazione e, ove sulla scorta di esse, vi sia stata una condanna, ne cesserà l'esecuzione e gli effetti penali.
 
Diverso è il discorso ove la legge dichiarata incostituzionale contenga previsione di favore per il reo in quanto, in tal caso, essa troverà applicazione con riferimento a fatti posti in essere durante la sua provvisoria vigenza. Ciò in forza del principio di cui all'art. 25 Cost. Si è, al riguardo, sottolineato che, stante l'obbligo di applicare la norma incostituzionale favorevole al reo, non sarebbe ammissibile sollevare la questione di costituzionalità nel giudizio ordinario stante l'irrilevanza della decisione della Consulta ai fini della decisione del giudizio di cognizione.
 
Tale obiezione è stata, tuttavia, respinta da altra parte della dottrina, sul rilievo che ciò porterebbe alla sottrazione di determinate norme dalla possibilità del sindacato di costituzionalità.
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