Il giudizio di opposizione ad ATP, l'oggetto del ricorso, i requisiti di ammissibilità del ricorso, l'omologa in caso di iscrizione tardiva del ricorso
“Nei casi di mancato accordo, la parte che abbia dichiarato di contestare le conclusioni del consulente tecnico dell’ufficio deve depositare, presso il giudice di cui al comma primo, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla formulazione della dichiarazione di dissenso, il ricorso introduttivo del giudizio, specificando, a pena di inammissibilità, i motivi della contestazione”.
Si è osservato che, dalla struttura complessiva del procedimento per ATP, discende che non è possibile limitarsi a contestare genericamente le risultanze dell’accertamento peritale, onde evitare il duplice rischio che, nel caso di ricorso della parte privata, venga disposto in automatico un nuovo accertamento sanitario in realtà inutile (in quanto rivolto a verificare la condivisibilità di un accertamento non specificamente contestato) e che, nel caso di ricorso dell’I.N.P.S., la parte privata che ha ottenuto un accertamento tecnico favorevole risulti in concreto danneggiata (quanto meno in relazione ai tempi di erogazione della prestazione) da finte opposizioni.
Ne consegue che, ai fini dell'ammissibilità della domanda, non è sufficiente semplicemente enunciare la patologie da cui è affetto il ricorrente, ma occorre esporre le ragioni per le quali si ritiene che la valutazione compiuta dal C.T.U. in sede di accertamento tecnico non sia corretta.
Al riguardo, si è anche osservato che la parte che non ha formulato contestazioni sulle risultanze dell’accertamento peritale non potrà formularne nel successivo giudizio di merito.
Ove entrambe le parti depositino tempestivamente la dichiarazione scritta di dissenso, ciascuna, avrà il termine perentorio di trenta giorni per intraprendere il giudizio di merito; i due procedimenti dovranno essere riuniti ex art. 273 c.p.c. e art. 151 disp. att. c.p.c.
La mancanza di una tempoestiva contestazione preclude, invece, la possibilità di proporre il successivo ricorso ordinario, non avendo la parte interessata altra via se non quella di proporre nuova domanda amministrativa.
Ritenuta l'ammissibilità di una contestazione parziale dell'accertamento e quella della conseguente omologa parziale, la parte non contestata dell'accertamento non sarà riformabile in peius all’esito del giudizio di merito.
Se la parte che ha contestato l’esito dell’A.T.P. non iscrive a ruolo nei termini la causa di merito, la contestazione dovrà ritenersi mai apposta e il giudice omologherà l’accertamento. A tale ultimo riguardo, ci si chiede però come faccia il giudice a sapere che nel termine sopra indicato non vi sia stata la presentazione del ricorso di merito: sul punto, nel silenzio del legislatore ed anche al fine di evitare faticose ricerche da parte delle Cancellerie (complicate dal fatto che la causa di merito potrebbe iniziarla una o l’altra parte), appare ragionevole richiedere che sia la parte interessata a dover presentare istanza di omologazione dell’A.T.P. (opposto dalla controparte senza la successiva proposizione del giudizio di merito).
Se tuttavia, nel frattempo, una delle parti avesse comunque introdotto (seppur tardivamente) il giudizio di merito, si ritiene più corretto non procedere all’omologazione dell’A.T.P. e demandare al giudizio di merito ormai pendente ogni valutazione (ivi compresa quella relativa alle conseguenze della tardiva formalizzazione delle contestazioni o della tardiva introduzione del giudizio di merito stesso);
Con riferimento all'oggetto del ricorso ordinario, esso non è il solo accertamento del requisito sanitario ma, anche in conformità con la costante affermazione della S.C. circa l’insussistenza di un interesse ad agire per ottenere una pronuncia di mero accertamento in materia assistenziale e previdenziale, la domanda dovrà essere articolata compiutamente, dovendo contenere sia la domanda di accertamento del diritto che quella di condanna al pagamento della relativa prestazione (eccezion fatta per le domande in cui l’accertamento del diritto esaurisce il contenuto della domanda stessa, come nel caso dell’accertamento dello status di portatore di handicap grave ex art. 3, comma 3, della L. 5.2.1992 n. 104).
Infine, la dichiarazione sul valore della causa (prevista a pena di i-nammissibilità dal riformato art. 152 disp. att. c.p.c.) dovrà essere effettuata “nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali” al solo fine di consentire l’applicazione, da parte del giudice, dell’ultima parte della norma stessa (introdotta dall’art. 52, comma 6, della L. 69/2009, con decorrenza 4.7.2009 ed applicabile ai soli giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore), secondo la quale “le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice nei giudizi per prestazioni previdenziali non possono superare il valore della prestazione dedotta in giudizio”.
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