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Si usa tradizionalmente distinguere tra le obbligazioni di mezzi e le obbligazioni di risultato, in relazione al fatto che oggetto dell'obbligazione sia una prestazione connotata dalla diligenza di cui all'art. 1176 cc ovvero un risultato a prescindere dalle modalità adempitive.
L'oggetto dell'obbligazione di mezzi è, dunque, una prestazione conforme al criterio della diligenza di cui all'art. 1176 c.c. a prescindere dal raggiungimento di un determinato risultato mentre l'oggetto dell'obbligazione di risultato è, per l'appunto, il conseguimento del risultato stesso.
La distinzione tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultato, secondo l'impostazione tradizionale, ha riflessi, in particolar modo sul riparto dell'onere della prova relativa all'esatto adempimento dell'obbligazione in quanto la prova dell'inadempimento, nell'ambito delle obbligazioni di mezzi, graverebbe sul creditore che sarebbe tenuto a dimostrare che la prestazione non è stata conforme a diligenza, mentre, nelle obbligazioni di risultato, una volta dimostrato il titolo della pretesa contrattuale, sarebbe il debitore a dover dimostrare che il risultato è stato raggiunto ovvero non è stato raggiunto per causa non imputabile ex art. 1218 c.c.
Tale distinzione rigida è stata sottoposta a revisione critica soprattutto con riferimento alle obbligazioni dei professionisti in quanto si è osservato che, da una parte, le obbligazioni di mezzi non sono scevre dall'attesa di un risultato e che, dall'altra, nelle obbligazioni di risultato non è indifferente la modalità di esecuzione della prestazione.
Si è, dunque, osservato che nelle obbligazioni di risultato la diligenza di cui all'art. 1176 c.c. opera soprattutto come strumento per la valutazione dell'esattezza della prestazione mentre, nelle obbligazioni di mezzi, opera anche nel senso di determinare il contenuto della prestazione.
Le Sezioni Unite, peraltro, con una nota sentenza del 2001, hanno ricondotto ad unità gli strumenti probatori inerenti a vicende obbligatorie contrattuali ed il relativo criterio di riparto tra debitore e creditore. La Suprema Corte ha, dunque, enucleato il principio della vicinanza della prova che deve orientare il criterio del riparto dell'onus probandi. In detta prospettiva, al creditore, sia pure di una c.d. prestazione di mezzi, spetterà provare esclusivamente il titolo del proprio credito ed allegare l'inadempimento del debitore, essendo al contrario quest ultimo che dovrà fornire la prova dell'esattezza della prestazione resa.
Con riferimento alle obbligazioni dei professionisti, le stesse sono inquadrate tra le obbligazioni di mezzi e, tuttavia, proprio con riferimento a tale genere di obbligazioni, è innegabile l'attesa per un determinato risultato. Con riferimento alla disciplina giuridica delle obbligazioni di mezzi dei professionisti, se da una parte la perizia richiesta è quella conforme alle conoscenze tecniche di riferimento per la professione svolta (cfr. l'art. 1176 c.c. secondo comma), dall'altra, in caso di soluzione di problemi di particolare difficoltà, la responsabilità è limitata ai casi di dolo o colpa grave (cfr. l'art. 2236 c.c.).
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