Art. 353 Turbata liberta' degli incanti
Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, e' punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire duecentomila a due milioni. Se il colpevole e' persona preposta dalla legge o dalla Autorita' o agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione e' da uno a cinque anni e la multa da lire un milione a quattro milioni. Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla meta'.
Sull’ambito di operatività della previsione
Cassazione Penale Sez. VI del 19 gennaio 2000 n. 4293
In materia di turbata libertà degli incanti, la turbativa può realizzarsi non solo nel momento preciso in cui la gara si svolge, ma anche nel complesso procedimento che porta alla gara, del quale sono protagonisti gli stessi concorrenti, o fuori della gara medesima. Ciò che assume rilievo è solo il fatto che il comportamento posto in essere provochi quella lesione della libera concorrenza che la norma penale intende tutelare a garanzia degli interessi della p.a. (Fattispecie in cui alcuni concorrenti avevano concordato il ribasso d'asta da indicare nelle relative offerte).
Sull’applicabilità della turbata libertà degli incanti ai casi di appalto concorso
Cassazione Penale Sez. VI del 30 settembre 1998 n. 12238
Il reato di turbata libertà degli incanti previsto dall'art. 353 c.p., siccome previsto con esclusivo riferimento ai "pubblici incanti" o alle "licitazioni private", non è, in linea di principio, configurabile nell'ipotesi di contratti conclusi dalla p.a. a mezzo di trattativa privata, sempre che, però, quest'ultima sia svincolata da ogni schema concorsuale. A diversa conclusione devesi invece pervenire quando la trattativa privata - in linea, del resto, con un orientamento che ha trovato espressione in diversi provvedimenti normativi quali, in particolare, gli art. 9 e 29 - 32 d.lg. 19 dicembre 1991 n. 406 e gli art. 8 e 23 - 27 d.lg. 17 marzo 1995 n. 157 - sia di fatto connotata dallo svolgimento di una gara, sia pure informale, talora variamente definita come "ufficiosa", "di sondaggio", "esplorativa" ecc., che valga a renderla assimilabile alla licitazione privata, mediante la previsione di un meccanismo selettivo delle offerte provenienti dalle imprese interpellate. (Nella specie, in applicazione di tali principi, è stata esclusa la configurabilità del reato "de quo", relativamente ad una procedura promossa da una Usl che, in vista della realizzazione di un progetto di "comunicazione istituzionale ai cittadini e di educazione sanitaria", aveva inviato lettere d'invito ad alcune ditte con indicazione soltanto dei requisiti richiesti e delle formalità e termini delle eventuali offerte, senza alcun riferimento a prestabiliti criteri selettivi per la futura individuazione della ditta da prescegliere).
Sull’esclusione dell’applicazione della turbata libertà degli incanti ai contratti conclusi mediante trattativa privata
Cassazione Penale Sez. VI del 31 ottobre 1995 n. 4741
Dalla fattispecie delineata dall'art. 353 c.p. sono escluse le ipotesi in cui non si svolge una gara in pubblici incanti o in licitazione privata, ma all'aggiudicazione dell'appalto o della fornitura si addivenga mediante trattativa privata, proprio in quanto manca la gara. Poiché questa significa competizione, deve invece ritenersi la sussistenza della gara anche in quelle procedure amministrative cosiddette "informali" o di "consultazione" nelle quali la p.a. fa dipendere l'aggiudicazione di opere, forniture o servizi dall'esito dei contatti avuti con persone fisiche o rappresentanti di quelle giuridiche le quali, consapevoli delle offerte di terzi, propongono le proprie condizioni quale contropartita di ciò che serve alla p.a. In tal caso non vi è trattativa privata perché la consapevolezza, per l'offerente, di non essere il solo, innesca quella contesa che è essenziale in ogni gara. Ciò non integra una applicazione analogica della fattispecie criminosa di cui all'art. 353 c.p. - vietata in materia penale - in quanto non ne allarga l'ambito di applicazione ad ipotesi similari ma non contemplate dalla norma suddetta, bensì concreta una interpretazione estensiva, sulla base dell'eadem "ratio" che le sorregge e che è unica, volta a garantire il regolare svolgimento sia dei pubblici incanti e delle licitazioni private sia delle gare informali o di consultazione, le quali finiscono con il realizzare, sostanzialmente, delle licitazioni private allorquando del loro svolgimento in concorso ed in pratica competizione con più consultati gli interessati siano a conoscenza.
Sull’applicazione della turbata libertà degli incanti in caso di gare esplorative.
Cassazione Penale Sez. VI del 28 gennaio 2008 n. 13124
Il reato di turbata libertà degli incanti è configurabile in ogni situazione nella quale la P.A. proceda all'individuazione del contraente mediante una gara, quale che sia il "nomen iuris" conferito alla procedura ed anche in assenza di formalità. (Fattispecie relativa ad una "gara esplorativa", inerente ad una trattativa privata autoregolamentata dalla P.A. mediante forme procedimentali attuative di un meccanismo selettivo delle offerte per l'aggiudicazione di un appalto di noleggio di autovetture).
Cassazione penale sez. VI del 26 febbraio 2009 n. 11005
Il reato di turbata libertà degli incanti non è configurabile, nemmeno a livello di tentativo, prima che la procedura di gara abbia avuto inizio (nel caso di specie prima della pubblicazione di un bando di gara per la manutenzione delle strade) mancando in tale situazione il presupposto oggettivo per la realizzazione delle condotte da esso previste.
Il reato di turbata libertà degli incanti non è configurabile, neanche nella forma del tentativo, prima che la procedura di gara abbia avuto inizio, ossia prima che il relativo bando sia stato pubblicato, dovendosi ritenere carente in tale situazione il presupposto oggettivo per la realizzazione delle condotte previste dalla norma incriminatrice. (Fattispecie in cui il bando di gara per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade di una città non era stato mai pubblicato).
Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 353 c.p. occorre pur sempre che vi sia una gara: pubblici incanti, licitazioni o anche quelle procedure cosiddette informali o di consultazione nelle quali la p.a. fa dipendere l'aggiudicazione di opere, forniture o servizi dall'esito dei contatti avuti con persone fisiche o rappresentanti di quelle giuridiche le quali, consapevoli delle offerte di terzi, propongono le proprie condizioni quale contropartita di ciò che serve alla p.a. (in tali ultime procedure, infatti, non vi è trattativa privata, perché la consapevolezza, per l'offerente, di non essere il solo, innesca quella "contesa" che è essenziale in ogni gara). Ne deriva che il reato "de quo" non può configurarsi, nemmeno a livello di tentativo, prima che la procedura di gara abbia inizio: ciò che si verifica con la pubblicazione del relativo bando, attraverso il quale la p.a. regola il procedimento e assume un impegno "de contrahendo" con i concorrenti prescelti al suo esito. (Fattispecie nella quale la Corte, sul rilievo che il bando della gara "incriminata" non era stato pubblicato, ha annullato la misura cautelare adottata per il reato di cui all'art. 353 c.p.).
In tema di turbata libertà degli incanti, benché rientrino nella tutela penale anche le procedure amministrative cd. "informali" o "di consultazione", nelle quali la p.a. fa dipendere l'aggiudicazione di opere, forniture o servizi dall'esito dei contatti avuti con soggetti i quali, consapevoli delle offerte di terzi, propongano le proprie condizioni come contropartita di ciò che serve alla stessa p.a., è comunque indispensabile, ai fini della configurabilità del reato, che una procedura di gara abbia avuto inizio, e quindi che il relativo bando sia stato pubblicato, mancando altrimenti il presupposto oggettivo per la realizzazione delle condotte previste dalla norma incriminatrice.
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