nuova sentenza della Cassazione sul precariato scolastico

Con sentenze del 7 novembre del 2016 la Cassazione torna ad occuparsi dell'abusivo ricorso ai contratti a termine nel settore della scuola...niente risarcimento agli stabilizzati 
 
 
All'esito di un complesso percorso giurisrprudenziale che ha interessato, nelle sue tappe principali, la Corte di Cassazione (nel 2012) la Corte di Giustizia (sul finire del 2014) e la Corte Costituzionale (nell'estate del 2016), la Suprema Corte di Cassazione, con sentenze pubblicate il 7 novembre del 2016, ha nuovamente affrontato le questioni di diritto sottese all'impiego reiterato dei contratti a tempo determinato nel settore scolastico sia con il corpo docente sia con il personale amministrativo ai sensi delle disposizioni di cui all'art. 4, commi 1 e ss della l. n. 124 del 1999. 
 
Va ricordato che la Corte di Giustizia con la sentenza del 26 novembre del 2014 (nelle cause riunite nelle cause riunite C 22/13, da C 61/13 a C 63/13 e C 418/13 Mascolo + altri c MIUR), partendo dal presupposto pacifico dell’esistenza di una normativa speciale relativa al reclutamento di personale a tempo determinato nel settore della scuola aveva evidenziato come, in linea di principio, la sostituzione di personale assente o gli imprevedibili flussi della popolazione scolastica costituiscono ragioni oggettive ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a) dell’accordo quadro che legittimano l’assunzione a tempo determinato, senza che sia necessario prevedere una durata massima dell’impiego di un lavoratore a tempo determinato o un numero massimo di rinnovi per armonizzare il quadro normativo con la suddetta clausola 5. La Corte aveva, però, ritenuto ipotizzabile un abuso nel ricorso alle assunzioni a tempo determinato nel settore scolastico, rimettendo al giudice nazionale il compito della concreta verifica volta per volta, in relazione alle supplenze su posti del c.d. organico di diritto (assunzioni per l’intero anno scolastico) in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali in mancanza di un termine certo per l’espletamento di tali procedure. 
 
A seguito della pronuncia della Corte di Giustizia, la Corte Costituzionale, con sentenza del 12 luglio del 2016 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, dell’art. 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”. 
 
La Corte Costituzionale ha, tuttavia, anche precisato che la complessiva disciplina di cui alla l.- n. 107/2015, che ha previsto un vasto piano di assunzioni di docenti attingendo alle graduatorie permanenti ed il successivo scorrimento delle stesse sino al completo esaurimento nonchè, con riferimento, alle future supplenze, un termine massimo di durata delle medesime pena il risarcimento del danno, ha cancellato l'illecito comunitario.
 
La Consulta, con riferimento alle ricadute sanzionatorie dell’illecito nei confronti del personale amministrativo, non interessato dal piano di assunzioni straordinarie di cui ai commi 95 e ss della l. n. 107 del 2015, ha avuto modo di precisare che “deve trovare applicazione la misura ordinaria del risarcimento del danno, misura del resto prevista – lo si è più volte ricordato – dal comma 132 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015, che quindi anche per questo aspetto deve ritenersi in linea con la normativa comunitaria”.
 
Nel solco della pronuncia della Consulta ed approfondendone taluni approdi interpretativi la S.C., con la recentissima sentenza del 7 novembre del 2016, ha, in via preliminare, sottolineato, confermando il proprio precedente del 2012 (sent. 10127/2012), che la normativa in materia di supplenze scolastiche di cui alla l. n. 124/99 ha una connotazione di specialità rispetto alle norme generali di cui al d.lgs. 368/01, norme, queste ultime, che non possono dunque trovare applicazione con riferimento ai contratti a tempo determinato con i docenti e con il personale ATA stipulati ai sensi dell'art. 4 della l. n. 124 del 1999.
 
La Corte ha, poi, evidenziato che, in linea con il perimetro di approfondimento tracciato dalla Corte di Giustizia e dalla Consulta, un problema di abusivo ricorso ai contratti a termine nel settore scolastico in contrasto con quanto stabilito dalla clasuola 5 dell'accordo quadro allegato alal direttiva n. 70 del 1999 CE si può porre solo con riferimento alle supplenze con il personale docente e con il personale amministrativo per l'intero anno scolastico su posti dell'organico di diritto ai sensi dell'art. 4, commi 1 e 11 della l. n. 124 del 1999.
 
Tali ultime norme, infatti, sono state dichiarate incostituzionali, sicchè, si può porre, in effetti, un problema di abusivo ricorso ai contratti a termine in relazione ai contratti a termine già conclusi prima dell'entrata in vigore della l. n. 107/2015 che, secondo quanto chiarito dalla pronuncia della Cosnulta, ha cancellato l'illecito comunitario, per il futuro.
 
Ad avviso della Corte, l'abusivo ricorso ai contratti a termine per l'intero anno scolastico con il personale docente e amministrativo per supplenze su posti dell'organico di diritto si verifica quando esso avviene per un termine che eccede i trentasei mesi; tale soglia temporale è stata desunta dall'obbligo di bandire concorsi con cadenza triennale e sul rilievo che analogo termine è previsto nell'ambito della generale disciplina del contratto a termine in base all'art. 5, comma 4 bis del d.lgs. n. 368/01.
 
La Suprema Corte ha, tuttavia, ritenuto, sotto il profilo delle ricadute sanzionatorie dell'illecito, che la stabilizzazione, avvenuta in virtù dello scorrimento nelle graduatorie permanenti, in virtù del piano straordinario delle assunzioni di cui ai commi 95 e ss. della l. n. 107/2015 o anche la chance di immissione in ruolo in tempi rapidi mediante lo scorrimento in graduatoria ex art. 1, comma 109 della l. n. 107/2015 costituiscano misure satisfattive atte, presuntivamente, a riparare il danno che il lavoratore possa avere subito per effetto della reiterazione dei contratti in attesa dell'assunzione.
 
Solo in mancanza di assunzione e/o di una chance concreta di una prossima stabilizzazione, residua, secondo la Corte, lo spazio per somministrare la tutela risarcitoria di cui all'art. 32 della l. n. 183 del 2010 in caso di abusiva reiterazione dei contratti a termine, in linea con l'indirizzo tracciato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 5072 del 2016.
 
Resta pur sempre, ha precisato la Corte, la possibilità di fornire la prova di avere subito un danno ulteriore e diverso rispetto a quello rappresentato dall'aspettativa di potere concorrere ad un posto di ruolo, stante l'avvenuta soddisfazione di tale aspettativa esattamente con il bene della vita ambito. L'onere dell'allegazione e della prova di tale danno ulteriore grava però sul lavoratore.
 
 
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