Il riparto di giurisdizione sul pubblico impiego

Il riparto temporale della giurisdizione in materia di pubblico impiego tra il giudice ordinario del lavoro e il giudice amministrativo nella giurisprudenza della Corte Suprema: la "bussola" dell'inadempimento unitario
 
L’art. 69, comma 7, del T.U.P.I., approvato con d.lgs. 165/2001, stabilisce che: “Sono attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie di cui all'articolo 63 del presente decreto, relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo solo qualora siano state proposte, a pena di decadenza, entro il 15 settembre 2000.
 
L’art. 63 menzionato attribuisce alla cognizione dell’A.G.O. in funzione di Giudice del Lavoro tutte le controversie attinenti la nascita (a meno che non si tratti di sindacare le modalità di espletamento di un concorso pubblico) e lo svolgimento di un rapporto di lavoro pubblico, fatta eccezione per gli impieghi non contrattualizzati (di cui all’art. 3 e al comma 4 del predetto art. 69).
 
Secondo un orientamento giurisprudenziale del S.C. consolidato da tempo (cfr, ex multis, Cass., sez. unite, 20126/2005, 14858/2006, 6418/2008, 14895/2010, 28805/2011) la fattispecie sopra indicata disegna un riparto di giurisdizione teso a governare, quale effetto della privatizzazione, il transito delle controversie di lavoro pubblico dalla cognizione del Giudice amministrativo a quella del Giudice ordinario, fissando una data temporale di confine tra i rispettivi ambiti di cognizione.
 
In particolare, devono essere azionati dinanzi all’A.G.O. tutti i diritti traenti origine da una relazione lavorativa pubblica laddove si siano materialmente verificati sino al 30.6.1998 i relativi fatti costitutivi o – nel caso in cui le norme di legge o di CCNL applicabili vi attribuiscano rilievo come accade ad esempio in materia di equo indennizzo – dalla data del compimento di apprezzamenti di detti fatti da parte di organi della P.A., mentre permangono al Giudice amministrativo le vicende in cui detti fatti o atti si siano collocati prima della data sopra indicata, con il limite “di chiusura” rappresentato dall’intrapresa dell’azione entro il 15.9.2000. La Corte Costituzionale, in ben due occasioni (sentenza n. 213/2005 e ord. 197/2006) ha respinto le censure di illegittimità costituzionale di detto termine di decadenza sollevate per profili di violazione del principio di eguaglianza per disparità di trattamento, adeguata tutela del diritto di agire in giudizio ed eccesso di delega, sottolineando che l’intervento del legislatore era giustificato dall’esigenza di determinare un momento storico in cui la giurisdizione del G.A. in materia venisse a cessare definitivamente, garantendo, al contempo, la possibilità di ponderare, in un arco temporale ragionevole, la possibilità di rivendicare i propri diritti dinanzi alla giurisdizione ormai “recessiva”.
 
Detto orientamento è stato oggetto, nel corso dell’anno 2012, di una parziale rivisitazione da parte del S.C., tesa a sottolineare il carattere residuale della giurisdizione del G.A. e quindi la necessità di una interpretazione “stretta” del comma 7 dell’art. 69: “In tema di pubblico impiego contrattualizzato, la sopravvivenza della giurisdizione del giudice amministrativo, regolata dall'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001, costituisce, nelle intenzioni del legislatore, ipotesi assolutamente eccezionale, sicché, per evitare il frazionamento della tutela giurisdizionale, quando il lavoratore deduce un inadempimento unitario dell'amministrazione, la protrazione della fattispecie oltre il discrimine temporale del 30 giugno 1998 radica la giurisdizione presso il giudice ordinario anche per il periodo anteriore a tale data, non essendo ammissibile che sul medesimo rapporto abbiano a pronunciarsi due giudici diversi, con possibilità di differenti risposte ad una stessa istanza di giustizia. (Nella specie, la S.C., affermando il principio, ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario, anche per il periodo anteriore al 30 giugno 1998, sulla domanda proposta da alcuni autisti e messi comunali per la condanna dell'ente datore di lavoro al pagamento dell'equivalente monetario dell'abbigliamento di servizio, non più fornito dall'amministrazione sin dall'anno 1994).” (Cass., sez. lavoro, n. 3183/2012); “In tema di pubblico impiego contrattualizzato, la sopravvivenza della giurisdizione del giudice amministrativo, regolata dall'art. 69, comma 7, del d.lgs. n. 165 del 2001, costituisce, nelle intenzioni del legislatore, ipotesi assolutamente eccezionale, da intendere in chiave restrittiva; pertanto, non ha rilievo esclusivo la circostanza formale della cessazione del rapporto di lavoro anteriore al discrimine temporale del 30 giugno 1998, dovendosi considerare anche, ai fini della dichiarazione di giurisdizione del giudice ordinario, le concrete esigenze di tutela e le pretese insorte successivamente a tale data, seppure con effetto retroattivo. (Nella specie, la S.C., affermando il principio, ha dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di un dipendente comunale, collocato a riposo prima del 30 giugno 1998, il cui credito per differenze retributive era stato tuttavia riconosciuto da delibere della commissione straordinaria di liquidazione dell'ente successive a quella data).” (Cass., sez. unite, n. 5577/2012; cfr anche Cass., sez. unite, n. 6102/2012).
 
Dalle pronunce sopra riportate si evince, dunque, che la cognizione dell’A.G.O. deve estendersi anche alle questioni attinenti al periodo anteriore al 1.7.1998 in tutte le situazioni in cui ricorra un inadempimento “unitario”, cioè ove occorra sindacare una condotta mantenuta nel corso del tempo dall’amministrazione datrice di lavoro posta a base di un’identica pretesa vantata dal lavoratore sia in tutti i casi in cui il frazionamento della tutela giurisdizionale possa comunque pregiudicarne l’effettività.
 
Tale ultimo orientamento determina la necessità di verificare, di volta in volta, il carattere unitario dell’inadempimento posto da un lavoratore a fondamento della sua pretesa, non essendo sufficiente che il diritto dal vantato dal lavoratore nell’arco temporale “a cavallo” della data di confine sia il medesimo, pena effettuare un’interpretatio abrogans dell’art. 69, comma 7 del T.U.P.I. Del resto, lo stesso S.C. afferma che l’esame del periodo precedente è possibile solo laddove vi sia “…un solo tipo d'inadempimento che pur non potendo essere ricondotto alla categoria dell'illecito permanente, pone un unico problema, la cui soluzione non dipende dall'epoca degli accadimenti, ma dall'applicazione di un identico principio giuridico valido sia per il periodo precedente che per quello successivo al 30 giugno 1998…” (Cass., sez. lav., 4942/2012).
 
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