L'estradizione

 
L'estradizione non viene definita nè a livello codicistico, nè all'interno della Carta Costituzionale dove, piuttosto, sono individuati i presupposti e le condizioni per la concessione dell'estradizione attiva e passiva presupponendone la nozione.
L'estradizione attiva è il procedimento con il quale lo Stato richiede che un determinato individuo residente nel territorio di altro Stato gli sia consegnato per l'esecuzione di una pena già inflitta o per essere sottoposto a giudizio penale.
L'estradizione passiva è il provvedimento con il quale lo Stato Italiano, a seguito di un articolato procedimento che, di norma, vede il concorso della Corte d'Appello e del Ministro della Giustizia, consegna un individuo imputato o condannato in uno Stato estero.
Con riferimento all'estradizione, sul piano delle fonti, deve rimarcarsi la prevalenza delle norme derivanti dalle Convenzioni internazionali e la conseguente residualità e cedevolezza della diversa normativa presente nel codice di rito.
Tra i principi codicistici che regolano il procedimento di estradizione, deve ricordarsi quello della doppia incriminazione in concreto per effetto del quale, l'estradizione presuppone che il fatto sia punibile in concreto sia nello Stato richiedente sia nello Stato concedente (devono dunque risultare assenti in entrambi gli Stati, cause di giustificazione o cause di estinzione del reato).
Ulteriore principio informatore dell'estradizione è quello della specialità, per effetto del quale l'estradizione concessa con riferimento ad un determinato fatto non può estendersi ad un fatto diverso anteriormente commesso.
Ulteriori principi in materia di estradizione sono quelli del ne bis in idem e della sussidiarietà.
Per effetto del primo, non è ammessa l'estradizione relativa d un fatto per il quale sia sia già celebrato nello Stato un processo penale con sentenza irrevocabile di condanna o di proscioglimento; per effetto del secondo, ove il processo per il medesimo fatto risulti in corso, esso prevarrà sulla richiesta di estradizione dello Stato estero.
Sia l'art. 13 cp che l'art. 26 Cost pongono, poi, il divieto di estradizione del cittadino, facendo salva però la diversa disciplina pattizia internazionale. Deve, al riguardo, segnalarsi la Convenzione di estradizione tra gli Stati membri dell'Unione Europea del 27 settembre 1996 per effetto della quale, tra gli Stati aderenti, la richiesta di estradizione non può essere rifiutata in ragione della cittadinanza del destinatario della richiesta.
A mente dell'art. 26, comma 2 Cost, poi, l'estradizione non può essere concessa con riferimento ai reati politici, anche se sulla portata del limite si contendono diverse linee di interpretazione, la prima tendente ad assimilare la nozione di delitto politico di cui all'art. 26 Cost con quella assai lata di cui all'art. 8 cp, la seconda tendente a restringerne l'ambito ai dlitti commessi in contrapposizione a regimi illiberali (debbono segnalarsi peraltro le convenzoni che escludono l'applicabilità dell'art. 26, comma 2 Cost ai delitti di terrorismo ed a quelli di genocidio asseritamente commessi in relazione a finalità politiche)
L'art. 698 cpp pone, poi, come ulteriore limite all'assentibilità di una richiesta di estradizione l'eventuale previsione, nell'ordinamento dello Stato richiedente, di pene consistenti in trattamenti disumani o degradanti o il rischio che l'imputato subisca atti persecutori o discriminatori.
Vi è, infine, il divieto di concedere l'estradizione con riferimento a fatti punibili, nell'ordinamento penale dello Stato richidente, con la pena di morte (si veda, al riguardo, la pronuncia della Corte Costituzionale n 223 del 27 giugno 1996).
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