Ai fini del licenziamento non è necessario nè sufficiente che la condotta posta a base del provvediemnto espulsivo sia portata a conoscenza dei lavoratori con il codice disciplinare.
A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n 204 del 29 novembre 1982, le garanzie procedurali di cui all'art. 7 dello Statuto dei Lavoratori sono da ritenersi applicabili anche ai licenziamenti ontologicamente disciplinari (quindi tutti i licenziamenti intimati per giustificato motivo soggettivo e la quasi totalità dei licenziamenti intimati per giusta causa).
In particolare, tra gli obblighi sanciti dal richiamato art. 7 dello Statuto, vi è quello di affiggere il codice disciplinare o di renderlo conoscibile e quello di elencare le infrazioni sanzionabili all'interno del predetto codice disciplinare.
Si è posta dunque in giurisprudenza la questione se la predeterminazione delle infrazioni sanzionabili valga a qualificare come illegittimo il licenziamento intimato per casi non ricompresi nelle casistiche del codice disciplinare.
Con specifico riferimento all'onere del datore di lavoro di rendere pubblico il codice disciplinare mediante: "affissione in un luogo accessibile a tutti" (cfr. art. 7, comma 1 della legge n 300 del 1970), la giurisprudenza è orientata nel senso che, ai fini della legittimità del licenziamento, tale onere deve essere adempiuto se il datore di lavoro ha porevisto ipotesi specifiche di violazioni, non anche quando trattasi di violazioni di legge o di doveri fondamentali del lavoratore, in quanto riconoscibili a prescindere dalla specifica previsione del codice disciplinare.
La pubblicità del codice disciplinare, che costituisce presupposto e requisito di legititmità delle sanzioni conservative, non è indispensabile per la validità del lcienziamento: "qualora il recesso sia stato intimato per comportamenti che integrano una violazione penale o comunque per comportamenti concretanti violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro, mentre è necessaria qualora lo stesso licenziamento sia intimato per specifiche ipotesi che giustificano il recesso previste da norme di natura secondaria, siaposte dal datore di lavoro con proprio atto che dalla patuizione collettiva" (in tal senso Cass Civ Sez Lav n 13633 del 11 giugno 2009).
Le violazioni inerenti agli obblighi fondamentali del lavoratore non necessitano, dunque, di essere portate a conoscenza dei lavoratori e possono essere sanzionate dal datore di lavoro con il licenziamento trattandosi di una forma di esercizio di un diritto attribuito direttamente dalla legge ed indipendente dalle disposizioni contenute eventualemnte nei contratti collettivi (si veda, in tal senso, da ultimo Cass Civ Sez Lav n 3060 del 29 febbraio 2012).
Cass Civ Sez Lav n 3060 del 29 febbraio 2012
La garanzia di pubblicità del codice disciplinare mediante affissione in luogo accessibile a tutti si applica al licenziamento disciplinare soltanto quando questo sia intimato per specifiche ipotesi di giusta causa o giustificato motivo previste dalla normativa collettiva o validamente poste dal datore di lavoro, e non anche quando faccia riferimento a situazioni giustificative del recesso previste direttamente dalla legge o manifestamente contrarie all'etica comune o concretanti violazione dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro ovvero all'inserimento del lavoratore nella struttura e nell'organizzazione dell'impresa del datore di lavoro (in applicazione del suesposto principio, la Corte ha cassato la decisione dei giudici del merito che avevano considerato illegittimo, per mancata affissione del codice disciplinare, il licenziamento del lavoratore, che si era assentato ingiustificatamente dal luogo di lavoro per cinquanta giorni).