Accertamento negativo e opposizione a cartella o all'avviso di addebito
I rapporti tra il giudizio di accertamento negativo sulla pretesa contributiva e quello di opposizione alla cartella esattoriale (o all'avviso di addebito) successivamente emessi
In pendenza di un giudizio di accertamento negativo sulla pretesa contributiva, all’INPS è inibito -ex art. 24, comma 3 del D.Lgs 46/1999- emettere avvisi di addebito (ciò anche quando, per ipotesi, la domanda di accertamento negativo è stata rigettata in primo grado, essendo stato comunque interposto appello avverso questa decisione).
Si pone dunque il problema di stabilire, quali siano le conseguenze sul successivo giudizio di opposizione eventualmente radicato, a fronte della pur sopravvenuta emissione del titolo.
Le soluzioni che si sono prospettate in giurisprudenza sono quelle di dichiarare la sospensione ex art. 295 cpc (con automatica sospensione dell’esecuzione del titolo medesimo), quella di dichiarare la litispendenza o l'accoglimento della domanda di parte opponente sul rilievo dell’inammissibilità della formazione dell’avviso di addebito, proprio in ragione della pendenza di una previa contestazione giudiziale sulla pretesa contributiva.
In giurispridenza si è anche affacciata la tesi che la sentenza di primo grado che rigetti la domanda di accertamento negativo proposta dal contribuente integri la fattispecie che, a norma del comma 2 dell'art. 24 del d.lgs. n. 46/99, legittima l'iscrizione a ruolo. Si è, quindi, ostenuto che per “provvedimento definitivo” ai sensi dell’art. 24, deve intendersi, secondo la lettura più logica di tale locuzione, quantomeno la sentenza (qualsiasi sentenza) che si pronuncia sul credito ,anche in forza del solo dispositivo. In senso contrario, però, si è osservato che il citato comma 2 fa riferimento al provvedimento esecutivo del giudice che, in mancanza di una domanda riconvenzionale di condanna dell'Istituto nel giudizio di accertamento negativo, non vi sarebbe nè potrebbe esservi (neppure a seguito del giudicato).
La tesi della litispendenza è stata sostenuta sulla base dei seguenti argomenti.
Si è rilevato che, alla luce di quanto più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, nel caso di illegittimità dell'iscrizione a ruolo ai sensi dell'art. 24, 3° comma, d. lgs. 46/1999 per difetto di un provvedimento giudiziale esecutivo sull'impugnazione dell'accertamento, il giudice dell'opposizione a cartella esattoriale (ed, ora, ad avviso di addebito) non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell'Istituto previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l'opposizione a decreto ingiuntivo (cfr. Cass. 6.8.2012 n. 14149 e Cass. 20.1.2014 n. 1046), e che “... una volta che sia stata introdotta, e sia in corso, come si è verificato nella specie, una causa di merito sulla fondatezza della pretesa contributiva previdenziale (azione di accertamento negativo ...) non occorre che il contribuente instauri un secondo separato giudizio relativo anch'esso al merito sostanziale della pretesa dell'ente previdenziale, come è il giudizio di opposizione contro l'iscrizione a ruolo ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 24, comma 5. Infatti, la mancata proposizione dell'opposizione ex art. 24 citato integra soltanto una preclusione di carattere processuale, come tale irrilevante rispetto a questioni di merito già validamente proposte in giudizio, sicché essa non può, in ogni caso, incidere sulla validità e sull'efficacia di una sentenza di accertamento negativo della pretesa contributiva previdenziale pronunziata in accoglimento della domanda del contribuente proposta prima di detta opposizione” (cfr. Cass. 20.1.2014 n. 1046 cit. e Cass. 16.6.2008 n. 16203).
Si è dunque concluso che, alla luce di quanto osservato dalla giurisprudenza di legittimità in merito all'oggetto della causa di opposizione a cartella esattoriale e al rapporto di essa con la causa di accertamento negativo, tra la causa di accertamento negativo avverso una pretesa contributiva dell’Ente previdenziale e la cartella esattoriale o l’avviso di addebito sussista un rapporto di litispendenza (cfr., in tal senso, Corte d’Appello di Torino, sentenze n. 286/04 del 2-3.3.2004 e n. 952 del 16.6-2.7.2004).
Si è, inoltre, precisato che, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità “A norma dell’art. 39, primo comma, cod. proc. civ., qualora la medesima causa venga introdotta davanti a giudici diversi, quello successivamente adito è tenuto a dichiarare la litispendenza, rispetto alla causa identica precedentemente iniziata, anche se questa, già decisa in primo grado, penda davanti al giudice dell’impugnazione” (Cass. Sez. Un. 27846/2013).
A favore della tesi dell'accoglimento dell'opposizione si è, invece, osservato quanto segue.
Se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti al giudice prima della formazione del titolo stragiudiziale (cartella esattoriale ieri, avviso di addebito oggi), l’INPS non dovrebbe iscrivere a ruolo la pretesa contributiva (oggi notificare l’avviso di addebito) se non a seguito dell’accertamento giudiziale definitivo. In questo senso, mi parrebbe anche logico interpretare allo stesso modo le formule “provvedimento esecutivo del giudice” dell’art. 24, comma 3 del D.Lgs 46/1999 e “provvedimento ... divenuto definitivo” dell’art. 25, comma 1 lett. b) del D.Lgs cit.
O meglio, una distinzione, forse, andrebbe fatta solo laddove l’INPS, convenuto in un giudizio di accertamento negativo del credito previdenziale, invece di limitarsi alla semplice richiesta di rigetto del ricorso avversario, formulasse -nei tempi e nei modi imposti dal codice di rito- apposita domanda riconvenzionale, onde eventualmente ottenere, all’esito di quello stesso giudizio, una sentenza di condanna, costituente appunto, in questo caso e solo in questo caso, vero e proprio “provvedimento esecutivo del giudice” ex art. 282 cpc.
Allo stesso modo, seguendo questa strada, si eviterebbe anche l’anomalia di un giudizio di opposizione a cartella (ora opposizione ad avviso di addebito) che, stante la pendenza della causa di accertamento, dovrebbe necessariamente essere sospeso (e con esso, ritengo, anche l’esecutività del titolo stragiudizialmente formato), proprio in ragione del carattere di antecedente logico giuridico di tale causa. (v. Cass. n. 23879 del 23/11/2015).
Né, da ultimo, riterrei che una soluzione del genere sia in contrasto con il noto orientamento giurisprudenziale secondo cui, “In tema di riscossione di contributi e premi assicurativi, il giudice dell'opposizione alla cartella esattoriale che ritenga illegittima l' iscrizione a ruolo (nella specie, ai sensi dell'art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 46 del 1999, per difetto di un provvedimento giudiziale esecutivo sull'impugnazione dell'accertamento) non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell'istituto previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l'opposizione a decreto ingiuntivo” (v. Cass. n. 14149 del 06/08/2012); nel nostro caso, infatti, la fondatezza della domanda di pagamento -intesa come fondatezza del credito INPS- è già oggetto di discussione proprio nel giudizio di accertamento negativo previamente instaurato dal “potenziale contribuente”.