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Per fatto di reato si intende l'insieme degli elementi oggettivi che caratterizzano il reato come specifica forma di offesa di un bene giuridico.
Tali elementi oggettivi sono la condotta, i suoi presupposti, l'evento, ove esistente, nonchè, ove esistente, il nesso di causalità e l'oggetto materiale su cui cade la condotta medesima. I presupposti della condotta sono presenti in numerose fattisecie penali, in particolare rappresentano preuspposti della condotta le qualifiche del soggetto attivo nei reati propri.
Connessi al fatto di reato sono i principi di rango costituzionale di materialità e di offensività. Il principio di meterialità si desume dall'art. 27 cost. ed implica la non punibilità delle mere intenzioni e delle qualità personali. Il principio di offensività implica, invece, che le scelte di criminalizazione riguardino situazioni atte ad offendere beni giuridici. Secondo la dottrina dominante, non è ravvisabile una norma costituzionale che contempli espressamente il principio di offensività ma è dal complesso delle norme penali costituzionali che si può desumere l'esistenza del principio medesimo.
Il diritto penale, dunque, punisce solo fatti (principio di materialità) che siano offensivi di beni giuridici (principio di offensività).
Il secondo dei preuspposti strutturali del reato è l'antigiuridicità. Dell'antigiuridicità nessuna norma parla esplicitamente. Non è sufficiente, ai fini dell'individuazione di un fatto di reato, la realizzazione di un fatto tipico, è necessario che il fatto realizzato in concreto si ponga in contraddizione con l'ordinamento. E', pertanto, necessario che non sussistano norme che autorizzino il fatto commesso o che lo impongano (cause di giustificazione).
Tra la norma che contempla il fatto di reato e la norma che contempla una causa di giustificazione non c'è un rapporto di genere a specie in quanto si tratta di norme che si trovano in diversi campi ordinamentali; le cause di giustificazione sono poste da norme ordinamentali che non appartengono esclusivamente al diritto penale.
Il terzo elemento strutturale del reato è la colpevolezza. E' necessario che, in relazione al fatto di reato antigiuridico, possa essere mosso un rimprovero all'autore.
La colpevolezza è l'insieme dei criteri dai quali dipende la possibilità di muovere al soggetto attivo un rimprovero per aver commesso il fatto antigiuridico. Tali criteri sono la colpa, il dolo, la preterintenzione l'assenza di cause di esclusione della colpevolezza, la conoscenza o conoscibilità della norma penale violata (in quanto, come noto, l'error iuris può, a seguito della sentenza della Corte Cost del 1988 anche scusare) e, quale indefettibile presupposto, la capacità di intendere e di volere.
Il principio di materialità impone che il fatto di reato abbia riscontri esterni oggettivi. Ciò comporta, come già sottolineato, la non punibilità delle intenzioni e delle qualità personali. Corte Cost n 354 del 2002 e Corte Cost 48 del 1994 hanno affrontato il tema della non punibilità delle qualità personali. In particolare la sentenza n. 354 del 2002 si è occupata della legittimità costituzionale dell'art. 688 cp secondo comma che prevedeva la punibilità di una fattispecie altrimenti penalmente irrilevante (come lo stato di manifesta ubriachezza in luogo pubblico o aperto al pubblico), solo in concomitanza con la situazione personale di chi avesse riportato una condanna per delitto non colposo contro la vita o l'incolumità individuale. La Consulta, nella logica del rispetto del principio di materialità, ha affermato, dunque, l'illegittimità costituzionale dell'art. 688 cp secondo comma.
Appartiene al novero delle norme espressive del principio di materialità anche l'art. 115 cp che prevede la non punibilità dell'accordo per commettere reato se, poi, il reato non è commesso, salva l'applicazione di una misura di sicurezza, nonchè l'art. 49 cp, 1° comma che prevede la non punibilità dell'erronea supposizione di delinquere.
Con riferimento al principio di offensività, come chiarito, non si rinvengono puntuali riferimenti nella Costituzione ma la Corte Costituzionale lo ritiene un necessario presupposto del reato, sicchè si tratta di principio che è entrato a far parte del diritto vivente. La problematica inerente il principio di offensività è quella di individuare i beni giuridici suscettibili della tutela penale; si tratta di un criterio direttivo che principalmente riguarda il Legislatore. Il principio di offensività impone la non punibilità della mera disobbedienza essendo necessario il danno o la messa in pericolo di un bene giuridico. La classificazione delle norme penali si fonda proprio sulla classificazione dei beni giuridici oggetto di offesa. Tuttavia i beni giuridici individuati dal codice sono particolarmente vasti; è, dunque, necessario che, a ciascun fatto di reato, corrisponda uno specifico bene giuridico e, a tale funzione individualizzante, è demandata l'attività dell'interprete. In tal senso, l'individuazione del bene giuridico oggetto di tutela può essere utile a delimitare il fatto penalmente rilevante.
Pensando, ad esempio, alla falsa testimonianza di cui all'art. 372 cp, essa, secondo l'interprete, tutela esclusivamente l'attività decisoria del giudice dal rischio di fuorviamento. Nell'esempio della falsa testimonianza, ad esempio, non saranno penalmente rilevanti le false deposizioni che vertano su fatti irrilevanti ai fini della decisione.
Per il principio di offensività è necessario che ciascuna norma incriminatrice sia posta a tutela di un bene giuridico che necessiti protezione penale. Se, sotto il profilo astratto, la norma non appaia esser posta a tutela di alcun bene giuridico, la relativa questione di legittimità può essere rimessa alla Corte Costituzionale per violazione del principio di offensività. Occorre, tuttavia, distinguere il caso in cui sia la norma astratta a non rispettare il principio di offensività da quello in cui, nel caso concreto, difetti la concreta offesa al bene giuridico tutelato. Un caso titpico fu quello della fattispecie di reato della coltivazione di sostanze stupefacienti sanzionato dall'art. 75 del d.p.r. n. 309 del 9 ottobre 1990 esaminato dalla Corte Cost n 360 del 1995 e . Nel caso di specie, difettava la concreta offesa al bene giuridico tutelato dalla norma in quanto la pianta coltivata in concreto, pur contenendo principi attivi, era priva di effetto drogante; non mancava, tuttavia, l'offensivita della fattispecie astratta di reato; fattispecie che si configurava come fattispecie di pericolo presunto.
Occorre, dunque, distinguere l'offensività in astratto la cui valutazione compete alla Corte Costituzionale dall'offensività in concreto il cui scrutinio è affidato al Giudice Ordinario mediante lo strumento offerto dall'art. 49 cpv sul reato impossibile. Molto raramente la Corte Cost ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di norme penali sulla base del mancato rispetto del principio di offensività, un esempio è stato quello relativo all'art. 670 cp, primo comma con riferimento alla mendicità non invasiva dichiarato incostituzionale da Corte Cost n. 519 del 1995. Con la sentenza n. 225 del 2008, la Corte Costituzionale ha affrontato la tematica dell'eventuale illegittimità costituzionale per difetto d'offesa della contravvenzione di cui all'art. 707 cp (possesso grimaldelli); la Consulta ha dichiarato non fondata la questione. La fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 707 cp rientra tra le c.d. fattispecie di reato di pericolo indiretto.
Con riferimento al principio di offensività, alcuni cenni merita il reato di pericolo astratto. L'offesa può essere anche quella della messa in pericolo del bene giuridico non essendo necessario il danno. Per quanto riguarda i reati di pericolo, in taluni casi il legislatore richiede la verifica del pericolo nella specie (reato di pericolo in concreto), in altri il legislatore presume il pericolo nella stessa realizzazione della fattispecie astratta (reati di pericolo astratto o presunto). Secondo alcuni autori, la fattispecie di pericolo astratto non sarebbe rispettosa del principio di offensività in quanto consentirebbe di punire fatti che, in concreto, non risultino offensivi. La categoria dei reati di pericolo astratto si giustfica, tuttavia, in realzione allo stato di consocenze scientifiche esistenti in un determinato momento storico che qualificano come potenzialmente pericolose una determinata categoria di condotte anche se il concreto fatto risulti, poi, nella specie inoffensivo (si pensi ai reati di pericolo astratto collegati con la tutela di interessi superindividuali come l'ambiente). Il problema potrebbe riguardare, invece, i c.d. reati di pericolo indiretto (è, ad esempio, il caso del possesso di chiavi e grimaldelli). E' possibile che, mediante l'incriminazione di fatti strumentali alla commissione di fatti di reato offensivi di beni giuridici, ci si allontani eccessivamente dal bene giuridico tutelato, con la conseguente violazione del principio di offensività.
L'anticipazione della tutela, se può giustificarsi con riferimento a beni giuridici di rango elevato, mal si concilia con beni giuridici di rango inferiore.
Il principio di offensività si collega, in tale prospettiva, con quello della proporzionalità che afferisce alla pena. La Consulta, in tale prospettiva, è intervenuta, oltre che per espungere dall'ordinamento reati che non rispettassero il principio di offensività, per espungere dall'ordinamento sanzioni che non rispettassero il principio di proporzionalità (si pensi, al riguardo, al minimo edittale previsto con riferimento alla fattispecie dell'oltraggio a pubblico ufficiale ed alla sentenza n. 341 del 1994)