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La causa di non punibilità della reazione legittima agli atti arbitrari del pubblico ufficiale è contemplata e disciplinata dall'art. 4 del D.Lgt. n. 288 del 4 settembre 1944 che prevede la non punibilità di chi che abbia commesso uno dei delitti di cui agli articoli 336, 337, 338, 339, 341, 342, 343 del codice penale quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni.
La reazione legittima agli atti arbitrari del pubblico ufficiale, già prevista dal codice Zanardelli, era stata espunta dal codice Rocco in omaggio alla matrice autoritaria del regime. Si discute in dottrina se la reazione legittima agli atti arbitrari configuri una vera e propria causa di giustificazione o elida il coefficiente psicologica della colpevolezza in capo all'autore del fatto.
L'orientamento favorevole alla sua riconduzione nel novero delle cause di giustificazioni, ne sottolinea l'affinità con la scriminante della legittima difesa.
In tale prospettiva, si soggiunge che, ancorchè si tratti di requisito non direttamente imposto dalla norma, è pur sempre necessario che sussista un rapporto di proporzionalità tra l'atto arbitrario del pubblico ufficiale e la reazione legittima.
Sotto il profilo delle caratteristiche della condotta del pubblico ufficiale (o dell'incaricato di pubblico servizio, o dell'esercente un servizio di pubblica necessità), si è rilevato come, ai fini dell'operatività della causa di nopn punibilità in esame, non rilevi la natura colposa o dolosa della condotta medesimo essendo sufficiente la sua connotazione in termini di arbitrarietà.
La giurisprudenza ha, peraltro, avuto modo sovente di soffermarsi sulla nozione di arbitrarietà della condotta del pubblico ufficiale legittimante la reazione legittima sottolineando come le particolari modalità della condotta possano integrare la causa di non punibilità della reazione legittima agli atti arbitrari del pubblico ufficiale anche laddove sia ravvisabile una legittimità sostanziale della medesima; dovrà, in ogni caso, essere vinta la presunzione della legittimità dell'azione del pubblico ufficiale in considerazione del rischio di compromissione del principio pubblicistico dell'esecutorietà degli atti amministrativi.
Con riferimento alla nozione di arbitrarietà della condotta, si fronteggia una prima impostazione che dà, di tale nozione, un'interpretazione in chiave soggettiva richiedeno il dolo in capo al pubblico ufficiale ed una seconda impostazione che, invece, considera l'arbitrarietà come un requisito obiettivo della sua condotta.
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