La totalizzazione dei periodi assicurativi di cui al D.Lgs. n. 42/2006 è, come noto, un istituto che consente di cumulare, ai fini del conseguimento di un unico trattamento pensionistico, le frazioni di contributi maturate presso diverse gestioni pensionistiche.
Le prestazioni pensionistiche che possono essere conseguite grazie alla totalizzazione dei periodi assicurativi sono la pensione di vecchiaia (con almeno 65 anni d’età e un’anzianità contributiva complessiva non inferiore a venti anni), la pensione d’anzianità (con un’anzianità contributiva complessiva non inferiore a 40 anni), la pensione d’inabilità e quella indiretta ed ai superstiti (secondo i requisiti contributivi ed anagrafici della gestione d’ultima iscrizione all’atto del decesso o del verificarsi dell’evento invalidante).
Particolare rilevanza, nell’ambito della disciplina della totalizzazione dei periodi assicurativi, riveste la questione del calcolo delle quote di pertinenza di ciascuna gestione in quanto, come si avrà modo di chiarire, le modalità di calcolo introdotte dal D.Lgs. n. 42/2006, sia pure parzialmente ridimensionate dall’interpretazione di cui alle circolari Inps del marzo 2006 e Inpdap del gennaio 2007, rappresentano, nei fatti, una pesante zavorra che, sovente, pregiudica la possibilità di conseguire un trattamento adeguato alle aspettative previdenziali maturate.
L’art. 4 del D.Lgs. n. 42 del 2006 ha previsto che le quote a carico delle gestioni pensionistiche pubbliche si calcolino secondo il sistema contributivo. Con le circolari Inps del marzo 2006 e quella successiva dell’Inpdap del gennaio 2007 è stato previsto che, qualora il soggetto che avanza la domanda di totalizzazione abbia maturato i requisiti anagrafici e contributivi per un’autonoma pensione presso l’Inps o presso l’Inpdap, queste ultime gestioni procederanno al calcolo della quota secondo la disciplina ordinaria e non secondo le regole poste dall’art. 4 del D.Lgs. n. 42/2006.
La circolare Inpdap n. 5 del gennaio 2007 ha, peraltro, ulteriormente precisato che, ai predetti fini, i requisiti anagrafici e contributivi debbono essere maturati in costanza di iscrizione all’Inpdap, applicandosi, in difetto, il calcolo contributivo di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 42/2006.
Per le gestioni pensionistiche dei liberi professionisti è, invece, prevista una combinazione tra sistema contributivo e sistema di calcolo vigente presso le gestioni stesse in cui “il peso specifico” delle due quote dipende da una specifica formula matematica che pone una proporzione inversa tra l’anzianità contributiva maturata nella singola gestione dei liberi professionisti e il “peso specifico” della quota calcolata con il sistema contributivo. Sempre con riferimento al sistema contributivo previsto per il calcolo delle quote di pertinenza delle gestioni dei liberi professionisti (escluse le gestioni di cui al D.Lgs. n. 103/1996), si deve sottolineare che il tasso di capitalizzazione annuo del montante contributivo è diverso da quello previsto, in via generale, dalla L. n. 335/95 (la media della variazione quinquennale del PIL), essendo pari al 90% della media quinquennale del tasso di rendimento netto del patrimonio investito con riferimento al quinquennio precedente l'anno da rivalutare, con un minimo garantito dell’1,5% annuo ed un massimo pari alla media annuale della variazione percentuale del PIL nel quinquennio precedente l’anno da rivalutare.
Si deve, peraltro, sottolineare che l’art. 4 del D.Lgs. n. 42/2006 prevede che, qualora il soggetto che avanzi la domanda di totalizzazione abbia maturato, presso una delle gestioni pensionistiche per liberi professionisti, il requisito contributivo previsto per il conseguimento della pensione di vecchiaia, avrà diritto al calcolo della quota secondo le regole vigenti nella gestione stessa e non secondo le regole di cui all’art. 4 più volte citato.
Le quote a carico degli enti di cui al D.Lgs. n. 103/96 saranno, invece, calcolate secondo le regole generali vigenti (che già prevedono pensioni calcolate secondo il sistema contributivo di cui alla L. n. 335/95).
Se queste sono le attuali norme positive che presiedono al calcolo delle quote pensionistiche derivanti dalla totalizzazione dei periodi assicurativi, deve osservarsi che si tratta di una disciplina che ha apertamente violato le chiare e non equivoche direttive dettate dalla legge delega n. 243/2006.
La legge delega aveva, infatti, demandato al governo il compito di ridisegnare la disciplina della totalizzazione al fine di consentire l’accesso all’istituto per quanti avessero maturato complessivamente 40 anni d’anzianità contributiva o un’anzianità contributiva di 20 anni e un’anzianità anagrafica di 65 anni, con la specifica indicazione che il calcolo delle quote di pertinenza di ciascuna gestione avrebbe dovuto essere effettuato secondo le regole generali vigenti presso la gestione stessa, salva la riparametrazione in proporzione all’anzianità effettiva ivi maturata.
Siamo, dunque, di fronte ad una manifesta ipotesi di eccesso di delega relativamente al quale non appare avventato prevedere il fiorire di un contenzioso giudiziale e una prossima rimessione della questione alla Corte Costituzionale.