Ha creato clamore la sentenza del Tribunale Civile di Firenze con la quale è stata riconosciuta "l'indennità di maternità" al padre avvocato sulla scorta della pronuncia della Corte Costituzionale n. 385/2005.
Deve, al riguardo, rilevarsi come, con una serie di precedenti interventi, la giurisprudenza di merito aveva negato la possibilità di riconoscere agli avvocati l'indennità di maternità sulla base del principio di diritto secondo cui: "spetta necessariamente al legislatore prevedere e regolamentare i casi e le modalità di godimento dell'indennità di maternità per i professionisti padri a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 385 del 2005".
Il caso sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale n. 385/2005 riguardava la: "legittimità costituzionale degli artt. 70 e 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non consentono al padre libero professionista, affidatario in preadozione di un minore, di beneficiare - in alternativa alla madre - dell'indennità di maternità durante i primi tre mesi successivi all'ingresso del bambino nella famiglia".
Sulla base di una ricostruzione storica della normativa e della giurisprudenza costituzionale in materia di protezione della maternità e della famiglia, la Corte Costituzionale aveva concluso con una declaratoria dell'illegittimità costituzionale: "degli artt. 70 e 72 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), nella parte in cui non prevedono il principio che al padre spetti di percepire in alternativa alla madre l'indennità di maternità, attribuita solo a quest'ultima".
Il dispositivo testè trascritto non fa alcun riferimento alla fattispecie della quale la Corte Costituzionale aveva avuto modo di occuparsi ed ha, pertanto, favorito iniziative giudiziarie, da parte di avvocati padri, volte a richiedere, anche in ipotesi di filiazione biologica, l'indennità di maternità in alternativa alla madre.
Le domande, come detto svolte, per lo più, da genitori avvocati sono state, in massima parte, respinte (Trib. di Rovigo sent. 20 febbraio 2008, n. 29; Trib. di Brescia, sent. 25 febbraio 2008 e Trib. di Roma, sent. 21 marzo 2008, n. 1174 contra Trib. di Firenze sent. n. 710/2008 del 29 maggio 2008).
In particolare, secondo il Trib di Rovigo, la pronuncia della Corte Costituzionale era da intendersi come una sentenza additiva di principio che lasciava al Legislatore il compito di realizzare la parità di trattamento tra i coniugi, sicchè, in difetto dell'intervento del legislatore, nessun automatico diritto poteva riconoscersi al padre avvocato in alternativa alla madre.
In effetti il dispositivo della pronuncia della Consulta fa esplicito riferimento alla mancata previsione di un principio della spettanza alternativa dell'indennità e, in conclusione di motivazione, precisa come sia comunque : "riservato al legislatore il compito di approntare un meccanismo attuativo che consenta anche al lavoratore padre un'adeguata tutela".
Invero, a prescindere dal pur condivisibile argomento in ordine alla natura additiva di principio della sentenza della Corte Costituzionale, era proprio l'oggetto della sua cognizione che avrebbe potuto, a sommesso parere di chi scrive, condurre ad escludere la sua applicabilità al diverso caso della filiazione biologica in quanto il dispositivo doveva leggersi in correlazione con la motivazione e, quindi, come riguardante esclusivamente il caso dell'affidamento preadottivo. Peraltro, in tale limitato ambito applicativo, la portata della pronuncia della Corte Cost. avrebbe potuto anche essere quella di un'additiva pura e semplice e non di un'additiva di principio. Resta, però, il dato letterale che, indubbiamente, lascia propendere per l'interpretazione suggerita dal Trib. di Rovigo in ordine alla natura di additiva di principio della pronuncia, anche in considerazione della generale diversità esistente tra il lavoro dipendente, che postula l'astensione dal lavoro e quello libero professionale che, invece, tale astensione non richiede.
V'è da aggiungere che, secondo i sostenitori dell'autonomia normativa delle casse privatizzate, la pronuncia della Corte Costituzionale potrebbe trovare attuazione anche attraverso regolamenti interni.