L’azione di reintegrazione del possesso

L’azione di reintegrazione è la prima delle azioni possessorie disciplinate dal codice ed è concessa a chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso entro l’anno dal sofferto spoglio o entro l’anno dalla sua scoperta in caso di spoglio clandestino, a condizione che la mancata conoscenza non sia imputabile a colpa. L’azione di reintegrazione è concessa, oltre che al possessore, al detentore qualificato, che non detenga, cioè, la cosa per ragioni di ospitalità o nell’interesse altrui.

Con riferimento alla situazione del detentore, esplorando la casistica giurisprudenziale, l’azione di reintegrazione non è stata riconosciuta, al depositario nei confronti del depositante, all’amministratore ed al gestore con riferimento ai beni amministrati o gestiti. E’ stata, invece, ritenuta esperibile l’azione di reintegrazione da parte del conduttore, del sub conduttore, dell’appaltatore, del comodatario.

Sotto il profilo della legittimazione passiva, l’azione è esperibile nei confronti dell’autore materiale o morale dello spoglio. L’autore morale dello spoglio legittimato passivamente nell’azione di reintegrazione è sia colui che s’avvantaggi dello spoglio nella consapevolezza del medesimo, sia colui che abbia dato mandato a terzi a realizzare lo spoglio. L’art. 1169 c.c., al riguardo, stabilisce, infatti, che l’azione di reintegrazione può essere promossa anche contro chi è nel possesso in virtù di un acquisto a titolo particolare, fatto con la conoscenza dell’avvenuto spoglio. In caso di successione a titolo universale, rileverà, secondo i principi generali, ai fini dell'esperimento dell'azione di spoglio, la situazione psicologica e fattuale che caratterizzava il de cuius che automaticamente si trasferirà in capo all'erede.

Sotto il profilo oggettivo l’azione di reintegrazione di cui all’art. 1168 c.c. è concessa in caso di spoglio violento o clandestino. Lo spoglio è una condotta che priva il possessore della cosa o di parte di essa e si distingue dalla semplice molestia che incide, non già sulla cosa, ma su alcune delle facoltà di godimento esercitabili sulla stessa. Lo spoglio deve avvenire con violenza oppure clandestinamente. Con riferimento alle modalità dello spoglio, l’onere della prova spetta a colui che intenda esperire l’azione di reintegrazione e, in tale prospettiva, la prova dello spoglio occulto del bene non sarà fornita con la mera allegazione e prova della mancata conoscenza dello spoglio ma con l’allegazione e la prova che la condotta dell’autore dello spoglio abbia in concreto impedito la sua conoscenza con l'uso della normale diligenza da parte del possessore (o del detentore) spogliato. In tal senso il termine annuale per esperire l’azione di reintegrazione, in caso di spoglio occulto, decorrerà non dal momento in cui il soggetto passivo ne abbia acquisito consapevolezza ma dal momento in cui ne avrebbe potuto avere conoscenza usando l’ordinaria diligenza. Con riferimento alle modalità dello spoglio violento, poi, esso potrà consistere anche in una interversione del possesso posta in essere mediante espressi atti di opposizione. La violenza dello spoglio è integrata dall'apprensione del possesso avvenuta in contrasto con la volontà del precedente possessore e, a tale fine, è necessario che l'opposizione del precedente possessore, sussista nel momento dello spossessamento non rilevando un successivo dissenso.

In caso di spoglio violento realizzato con più azioni, ove il complesso degli episodi realizzi una fattispecie di condotta unitaria il termine decadenziale di un anno per la proposizione dell’azione di reinterazione, decorrerà dal primo degli atti di spoglio, ove, invece, ciascun atto abbia una valenza autonoma e rappresenti un singolo atto di spoglio, il termine decorrerà dall’ultimo atto di spoglio.

Sotto il profilo del procedimento, l'art. 1168 cc dispone che il Giudice ordini la reintegrazione nel possesso sulla base della semplice notorietà del fatto, senza dilazione e condannando il convenuto al risarcimento del danno; il procedimento si compone di due fasi, la prima, a cognizione sommaria, si conclude con l'ordine di reintegrazione o con il rigetto della domanda e la seconda, di merito, che si conclude con la sentenza definitiva che statuisce sulla fondatezza della pretesa.

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