La pensione ai superstiti erogata da Inrcassa spetta anche se il de cuius sia deceduto essendo già cancellato dall'associazione. Non è necessaria la costanza di iscrizione al momento del decesso ai fini del diritto alla pensione ai superstiti. E' quanto affermato dalla Corte Suprema in una recente sentenza che vedeva contrapposti Inarcassa e soggetto superstite di un professionista iscritto all'ente in epoca antecedente a quella dell'avvenuto decesso e successivamente cancellatosi prima del decesso stesso.
Cassazione civile, sez. lav., 24/11/2015, n. 23953
Ai fini dell'attribuzione della pensione ai superstiti a carico di Inarcassa, non è necessaria l'attualità dell'iscrizione del professionista al momento del decesso, in quanto né l'art. 30 dello Statuto della Cassa, né l'art. 7, comma 3, della l. n. 6 del 1981, come modificato dall'art. 5 della l. n. 290 del 1990, richiedono che il rischio protetto si verifichi in corso di iscrizione.
1. Preliminarmente, va disposta la riunione dei giudizi in quanto proposti avverso la medesima sentenza resa in grado di appello.
2. Con l'unico motivo di ricorso Inarcassa censura la statuizione con la quale la Corte d'Appello di Torino ha riconosciuto il diritto di B.M.L. all'attribuzione della pensione indiretta di cui all'art. 30 dello Statuto della Cassa, ritenendo non necessaria l'iscrizione dell'architetto o ingegnere alla Cassa medesima al momento del decesso.
L'art. 30, comma 3, citato, stabilisce "la pensione indiretta spetta, nei casi e alle condizioni di cui al comma 1, ai coniugi e ai figli dell'iscritto defunto senza diritto a pensione, sempre che quest'ultimo abbia maturato al momento del decesso almeno due anni anche non consecutivi di effettiva iscrizione e contribuzione ad Inarcassa".
2.1. La Corte d'Appello ha affermato in proposito: che la suddetta disposizione non richiedeva che, al momento del decesso, il professionista fosse iscritto alla Cassa, ma solo che a tale momento egli potesse vantare due anni di iscrizione e contribuzione;
che l'espressione defunto, subito dopo la parola iscritto andava ricollegata all'espressione senza diritto a pensione, e doveva essere interpretata non già nel senso che il defunto dovesse essere iscritto al momento della morte, ma nel senso che l'iscritto era deceduto senza diritto a pensione;
che il termine iscritto appariva del resto utilizzato in senso atecnico e riferito perciò a soggetto che, ancorchè non attualmente, avesse intrattenuto un rapporto assicurativo con la Cassa.
2.2. Il motivo di ricorso di Inarcassa ha ad oggetto: violazione e falsa applicazione della L. n. 6 del 1981, art. 7, comma 3 e dell'art. 30, comma 3, dello Statuto Inarcassa; contraddittoria e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (il fatto controverso riguarda la necessità, ai fini della maturazione del diritto dei superstiti alla pensione indiretta, che l'ingegnere o l'architetto risulti iscritto all'Inarcassa al momento del decesso).
Espone la ricorrente che l'istituto in questione rinviene la propria origine nella cd. pensione ai superstiti, già disciplinata dal D.P.R. n. 521 del 1961, artt. 13 e 14, e quindi nel D.P.R. 30 maggio 1975, n. 301, artt. 13 e 14, sino a giungere alla L. n. 6 del 1981, art. 7, comma 3, come modificata dalla L. n. 290 del 1990, art. 5.
Prospetta la Cassa che il contenuto precettivo delle disposizioni così richiamate, anteriori alla L. n. 6 del 1981, poneva in evidenza come l'accesso dei superstiti alla prestazione previdenziale de qua fosse condizionata alla sussistenza dello status di iscritto del de cuius, e come tale accesso divenisse progressivamente più restrittivo con il crescere dell'età che il de cuius presentava al momento dell'iscrizione o reiscrizione alla Cassa, essendo la prestazione del trattamento pensionistico subordinata al raggiungimento di un numero di anni di anzianità contributiva via via più elevato in relazione, appunto, all'età che il professionista aveva al momento della iscrizione o reiscrizione alla Cassa.
Il riferimento all'età del professionista al momento dell'iscrizione o reiscrizione alla Cassa appariva, peraltro, un chiaro indicatore di come il legislatore avesse imposto la necessità della costanza di iscrizione al momento del decesso.
La disciplina di cui alla L. n. 6 del 1981, art. 7 espressamente, invece, non richiedeva la contestualità dell'iscrizione al momento del decesso dell'iscritto. Ciò, ad avviso della Cassa, al fine di contemperare i più severi parametri stabiliti per accedere alla pensione indiretta, e cioè la continuità dell'iscrizione e contribuzione alla Casa da data anteriore al compimento del quarantesimo anno di età, e l'elevazione a dieci anni dell'anzianità minima contributiva.
Le modifiche introdotte dalla L. n. 290 del 1990 alla L. n. 6 del 1981, art. 7, comma 3, - che, nel testo novellato, sanciva: "la pensione indiretta spetta nei casi e alle condizioni di cui al comma 1, al coniuge ed ai figli dell'iscritto defunto senza diritto a pensione, semprechè quest'ultimo abbia maturato al momento del decesso almeno cinque anni ancorchè non consecutivi di effettiva iscrizione e contribuzione alla Cassa" - operavano un ritorno al passato, con una attenuazione dei requisiti previsti per l'accesso alla pensione indiretta, poichè gli anni di contribuzione erano ridotti da dieci a cinque, veniva meno il requisito della continuità dell'iscrizione e contribuzione alla Cassa e veniva eliminato il riferimento all'età del professionista al momento del riscrizione alla Cassa.
Però, veniva anche meno la precedente previsione relativa alla spettanza della pensione anche se l'iscrizione era cessata al momento del decesso.
Tale quadro normativo, deduce la Cassa, fa ritenere necessario, in ragione della disciplina applicabile ratione temporis, che la morte dell'iscritto avvenga in costanza di iscrizione. Quindi, erroneamente, e con motivazione insufficiente, la Corte d'Appello aveva riconosciuto il diritto della B. alla pensione indiretta, pur in mancanza di tale contestualità.
2.3. Il motivo non è fondato.
Nè l'art. 30 dello Statuto Inarcassa, nè la L. n. 6 del 1981, art. 7, comma 3, come modificato dalla L. n. 290 del 1990, richiedono quale condizione per l'attribuzione della pensione indiretta ai superstiti che il rischio protetto si verifichi in corso di iscrizione alla Cassa.
La Corte d'Appello, con congrua motivazione che si sottrae alle censure prospettate, ha puntualmente interpretato le suddette disposizioni attenendosi al canone di ermeneutica contenuto nell'art. 12 preleggi: secondo il quale "nell'interpretare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e l'intenzione del legislatore".
Il giudice di secondo grado, infatti, ha rilevato che la valenza temporale dell'aggettivo "defunto", non può che riferirsi alla espressione che immediatamente la segue "senza diritto a pensione", e non al sostantivo "iscritto" che la precede ma la cui contiguità non indica la necessità di alcuna coincidenza temporale tra iscrizione e decesso.
Il Collegio deve aggiungere che la Corte d'Appello non si è arrestata alla interpretazione letterale delle suddette disposizioni, pur nel caso decisiva, ma ha trovato alla stessa conferma in quella logico-sistematica, rilevando come la medesima risultasse coerente e non contraddittoria con il contenuto del precedente testo della L. n. 6 del 1981, art. 7, che già escludeva la necessità dell'attualità dell'iscrizione alla Cassa al momento del decesso.
3. Il ricorso principale va, quindi, rigettato.
4. Al rigetto del ricorso principale segue l'assorbimento del ricorso incidentale che verte sulla statuizione della Corte d'Appello che ha rigettato la domanda di restituzione dei contributi versati per il periodo anteriore al 1 dicembre 2012, ed è articolato nei seguenti due motivi:
Insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento all'art. 40 dello Statuto Inarcassa, alla L. n. 6 del 1981, artt. 1 e 20, agli artt. 1324, 1362, 1365, 1366, 1367 e 1369 c.c. e all'art. 38 Cost.;
violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, comma 1, n. 3, con riferimento all'art. 1224 c.c., nonchè agli artt. 429 e 442 c.p.c., nonchè all'art. 40 dello Statuto Inarcassa.
5. Alla soccombenza consegue la condanna della Cassa ricorrente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in dispositivo.