Oggetto del possesso sono i beni di cui all’art. 810 c.c.. Tutto ciò che può formare oggetto di un diritto di proprietà può formare oggetto di possesso ma non tutto ciò che può formare oggetto di possesso può formare oggetto del corrispondente diritto di proprietà. Ad esempio, tra privati, sono ammissibili le azioni possessorie aventi per oggetto beni demaniali che non possono formare oggetto di un diritto di proprietà. Si distingue la situazione possessoria corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà (c.d. possesso pieno) dalla situazione possessoria corrispondente all’esercizio di altro diritto reale (c.d. possesso minore).
Per quel che concerne il c.d. possesso pieno, è stato riconosciuto, come giuridicamente ammissibile, il possesso delle opere dell’ingegno, delle invenzioni industriali e dei segni distintivi dell’azienda, anche se è stata, dalla giurisprudenza, negata la possibilità di acquistare tali beni per effetto dell'usucapione.
In giurisprudenza, in epoca risalente, è stata riconosciuta la tutela possessoria, in favore delle aziende di diffusione di programmi radiotelevisivi, con riferimento al bene immateriale costituito dalle frequenze d’onda utilizzate per le trasmissioni stesse (si veda Cassazione civile , sez. II, 12 aprile 1979 , n. 2168).
E' stata negata la giuridica configurabilità del possesso dell'energia elettrica, posta la coincidenza temporale tra esercizio del possesso e consumazione del bene (cfr. Cass. Civ. n 24182/04) e dell'azienda (con conseguente diniego della tutela possessoria per storno clienti) in considerazione della sua natura di universalità di diritto e non di fatto.
Per quel che concerne il c.d. possesso minore, l’art. 1153 c.c. 3° comma ammette esplicitamente il possesso dell’usufrutto e dell’uso. La dottrina ammette la configurabilità del possesso anche con riferimento al diritto d’abitazione ed al diritto di superficie (anche se, con riferimento alla proprietà superficiaria, il possesso non titolato appare di difficile distinzione rispetto al possesso pieno e, con riferimento al diritto di superficie anteriore all'edificazione, consistendo il medesimo in un dovere d'astensione del proprietario di compiere atti che ne impediscano l'esercizio, appare arduo individuare delle modalità dirette d'esercizio che valgano ad individuare la situazione possessoria). Analoghe problematiche in ordine all'individuazione della situazione possessoria, si rilevano con riferimento al diritto di servitù negativa, al diritto di ipoteca ed alla nuda proprietà. E' stato rilevato che, in tali ipotesi, l'esercizio del possesso minore potrebbe identificarsi negli atti di interdizione manifestati nei riguardi del titolare della piena proprietà.
Comunemente ammesso è il possesso delle servitù (salvo quanto già precisato in ordine alle servitù negative); al riguardo, in giurisprudenza, un cospicuo contenzioso si è formato con riferimento al possesso delle servitù ai fini della maturazione della relativa usucapione. Il possesso della servitù in capo al proprietario del fondo dominante deve, ai sensi dell’art. 1061 c.c., affiancarsi al requisito dell’apparenza della servitù per essere valido ai fini dell’usucapione; apparenza che deve consistere nella presenza di opere permanenti, artificiali o naturali, obiettivamente destinate all’ esercizio della servitù, visibili in modo tale da escludere la clandestinità del possesso e da farne presumere la conoscenza da parte del proprietario del fondo servente. Le opere visibili permanenti devono avere avuto tale destinazione per tutto il tempo necessario ad usucapire (così Cassazione civile , sez. II, 10 luglio 2007 , n. 15447).
D’altronde con riferimento all’esercizio del possesso di una servitù discontinua, è stato chiarito che l'esercizio saltuario non è di ostacolo a configurarne il possesso della servitù, dovendo lo stesso essere determinato in riferimento alle peculiari caratteristiche ed alle esigenze del fondo dominante; pertanto, la relazione di fatto instaurata dal possessore con il fondo servente non viene meno per la utilizzazione non continuativa quando possa ritenersi che il bene sia rimasto nella virtuale disponibilità del possessore (così Cassazione civile , sez. II, 16 febbraio 2005 , n. 3076).
Oggetto del possesso può essere anche l’eredità o una quota della stessa. Il possesso dell’eredità spetta al chiamato all’eredità, ex art. 460 c.c. senza la necessità della materiale apprensione. Inoltre il possesso dell’eredità e dei relativi beni si trasmette all’erede, con la medesima caratterizzazione psicologica, sin dall’apertura della successione ex art. 1146 c.c.. Ove vi sia una pluralità di chiamati all’eredità, con l’apertura della successione si verifica una situazione di compossesso che abilita ciascun chiamato all’esercizio delle eventuali azioni possessorie da esercitarsi anche a carico di uno dei coeredi qualora impedisca agli altri di partecipare al godimento di un cespite (si veda Cassazione civile , sez. II, 28 gennaio 2005 , n. 1741). Ne consegue che, ove uno dei coeredi chiamati, intenda far valere un presunto possesso dell’eredità o di una quota di essa ai fini dell’usucapione, dovrà fornire la prova dell'estensione del possesso medesimo in termini di esclusività (o mediante atti di interversione del possesso). A tale fine, non è sufficiente che gli altri partecipanti si siano astenuti dall'uso della cosa, occorrendo altresì che il coerede ne abbia goduto in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui, cosi evidenziando una inequivoca volontà di possedere "uti dominus" (così Cassazione civile , sez. II, 20 agosto 2002 , n. 12260).
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