Previdenza complementare la pianificazione previdenziale in materia di previdenza complementare

 

MIRKO SERRA consulente finanziario indipendente (con certificazione European Financial Advisor rilasciata da €.F.P.A.), si occupa, oltre che di investimenti, di pianificazione previdenziale. In questo articolo spiega di che cosa si tratta...

Sistema contributivo vs sistema retributivo
Uno dei problemi dei prossimi anni sarà quello di riuscire ad avere una pensione “decente”. Già da diverso tempo le varie riforme delle pensioni che si sono susseguite hanno sancito in maniera definitiva il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo.Gli effetti di questo passaggio però, non sono ancora stati direttamente sperimentati, quindi i lavoratori non hanno la diretta percezione di cosa questo significhi realmente.In maniera molto semplice, passare al sistema contributivo significa che ciascuno percepirà una pensione calcolata in base agli importi versati nella propria cassa di previdenza; in precedenza invece, la pensione veniva calcolata sulla base della media del reddito degli ultimi anni della propria carriera lavorativa.Tutti i versamenti fatti alle casse pensionistiche determinano un “montante contributivo”. Questo montante viene rivalutato in base alla crescita del P.I.L. (Prodotto Interno Lordo).
Al momento di andare in pensione, per sapere quale è l’importo annuo di tale pensione, si utilizza un coefficiente di conversione del montante in rendita: tale coefficiente è una percentuale che viene calcolata sulla base dell’aspettativa di vita media del soggetto.
Esempio
Diciamo subito che in questi calcoli è fondamentale considerare l’effetto dell’inflazione; e qui c’è un primo, importante, elemento di incertezza perché è impossibile conoscere in anticipo l’andamento dell’inflazione. È necessario fare delle stime.Ipotizziamo un lavoratore di 35 anni, con un reddito di 24.000€ all’anno. Ipotizziamo inoltre che versi 5.000€ all’anno di contributi pensionistici (circa il 20% come i lavoratori autonomi).
Ovviamente questi 5.000€ all’anno devono essere rivalutati per l’inflazione attesa di anno in anno (perché si ipotizza che il reddito aumenti di pari passo…). Quindi, se l’inflazione attesa è del 2%, l’anno successivo verserà 5.100€, l’anno dopo 5.202€, ecc. ecc.A 65 anni, questo soggetto avrà versato un totale pari a 206.897,20€. Il totale del “montante contributivo” dipende dalla rivalutazione di questi versamenti. Nelle casse previdenziali pubbliche, la rivalutazione è parametrata alla crescita del prodotto interno lordo (il famoso P.I.L., quello nominale, che copre sempre l’inflazione).Ipotizziamo, sempre in questo esempio, che la rivalutazione dei contributi versati sia almeno pari all’inflazione, ovvero al 2%: il montante contributivo, in questo esempio, sarebbe allora pari a 271.704,24€.
A questo montante si applica il coefficiente di conversione in rendita, che oggi è del 6,136% per un maschio di 65 anni (tali coefficienti sono soggetti a variazione in base alle statistiche sull’aspettativa di vita media, quindi è probabile che in futuro siano destinati a diminuire tali percentuali!).In pratica questo soggetto riceverebbe, fra 30 anni, una pensione pari a 16.671,77€ all’anno in termini nominali; assumendo come ipotesi un’inflazione media del 2% annuo, tale importo corrisponde a 9.204€ al valore di oggi, ovvero al 38% del proprio attuale reddito, a fronte del versamento, per 30 anni, di quasi il 21% del reddito percepito ogni anno.
Adesso, forse, è un po’ più chiaro cosa significa realmente “sistema contributivo”, un sistema nel quale molto dipende dalla rivalutazione dei versamenti.Se anziché al 2%, prendiamo come ipotesi una rivalutazione annua dei versamenti al 4%, a fronte del totale versato invariato rispetto a prima, otteniamo un montante contributivo a scadenza pari a 365.169,16€; la pensione diventa di 22.406,78€ nominali, pari a 12.370,13€ ai valori di oggi. Il 2% di rendimento aggiuntivo rispetto a quello dell’inflazione (il c.d. rendimento reale) ha aumentato la pensione portandola dal 38% al 50% del reddito attuale!
La previdenza complementare: fondi pensione aperti e piani pensionistici

I principi basilari dei fondi pensione aperti e dei piani individuali pensionistici (i cosiddetti p.i.p. o f.i.p.) sono gli stessi di quelli riportati nell’esempio precedente. Il problema è quindi quello di capire:quanta parte dei versamenti se ne va in costi e quanta parte viene effettivamente destinata all’investimento, che servirà a determinare il montante contributivo a scadenza;che attese di rivalutazione dei versamenti ci sono (e questo dipende dal tipo di investimento fatto e dai costi connessi a questi investimenti);
i coefficienti di conversione in rendita previsti da questi piani (nella maggioranza dei casi vengono stipulati degli accordi con le compagnie assicurative che si riservano la facoltà di modificare tali coefficienti in base all’aspettativa di vita media).
Si fa poi spesso un gran parlare dei vantaggi fiscali di cui godono i versamenti nei fondi pensione. Il denaro versato su questi piani pensionistici non viene tassato (nella misura massima del 12% del proprio reddito con un tetto di 5.164€).
Inoltre, i rendimenti dei fondi pensione vengono tassati all’11% anziché al 12,5%, come avviene per i rendimenti degli investimenti finanziari.A scadenza però, al momento dell’erogazione della rendita, quest’ultima verrà tassata (almeno per la quota-parte relativa ai versamenti dedotti, non per la parte relativa ai rendimenti) e quindi i vantaggi della deduzione fiscale vengono, in buona parte, compensati dalla tassazione successiva; più che di risparmio fiscale, sarebbe più corretto parlare di differimento d’imposta.
Il servizio di pianificazione previdenziale

A questo punto appare evidente l’esigenza di fare un po’ di chiarezza: da un lato infatti, i lavoratori hanno una conoscenza sommaria del sistema previdenziale e della propria posizione pensionistica (causata anche dal continuo proliferare delle leggi su questa materia); dall’altro lato, l’evoluzione del mondo del lavoro e la maggior aleatorietà del metodo di calcolo contributivo e le molteplici e svariate forme del mercato della previdenza complementare, rendono indispensabile prepararsi “per tempo” (ovvero iniziare ad accantonare risorse) al momento della cessazione dell’attività lavorativa.Affidare infatti la propria pensione al “mercato” espone i lavoratori a molteplici incombenze, quali ad esempio:
· orientarsi fra l’ampiezza dell’offerta· scegliere il proprio profilo di rischio· valutare prodotti complessi· individuare gli importi necessari da destinare alla previdenza integrativa· valutare i prodotti previdenziali già stipulati
Per queste ragioni, diventa importante affidarsi ad un consulente finanziario indipendente - libero da ogni conflitto di interesse in quanto la sua remunerazione viene direttamente dalla parcella pagata dal cliente (e non da provvigioni di vendita e di collocamento erogate da banche o compagnie di assicurazione) – che possa erogare un valido servizio di pianificazione previdenziale, che consenta di individuare l’entità dell’eventuale divario tra il tenore di vita desiderato in pensione e le entrate disponibili a quella data e che fornisce inoltre le stime della pensione attesa dalla previdenza pubblica e valuta infine l’adeguatezza delle scelte di previdenza complementare.

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