Cass Civ Sez Lav n 22240/2004

 

 

 

 tutti gli approfondimenti tematici sul sistema previdenziale della Cassa Ragionieri

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                           
Dott. CICIRETTI     Stefano  - Presidente -                         
Dott. SPANÒ         Alberto  - Consigliere -                        
Dott. DE LUCA       Michele  - rel. Consigliere -                   
Dott. VIGOLO        Luciano  - Consigliere -                        
Dott. GUGLIELMUCCI  Corrado  - Consigliere -                        
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VACCA SERGIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA  DEL  CORSO  107, presso lo  studio  dell'avvocato  ANTONIO  PILEGGI,  che  lo  difende unitamente all'avvocato TIZIANA GERLIN BALDIZZONE, giusta  delega  in atti;

ricorrente –

contro

ASSOCIAZIONE CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA E ASSISTENZA A FAVORE  DEI RAGIONIERI E PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEGLI  SCIPIONI  N 288, presso  lo  studio  dell'avvocato  PICCININNO  SILVANO,  che  lo difende, giusta procura speciale atto notar STEFANIA AGOSTINO di ROMA del 15.06.2004 rep. n. 37347;

resistente con procura –

avverso la sentenza n.  1140/01  della  Corte  d'Appello  di  TORINO, depositata il 14/01/02 - R.G.N. 1636/2000;
udita la relazione della causa  svolta  nella  Pubblica  udienza  del 07/07/04 dal Consigliere Dott. Michele DE LUCA;
udito l'Avvocato PILEGGI;
udito l'Avvocato PICCININNO;
udito il P.M. in persona del  Sostituto  Procuratore  Generale  Dott. SALZANO Francesco che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo ed assorbimento del secondo motivo del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza ora denunciata, la Corte d'appello di Torino riformava, in accoglimento dell'appello principale dell'Associazione Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali (C.N.P.R.), la sentenza del Tribunale della stessa sede in data 8 giugno 2000 - che aveva accolto la domanda subordinata proposta da Sergio Vacca contro la stessa Cassa, per ottenere la restituzione dei contributi integrativi del contributo soggettivo obbligatorio (di cui all'articolo 31 legge 30 dicembre 1991, n. 414), in quanto non utilizzabili a seguito della introduzione di un massimale di pensione (con delibera 28 giugno 1997 del Comitato dei delegati della Cassa, approvata con decreto del Ministro del lavoro 31 luglio 1997) - mentre rigettava l'appello incidentale condizionato del Vacca, diretto ad ottenere l'accoglimento della propria domanda principale, avente ad oggetto declaratoria di invalidità della citata delibera e, per l'effetto, il riconoscimento del proprio diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico sulla base del regime vigente anteriormente alla introduzione del tetto (nonché l'accoglimento di domande subordinate).
Osservava, infatti, il giudice d'appello:
- come rilevato dal primo giudice, la delibera del comitato dei delegati (approvata con decreto ministeriale) - che ha introdotto il massimale di pensione- è conforme all'articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n, 335 - nella parte in cui prevede che, "allo scopo di assicurare l'equilibrio di bilancio", gli enti previdenziali privatizzati (quale la Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali) adottano "provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti" - in quanto è riservata alla autonomia dell'ente la valutazione delle "esigenze di equilibrio finanziario onde adottare le decisioni più opportune nell'esercizio delle prerogative riconosciutegli dalla legge" e, peraltro, i contributi - versati e non utilizzati a fini pensionistici - "valgono per tutte le prestazioni potenzialmente erogabili dalla Cassa" e, comunque, sono "manifestazione della solidarietà" e, come tali, impediscono di "scindere i contributi in relazione alle singole prestazioni assicurative e di porre i medesimi in relazioni sinallagmatiche con queste" ed impongono, quindi, il rigetto "anche della domanda formulata in via di estremo subordine dall'appellante incidentale": - peraltro - in difetto di qualsiasi previsione normativa in tal senso - non compete, nella ipotesi considerata, neanche la restituzione dei contributi non utilizzabili a fini pensionistici.
Avverso la sentenza d'appello, Sergio Vacca propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.
L'intimato non ha depositato controricorso, ma ha partecipato all'udienza di discussione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso - denunciando (ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione falsa applicazione di norme di diritto (ari 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335) - Sergio Vacca censura la sentenza impugnata per avere rigettato la propria domanda principale (riproposta con l'appello incidentale), diretta ad ottenere declaratoria di invalidità della delibera 28 giugno 1997 del Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali (approvata con decreto 31 luglio 1997 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale) - che aveva introdotto il massimale (tetto) del trattamento pensionistico - e, per l'effetto, il riconoscimento del proprio diritto alla riliquidazione del trattamento pensionistico sulla base del regime vigente anteriormente alla introduzione del massimale (tetto), sebbene la stessa delibera (approvata dal decreto ministeriale) fosse illegittima, in quanto ne risultava, da un lato, violato il "principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate" e, dall'altro, "abrogata, con effetto retroattivo", la disposizione (articolo 31 legge 30 dicembre 1991, n. 414) - che aveva istituito i contributi facoltativi, integrativi del contributo soggettivo obbligatorio - pregiudicando, così, il proprio "diritto (...) ad un trattamento pensionistico, commisurato all'intera contribuzione versata, compresa quella facoltativa, senza brutali 'tagli' derivanti dalla successiva fissazione di un tetto", peraltro introdotto quando allo stesso ricorrente "mancavano meno di tre anni ai fini del raggiungimento del diritto alla pensione di anzianità".
Il primo motivo di ricorso è fondato.
L'accoglimento, che ne consegue, dello stesso motivo - in quanto investe, fondatamente, il rigetto della domanda principale dell'attuale ricorrente, diretta ad ottenere declaratoria di invalidità della delibera 28 giugno 1997 del Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali (approvata con decreto 31 luglio 1997 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale) - all'evidenza, assorbe il secondo motivo di ricorso, che censura il rigetto della domanda, proposta dallo stesso ricorrente, subordinatamente al rigetto, appunto, della propria domanda principale.
2. Invero la disposizione (articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335, Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) - che costituisce base giuridica e parametro di legittimità della delibera 28 giugno 1997 del Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali (approvata con decreto 31 luglio 1997 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale), istitutiva del massimale (tetto) per il trattamento pensionistico a carico della Cassa - sancisce testualmente:
"Nel rispetto dei principi di autonomia affermati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, relativo agli enti previdenziali privatizzati, allo scopo di assicurare l'equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall'art. 2, comma 2, del predetto decreto legislativo, la stabilità delle rispettive gestioni è da ricondursi ad un arco temporale non inferiore a 15 anni.
In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dall'art. 2, comma 2, del predetto decreto, sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione del coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti.
Nei regimi pensionistici gestiti dai predetti enti, il periodo di riferimento per la determinazione della base pensionabile è definito, ove inferiore, secondo i criteri fissati all'art. 1, comma 17, per gli enti che gestiscono forme di previdenza sostitutive e al medesimo art. 1, comma 18, per gli altri enti. Ai fini dell'accesso ai pensionamenti anticipati di anzianità, trovano applicazione le disposizioni di cui all'art. 1, commi 25 e 26, per gli enti che gestiscono forme di previdenza sostitutive, e al medesimo art. 1, comma 28, per gli altri enti. Gli enti possono optare per l'adozione del sistema contributivo definito ai sensi della presente legge".
Ne risultano richiamate - implicitamente o esplicitamente - le disposizioni (di cui all'articolo 2 decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, spec. commi 1 e 2), che sanciscono testualmente:
"1. Le associazioni o le fondazioni (risultanti dalla trasformazione, ai sensi del precedente articolo 1, degli enti previdenziali, a seguito della loro privatizzazione: n.d.e.) hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei principi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto in relazione alla natura pubblica dell'attività svolta.
2. La gestione economico-finanziaria deve assicurare l'equilibrio di bilancio mediante l'adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi con periodicità almeno triennale (...).
Il principio del pro-rata risulta, poi, esplicitamente enunciato (dall'articolo 1, comma 12, della stessa legge 8 agosto 1995, n. 335, cit.) - con riferimento specifico al passaggio, dal sistema retribuivo al sistema contributivo di calcolo della pensione, per i lavoratori soggetti ad entrambi i sistemi (lavoratori assicurati, che, alla data del 31 dicembre 1995, possono far valere un'anzianità contributiva inferiore a diciotto anni) - nel senso che "la pensione è determinata dalla somma: a) della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data; b) della quota di pensione corrispondente ai trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo".
Ad avviso della Corte, risulta in contrasto con il combinato disposto prospettato - siccome denunciato dall'attuale ricorrente, anche nel giudizio d'appello - la delibera 28 giugno 1997 del Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali (approvata con decreto 31 luglio 1997 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale), che ha introdotto il massimale (tetto) per il trattamento pensionistico a carico della stessa.
Cassa.
3. In funzione dell'obiettivo perseguito (enunciato contestualmente) - di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni - risultano, bensì, ribaditi dall'articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335, cit.) i "principi di autonomia affermati dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, relativo agli enti previdenziali privatizzati".
L'autonomia degli stessi enti, tuttavia, incontra i limiti imposti - oltre che dalla stessa disposizione che la prevede (articolo 2 decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, cit., spec. comma 1, appunto), anche - dalla previsione specifica (nel secondo periodo dello stesso articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335, cit.) dei provvedimenti che gli enti possono adottare in funzione, appunto, dell'obiettivo perseguito.
Si tratta - come è stato riferito - dei "provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti".
Ne risulta, quindi, non solo la definizione dei tipi di provvedimento da adottare - identificati, appunto, in base al loro contenuto ("variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico") - ma anche la imposizione del "rispetto del principio del pro rata (...)".
Coerentemente, l'autonomia degli enti previdenziali privatizzati può esercitarsi - entro gli stessi limiti - nella scelta, cioè, di uno di quei provvedimenti ed, in ogni caso, nel "rispetto del principio del pro rata (...)".
Esula, tuttavia, dal novero (una sorta di numerus clausus) degli stessi provvedimenti - e risulta incompatibile, peraltro, con il "rispetto del principio del pro rata (...)" - qualsiasi provvedimento degli enti previdenziali privatizzati (quale, nella specie, la delibera 28 giugno 1997 del Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali, approvata con decreto 31 luglio 1997 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, cit.), che introduca - a prescindere dal "criterio di determinazione del trattamento pensionistico" - il massimale (tetto), quale limite esterno, dello stesso trattamento.
4. Intanto la imposizione di un massimale (tetto) - al trattamento pensionistico a carico dell'ente previdenziale privatizzato - non integra, all'evidenza, né una "variazione delle aliquote contributive", né una "riparametrazione dei coefficienti di rendimento".
Alla stessa conclusione deve pervenirsi, tuttavia, con riferimento ad "ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico".
La previsione relativa - aggiunta, in via emendativa, al testo originario del disegno di legge (A.S. n. 1953, A.C. n. 2649, 12^ legislatura), nel corso dell'esame parlamentare - intende riferirsi, infatti, a tutti i provvedimenti, che - al pari di quelli specificamente identificati nominatim (di "variazione delle aliquote contributive", appunto, e di "riparametrazione dei coefficienti di rendimento") - incidano su "ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico".
Ne esula, quindi, qualsiasi provvedimento, che - lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico - imponga, comunque, un massimale (tetto) allo stesso trattamento - già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili - quale limite esterno della sua misura.
5. A prescindere dalle superiori considerazioni - peraltro assorbenti - fondate sulla tipologia dei provvedimenti considerati, la soluzione prospettata risulta confortata, vieppiù, dalla contestuale imposizione del "rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti".
Ne risulta implicitamente escluso, infatti, qualsiasi provvedimento, che - non incidendo sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, ma, in ipotesi, soltanto sullo stesso trattamento, già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili - non sia compatibile con il "rispetto del principio del pro rata", in quanto il principio stesso è stabilito, proprio, "in relazione alle anzianità già maturate", che concorrono, appunto, alla determinazione di quel trattamento.
6. Del resto, è stata, proprio, l'adozione del sistema contributivo - per il calcolo del trattamento pensionistico - ad essere considerata quale uno (e, forse, il più importante) degli altri criteri di determinazione dello stesso trattamento. Né può essere trascurato che l'adozione del sistema contributivo - siccome "definito ai sensi della presente legge" e, quindi, con il rispetto del principio del pro rata (ai sensi dell'articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335, cit.) - risulta contestualmente prevista (dall'ultimo periodo dello stesso articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335, cit.), sia pure come intervento strutturale, riservato alla autonomia degli enti previdenziali privatizzati ("Gli enti possono optare per l'adozione del sistema contributivo"). All'evidenza irragionevole risulterebbe, infatti, una qualsiasi soluzione diversa con riferimento alla ipotesi - che qui interessa - di adozione dello stesso sistema contributivo, quale provvedimento congiunturale, in funzione dell'obiettivo (di cui all'articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335, cit.).
7. La soluzione prospettata risulta, altresì, coerente con la ratio legis, che - nella realizzazione dell'obiettivo perseguito (di cui all'articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335, cit.), di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni - intende salvaguardare, tuttavia, le posizioni già maturate dagli assicurati - mediante l'imposizione, appunto, del "rispetto del principio del pro rata", ai provvedimenti, con esso compatibili, individuati contestualmente - conciliando, cosi, la tendenziale corrispondenza tra contributi e prestazioni - come stabilita, pro rata appunto, da ciascuna delle discipline che si siano succedute nel tempo - con il principio di solidarietà (art. 2 cost.), coerente, da un lato con la "natura pubblica dell'attività"- svolta dagli stessi enti previdenziali, anche dopo la loro privatizzazione (articolo 2, comma 1, decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, cit.) - e, sotteso, dall'altro, all'obiettivo perseguito (di cui all'articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335, cit., appunto), all'evidenza funzionale alla assicurazione - anche per il futuro remoto (arg. ex art. 2 decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, cit.) - della erogazione delle pensioni (come di ogni altra prestazione) a carico degli enti previdenziali privatizzati, appunto, senza possibilità di fare ricorso - che risulta precluso, infatti, agli stessi enti (arg. ex art. 1, commi 32 e 33, n. 4, legge 24 dicembre 1993, n. 537, Interventi correttivi di finanza pubblica; 2 decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, cit.) - a "finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario" (vedi, per tutte, Corte cost. n. 1008 del 1988, 248 del 1997; Cass. n. 12274 del 2003 ed, ivi, riferimenti ulteriori di giurisprudenza; le sentenze della Corte costituzionale n. 173/86 e, rispettivamente 349/85, 211/97, 416/99 - invocate dalle parti, anche nel corso della discussione orale - riguardano, invece, la compatibilità - con il vigente sistema costituzionale - di interventi del legislatore ordinario, che introducano un massimale di retribuzione pensionabile oppure, rispettivamente, modifiche in peius - per gli assicurati - della disciplina pensionistica, anche in funzione dell'equilibrio di bilancio della gestione previdenziale, sia pure entro limiti, stabiliti contestualmente, ed, in ogni caso, con la salvaguardia dei diritti quesiti).
8. La sentenza impugnata si discosta dal principio di diritto enunciato - laddove rigetta la domanda principale dell'attuale ricorrente, diretta ad ottenere declaratoria di illegittimità ed invalidità della delibera 28 giugno 1997 del Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali (approvata con decreto 31 luglio 1997 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale), istitutiva del massimale (tetto) per il trattamento pensionistico a carico della Cassa - e merita, quindi, le censure che le vengono mosse con il primo motivo di ricorso.
Tanto basta per accogliere lo stesso motivo - con assorbimento, per quanto si è detto, del secondo motivo di ricorso - in base al seguente principio di diritto:
"Gli enti previdenziali privatizzati (quale l'Associazione Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali) non possono adottare - in funzione dell'obiettivo (di cui all'articolo 3, comma 12, legge 8 agosto 1995, n. 335), di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni - provvedimenti che - lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico - impongano un massimale (tetto) allo stesso trattamento (quale, nella specie, la delibera 28 giugno 1997 del Comitato dei delegati della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e dei periti commerciali, approvata con decreto 31 luglio 1997 del Ministro del lavoro e della previdenza sociale) - e, come tali, risultino peraltro incompatibili con il rispetto del principio del pro rata, in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dagli stessi provvedimenti".
9. Pertanto deve essere accolto il primo motivo e dichiarato assorbito il secondo motivo di ricorso.
Per l'effetto, la sentenza impugnata va cassata - in relazione al motivo accolto - con rinvio ad altro giudice d'appello - designato in dispositivo - perché proceda al riesame della controversia - uniformandosi al principio di diritto enunciato - e provveda, contestualmente, al regolamento delle spese di questo giudizio di Cassazione (art. 395, 3 comma, c.p.c.).

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso; Cassa la sentenza impugnata - in relazione al motivo accolto - con rinvio alla Corte d'appello di Genova, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 7 luglio 2004.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 25 NOV. 2004
 
 

RICHIEDI CONSULENZA