Il contratto di hosting, come noto, ha per oggetto la messa a disposizione in favore di un soggetto di una parte delle risorse di spazio di memoria digitale contenute all'interno di un server al fine di rendere visibile su internet materiale informativo del destinatario del servizio. Sotto il profilo normativo, con la direttiva 2000/31, il legislatore comunitario ha definito il servizio oggetto del contratto di hosting come la prestazione consistente nella: "memorizzazione delle informazioni fornite da un destinatario del servizio". Analoga definizione utilizza il legislatore nazionale, nell'art. 16 del D.Lgs. n. 70/2003.
Le obbligazioni tipiche che formano oggetto di un contratto di hosting sono, dunque, da parte del provider, la messa a disposizione di uno spazio di memoria digitale, la pubblicazione del materiale informativo fornito dal destinatario del servizio, previa traduzione in un linguaggio compatibile con la rete telematica ed il mantenimento di una stabile interconnessione con la rete telematica delle apparecchiature messe a disposizione del destinatario del servizio. In tal senso, ulteriore obbligazione del provider, è quella di mantenere in buono stato di efficienza il sistema informatico e telematico preservandolo, in particolare, da virus che ne compromettano la funzionalità. Le obbligazioni tipiche del destinatario del servizio in un contratto di hosting sono, invece, il pagamento del corrispettivo e l'obbligo di non pubblicare materiale informativo illecito e/o che violi diritti dei terzi (onore, decoro, immagine, privacy, diritti di proprietà intellettuale, di privativa industriale ecc. ecc.).
Sempre sotto il profilo descrittivo, il contratto di hosting, atipico, può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato ed è stato ricondotto, sul piano della ricostruzione generale, alla figura della somministrazione di servizi ovvero, ma l'inquadramento non convince, a quella della locazione.
Come già anticipato, il Legislatore nazionale ha recepito il contratto di hosting nell'art. 16 del D.Lgs. n. 70/2003, disciplinandone i profili riguardanti la responsabilità del provider in ordine al materiale informativo pubblicato sulla rete, per suo tramite, da parte del destinatario del servizio.
Tale delicata questione era già stata più volte oggetto d'attenzione da parte della giurisprudenza di merito che aveva oscillato tra l'individuazione di un dovere di sorveglianza, in capo al provider, assimilabile a quello di un editore di un giornale o di un'emittente televisiva e la riconduzione della fattispecie nell'alveo della responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., con la conseguenza di ritenere esente dalla "culpa in vigilando" il provider medesimo.
Tra i due poli, il Legislatore nazionale ha sposato la tesi della responsabilità del provider ex art. 2043 c.c. ritenendo impossibile esigere, nell'ambito di un contratto di hosting, una vigilanza completa sul materiale informativo fornito dal destinatario del servizio.
In particolare, l'art. 16 del D.Lgs. n. 70/2003 prevede che il prestatore del servizio non sia responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio a condizione che detto prestatore non sia a conoscenza del fatto che l'attività o l'informazione è illecita e, per quanto riguarda le azioni risarcitorie, non sia a conoscenza di fatti e/o circostanze che rendano manifesta l'illiceità dell'informazione, nonchè a condizione che, non appena a conoscenza di tali fatti e su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l'accesso.
Il successivo art. 17 del D.Lgs. n. 70/2003 sancisce, poi, a chiare lettere, che il prestatore non è assoggettato ad alcun dovere di sorveglianza sulle informazioni che memorizza nell'adempimento delle obbligazioni di un contratto di hosting.
Sempre ai sensi del succitato art. 17, il provider, nell'esecuzione di un contratto di hosting, risulta unicamente tenuto alla diligente cooperazione con le autorità giudiziaria e amministrativa, segnalando attività, delle quali abbia avuto conoscenza e che risultino presuntivamente illecite e fornendo, su richiesta delle medesime autorità, ogni informazione che consenta l'identificazione del destinatario del servizio di hosting al fine di individuare e prevenire attività illecite.
Alla luce delle disposizioni di cui agli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 70/2003 appare chiaro l'intendimento del Legislatore di svincolare il provider dall'obbligo di sorveglianza sul materiale informativo pubblicato sulla rete per suo tramite e dalla conseguente responsabilità nei confronti dei terzi in relazione agli illeciti commessi dai destinatari del servizio.
L'opzione appare, invero, condivisibile atteso che l'assimilazione, pure prospettata in giurisprudenza, del provider ad un editore di giornale non ponderava adeguatamente la concreta difficoltà di passare al vaglio tutte le informazioni fornite dai destinatari del servizio e la sproporzione di tale richiesta attività di vigilanza con i corrispettivi comunemente pattuiti nell'ambito di un contratto di hosting.
E, tuttavia, il Legislatore, nel condivisibile obiettivo di sottrarre il provider da quella che rischiava di concretizzarsi in una vera e propria forma di responsabilità oggettiva, ha, probabilmente, perso l'occasione per dotare anche il terzo (pregiudicato dalle informazioni pubblicate, per il tramite del provider, dal destinatario del servizio), di adeguate forme di tutela, anche, e soprattutto, prevedendo forme di collaborazione da parte del provider.
Ed infatti il provider non ha alcun obbligo di cooperare direttamente con il terzo, essendo tenuto, sotto vari profili (obbligo di rimozione, di segnalazione e di assistenza nell'identificazione del responsabile cfr. artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 70/2003), unicamente a cooperare con l'Autorità giudiziaria e con l'Autorità amministrativa preposta alla vigilanza.
Anche sotto il profilo risarcitorio, la responsabilità diretta del provider nei confronti del terzo presuntivamente leso da informazioni diffuse dai suoi server, anche a seguito di specifica segnalazione, può configurarsi solo allorchè sia al corrente di fatti o di circostanze che rendano manifesta l'illiceità dell'attività o dell'informazione.
Ora, se l'esonero da una generale responsabilità del provider per vigilanza appare condivisibile, l'attenuazione della responsabilità ex art. 2043 c.c. una volta che il provider sia messo al corrente dell'attività illecita perpetrata dal destinatario del servizio (e, quindi, messo in grado di intervenire) non appare altrettanto congrua.
In particolare, sarebbe stato opportuno prevedere forme di cooperazione del provider con il terzo, quanto meno sotto il profilo dell'identificazione del destinatario del servizio presuntivamente responsabile dell'illecito e/o un obbligo di intervento formale nei confronti del destinatario del servizio pena, in difetto, la corresponsabilità nell'illecito.
Il Legislatore ha, invece, preferito riservare alle Autorità giudiziaria e amministrativa il compito di sollecitare il provider ad attivarsi per prevenire o rimuovere attività illecite mantenendo ridotti i margini di contatto con gli utenti della rete.